Ucraina: il nodo della centrale nucleare Cronaca di Brunella Giovara, analisi di Luca Steinmann
Testata: La Repubblica Data: 20 agosto 2022 Pagina: 12 Autore: Brunella Giovara - Luca Steinmann Titolo: «Macron sente Putin su Zaporizhzhia: 'Ispezione Onu ai reattori nucleari' - Nella centrale atomica sotto una pioggia di missili: 'Qui rischiamo il disastro'»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 20/08/2022, a pag.12, con il titolo "Macron sente Putin su Zaporizhzhia: 'Ispezione Onu ai reattori nucleari' ", l'analisi di Brunella Giovara; con il titolo "Nella centrale atomica sotto una pioggia di missili: 'Qui rischiamo il disastro' " il commento di Luca Steinmann.
Ecco gli articoli:
Brunella Giovara: "Macron sente Putin su Zaporizhzhia: 'Ispezione Onu ai reattori nucleari' "
Una telefonata a sorpresa tra il presidente francese Macron e Putin, e sembra sciogliersi il nodo delle ispezioni alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. La Russia accetta ufficialmente la visita degli esperti dell’Aiea , ma rifiuta di uscire dal perimetro dell’impianto, respingendo gli inviti che arrivano da tutto il mondo a demilitarizzare la centrale. Quindi, resteranno all’interno, e da lì riceveranno la visita di tecnici anche ucraini. E se ci fosse ancora bisogno di una prova dellapericolosità della loro presenza in un sito così delicato, ieri è arrivato un video diffuso e controllato dallaCnn .Camion dell’esercito che si muovono e parcheggiano all’interno di una delle sale delle turbine, passando su pavimenti lucidissimi, tra attrezzature e strumenti vari. Un mezzo ha dipinto sulla fiancata la Z che è il simbolo dell’“operazione speciale” in Ucraina, insomma non ci sono e non c’erano dubbi sul fatto che i russi sono lì dentro. E che vogliano che si sappia e si veda, che i padroni della centrale più grande d’Europa sono loro. Ieri il ministero della Difesa russo ha precisato che si tratta solo diun servizio di guardia, assicurando che nella centrale «non sono presenti armi, specialmente quelle pesanti », e che questo si può facilmente capire guardando le immagini satellitari. Ma spesso i russi sparano con i loro mortai verso le città ucraine, e lo fanno da molto vicino agli impianti, sicuri che nessuno oserà mai contrattaccare, rischiando la catastrofe che tutti temiamo. Inoltre, la centrale è minata. Una ulteriore garanzia di inviolabilità per quella che è, a tutti gli effetti, una base militare russa. Nei prossimi giorni Macron e Putin si sentiranno di nuovo per concordare i dettagli dell’ispezione,che potrebbe avvenire a inizio settembre. Tra poco, quindi. Nel frattempo potrebbe succedere di tutto, anche che i russi decidano di scollegare la centrale dalla rete elettrica ucraina, lasciando così mezzo Paese al buio. Il segretario generale dell’Onu, Guterres, ieri in visita a Odessa (dove altre navi stanno salpando per trasportare il grano ucraino lungo il “corridoio verde”) ha chiesto alla Russia di non farlo: «L’elettricità di Zaporizhzhia è ucraina, questo principio deve essere rispettato completamente». Un appello doveroso, ma chissà se gli daranno retta.
