Ancora una strage russa in Ucraina Cronaca di Brunella Giovara
Testata: La Repubblica Data: 25 agosto 2022 Pagina: 10 Autore: Brunella Giovara Titolo: «Mosca bombarda nel giorno di festa. È strage alla stazione»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 25/08/2022, a pag.10, con il titolo "Mosca bombarda nel giorno di festa. È strage alla stazione", l'analisi di Brunella Giovara.
Ventidue persone sono morte, e uno era un bambino di 11 anni, nella festa dell’Indipendenza dall’Unione Sovietica, che si è celebrata ieri in tutta l’Ucraina, aspettando il colpo che infine è arrivato. Un attacco di missili, almeno tre, forse Iskander, forse sparati dal Tupolev 95 che a un certo punto del tardo pomeriggio è stato intercettato in volo sul Mar Caspio. L’obbiettivo, la linea ferroviaria che da Dnipro porta al Donetsk, regione parzialmente occupata dai russi. Un treno passeggeri era fermo vicino alla stazione di Chaplyne, ed è stato centrato, i vagoni sventrati, la gente che era a bordo uccisa sul colpo o scaraventata all’esterno, in un orrendo volo di cadaveri. Il presidente Zelensky ha dato la notizia in diretta, appena gliela hanno comunicata, mentre partecipava al Consiglio di sicurezza dell’Onu: «Quindici morti, e almeno 50 feriti». Ha anche aggiunto che «l’Ucraina vive in queste condizioni ogni giorno ». I missili hanno colpito tre volte, con bombe a grappolo, e oltre al treno hanno distrutto una casa in cui c’erano una madre e due figli. Estratti dalle macerie vivi, ma il bambino di 11 anni è morto quasi subito. L’onda d’urto ha distrutto altre case, automobili, ha raso al suolo alcuni alberi. I soccorritori hanno raccolto feriti, e brandelli di corpi. Il sindaco Elena Manko ha invitato la popolazione a restare in casa, per quanto le case possano essere sicure. I russi di sicuro volevano distruggere la stazione di Chaplyne, considerata nodo ferroviario strategico, in quanto da una parte i binari portano al Donetsk, dall’altra parte a sud, verso Melitopol.
Ma una stazione vuol dire passeggeri, così come è successo l’8 aprile a Kramatorsk, sempre un missile con bombe a grappolo, che ha ucciso 61 civili (sette bambini). Dunque, un obbiettivo civile. Del resto la giornata è stata vissuta tra molti attacchi, innumerevoli allarmi aerei, e l’annuncio grottesco del ministro della Difesa russo, Shoigu, che dichiarava «stiamo deliberatamente rallentando il ritmo dell’offensiva. Ma lo facciamo per evitare vittime civili». Il presidente Zelensky aveva avvisato la nazione, «temiamo attacchi crudeli », per la coincidenza della festa di indipendenza e dei sei mesi dall’inizio della guerra. Così è stato, la rabbia russa per aver fallito nella conquista di questo Paese — ilblitzkriegvoluto da Putin — si è concretizzata a Chaplyne. E fin dalla notte precedente il Paese veniva bombardato con una intensità sicuramente maggiorerispetto ai giorni scorsi. L’artiglieria russa ha colpito fin dove riusciva ad arrivare, soprattutto a Kharkiv e a Sumy, ma anche a Mykolaiv, a sud. E nei distretti di Kommunarsky e Shevchenkovsky, a 60 chilometri dalla centrale nucleare. Perciò la visita “imminente” del direttore Aiea Rafael Grossi non si è potuta tenere, troppo pericolo per avvicinarsi all’impianto. Il Donetsk è stato battuto a più riprese, Sloviansk, Mykolaivka, Toretsk, Bakhmut. Il resto l’hanno fatto i missili, come quelli lanciati da aerei in volo sul Mar Caspio, o decollati dalla Bielorussia. E sembra incredibile, ma il presidente Lukashenko ha addirittura mandato i suoi auguri all’Ucraina per il Giorno dell’indipendenza: «Le attuali differenze non potranno mai distruggere la base lunga secoli di sincere relazioni di buon vicinato ». Auguri definiti “cinici”, e rimandati oltre frontiera. Un solo obbiettivo militare centrato, nella regione di Poltava: un aeroporto militare a Myrhorod. Gli altri erano case private, condomini, scuole, e la stazione di Chaplyne. «Siamo il popolo libero e indipendente dell’Ucraina, non commerciamo le nostre terre e la nostra gente», aveva detto Zelensky nel messaggio alla nazione per la festa di ieri. A Kiev, in un messaggio registrato all’alba tra i tank russi distrutti, portati nella capitale per ricordare l’invasione del 23 febbraio. Centinaia di famiglie e bambini hanno voluto una foto ricordo tra le carcasse arrugginite, lo scampato pericolo della annessione imminente, allora persino tangibile. Ora la quotidianità degli attacchi, la conta dei morti, un alto prezzo che tutto un Paese sta pagando.
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