Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/08/2022, a pag. 12, con il titolo "Nehring: 'In Europa sabotaggi e omicidi. La guerra delle spie è sempre più sporca' ", l'intervista di Laura Lucchini.
Christopher Nehring
Con l’inizio di una guerra nel cuore d’Europa, cambia anche la partita dello spionaggio: «La parte sporca del lavoro dei servizi segreti — sabotaggi, disinformazione, omicidi, rapimenti — sta diventando sempre più importante. C’è più pressione, tutto è più delicato, c’è meno tempo e quindi le inibizioni all’uso della violenza diminuiscono»: a spiegarlo è Christopher Nehring, docente della Fondazione Konrad-Adenauer presso l’università di Sofia su temi di Disinformazione, Servizi Segreti e media, per anni direttore del museo dello spionaggio di Berlino e autore di diversi testi sulle attività dei servizi militari russi del Gru in Europa.
Cosa ha pensato quando ha letto il lavoro di Repubblica, Bellingcat, The Insider e Der Spiegel? «La rivelazione mi ha affascinato. Dimostra che i servizi segreti russi negli ultimi decenni utilizzano sempre gli stessi metodi. Il caso “Maria Adela” è un esempio classico di quelli che vengono chiamati “agenti illegali”, ossia persone per le quali vengono spese enormi risorse e sforzi con il fine di creare un’identità falsa e mandarle a Ovest. Lavorava così l’Internazionale Comunista negli anni ‘20 e ‘30, e queste tecniche sono state poi assunte dall’Unione Sovietica. Le conosciamo da tempo: i disertori le hanno raccontate e i servizi occidentali hanno svelato molte identità. Al momento non ci sono dettagli riguardo al tipo di informazioni che quest’agente possa aver raccolto.
La storia però potrebbe suggerirci alcune piste…. «La storia di questo tipo di agenti “illegali” dimostra che raramente vengono schierati per recuperare informazioni altamente sensibili. La metodologia degli “illegali” è estremamente elaborata: la costruzione dell’identità falsa, il suo radicamento nel luogo e la costruzione della copertura, per non parlare della creazione di un canale di comunicazione (con la Russia,ndr )sono tutti aspetti complessi e che richiedono molto tempo. Per tutte queste ragioni, vale la regolasafety firstche implica che questi agenti non abbiano contatto diretto con informazioni altamente classificate. Si tratta piuttosto di agenti che costituiscono la base logistica dei servizi segreti: indicano le persone che possono essere reclutate, portano messaggi, fanno da corriere e passano ogni tipo di informazione generale rilevante riguardo al Paese a cui sono stati destinati».
In che modo la partita dello spionaggio in Europa è stata ridefinita dall’inizio del conflitto in Ucraina? «Non credo che lo spionaggio di per sé sia stato ridefinito dal 24 febbraio. Nemmeno quello russo. In tempo diguerra si sposta solo il focus. Naturalmente ora tutto è orientato verso le informazioni importanti per lo sforzo bellico. Allo stesso tempo, però, la “parte sporca” del lavoro dei servizi segreti — sabotaggi, disinformazione, omicidi, rapimenti — sta diventando sempre più importante. Semplicemente c’è piùpressione, tutto è più delicato, c’è meno tempo e quindi le inibizioni all’uso della violenza diminuiscono».
Che cosa è cambiato nei piani dei russi in Ucraina da quando a maggio Putin ha assegnato al Gru il comando delle operazioni di intelligence? «Il motivo principale della decisione è stato quello di coordinare meglio lo spionaggio con la guerra in Ucraina. È stata anche una “punizione” e una retrocessione dell’Fsb a favore del Gru. Per anni Putin ha spostato più volte le competenze tra i servizi segreti, anche per “renderli acuti” e motivarli. Ovviamente non era soddisfatto del lavoro dell’Fsb e ora ha dato la possibilità al Gru di mostrarsi. Va detto che non sorprende particolarmente che il servizio segreto militare, che dispone anche di forze speciali (Spetsnaz) in caso di guerra, abbia nuovi poteri e compiti durante la guerra».
Quali sono i Paesi in Europa ad essere obbiettivi principali del Gru? «Fondamentalmente ogni Paese della Nato: maggiore è il contributo della Nato e più strutture della Nato sono presenti nel Paese, più importante sarà per i servizi russi. Particolarmente importanti sono gli Usa, il Regno Unito, la Francia e Bruxelles, ma anche gli Stati baltici, la Polonia e la Scandinavia. Il focus del Gru è ovviamente l’Ucraina (ma anche la Siria o l’Africa Centrale)».
Cosa fanno le intelligence occidentali per far fronte a queste nuove sfide? «Classico controspionaggio. Dal caso Sergei Skripal nel 2018, possiamo osservare che tutti i Paesi occidentali pubblicizzano immediatamente anche casi minori di spionaggio russo per attirare l’attenzione su di esso e inviare un segnale a Mosca. Tuttavia, penso che ci vorranno almeno altri due anni prima che vengano impiegate più risorse in questo settore. Negli ultimi 30 anni abbiamo agito in modo relativamente debole in questo settore in Europa e la consapevolezza della portata del lavoro di intelligence e dei pericoli è stata sottovalutata (sia dai governi che dalla società). Adesso è finita».
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