Luca Steinmann: "Nella centrale atomica sotto una pioggia di missili: 'Qui rischiamo il disastro' "
Luca Steinmann
Uno spettro si aggira per l’Europa. Lo spettro della catastrofe nucleare. Una minaccia reale, che rischia di esplodere da un momento all’altro nella più grande centrale atomica del continente, quella di Zaporizhzhia: sei enormi reattori nucleari situati nell’Ucraina sud-orientale, affacciati sul fiume Dnepr, ormai il fronte naturale tra l’esercito russo da quello di Kiev. Sulla riva settentrionale stazionano i soldati ucraini, mentre l’armata russa controlla tutti i territori sulla sponda opposta, inclusa la centrale, conquistata dalle forze speciali di Mosca il 3 marzo. Ogni giorno le due parti si bombardano senza esclusioni di colpi, con bombe e missili che piovono a pochissima distanza dai reattori nucleari. Ogni giorno i reattori rischiano di essere colpiti e di generare un’immensa catastrofe, con conseguenze per tutta l’Europa. La gravità del pericolo diventa sempre più tangibile man mano che ci si avvicina alla centrale. Partendo in auto da Donetsk, si punta verso sud, in direzione Mariupol. Percorrendo la strada a tutta velocità si attraversano le piatte e aride steppe ingiallite dal sole estivo e si è costantemente esposti al fuoco ucraino. Sul lato sinistro vediamo le postazioni militari delle milizie filorusse, su quello destro, a 8 chilometri di distanza, le trincee ucraine da dove partono incessanti bombardamenti verso di noi. L’esercito di Kiev sta tentando di bloccare i collegamenti tra il Donbass e l’Ucraina meridionale per scongiurare il passaggio dei mezzi militari pesanti russi. All’altezza di Elenovka, una decina di chilometri da Donetsk, i bombardamenti sono intensi, con enormi nubi di fumo nero che si alzano ai lati della strada. Davanti a noi un missile sparato dagli ucraini colpisce un traliccio dell’elettricità situato sul lato della strada, tranciandolo. Cadendo, trascina con sé i fili elettrici che lo collegano ad un altro traliccio. I fili piombano sulla strada, travolgendo un camion in corsa, spappolandolo. Mentre ne superiamo la carcassa vediamo il corpo senza vita del conducente, tranciato in due dall’impatto. Superata Mariupol si costeggia ilDnepr fino raggiungere Enerhodar, la cittadina in cui si trova la centrale. Qui incontriamo Alexandr Volga, nominato primo cittadino dai russi a marzo, prendendo il posto del suo predecessore rimasto leale a Kiev. Con Volga ci dirigiamo verso l’impianto. Situato alle porte della città, esso è composto da sei enormi reattori grigi, disposti uno di fianco all’altro e circondati da un muro ricoperto di filo spinato. Varcando l’ingresso, controllato da militari russi, si accede ad un grande cortile alberato, dove alcuni lavoratori siedono su panchine a chiacchierare. Alcuni fumano una sigaretta o bevono un caffè, terminati i quali si avviano verso le postazioni di lavoro. Altri entrano ed escono dall’impianto esibendo un tesserino. L’atmosfera è di apparente tranquillità e, a prima vista, non sembrerebbe esserci nulla dianomalo se non fosse per i soldati russi, spesso armati, che incrociamo costantemente. «Prima dell’inizio dell’operazione speciale qui lavoravano circa 11mila persone» racconta il sindaco mostrandoci l’impianto. «Ora ne restano 9000. Alcuni se ne sono andati perché preferivano stare dalla parte ucraina, altri hanno paura dei bombardamenti degli ucraini che ci colpiscono quasi ogni giorno». Ci spiega poi che attualmente sono funzionanti tre dei sei reattori nucleari. Da quando i russi hanno preso il controllo della centrale alcune competenze sono passate sotto la gestione dalla Rosatom, l’agenzia pubblica russa che si occupa dell’energia atomica, mentre altre sono ancora di appannaggio delle Energoatom, la compagnia pubblica ucraina. A monitorare la situazione c’è la Iaea, l’agenzia delle NazioniUnite per l’energia nucleare, che garantisce anche dei corridoi per rifornire la base di pezzi di ricambio così da scongiurare una crisi. La Iaea vorrebbe organizzare una grande missione di ispezione della centrale, che non è ancora stata possibile a causa degli scontri sia militari che diplomatici tra Russia e Ucraina. Entrambe le parti vorrebbero che la delegazione raggiungesse Zaporizhzhia passando dalla propria parte. La parte russa sostiene che si tratti di una questione di sicurezza: l’attraversamento della linea del fronte da parte della delegazione, passando dal lato ucraino a quello russo, sarebbe troppo rischioso. Volga, poi, ci mostra un palazzo danneggiato adiacente al reattore numero uno, con i vetri delle finestre distrutti. «Quelli sono i segni di un colpo di mortaio lanciato di due giorni fa» dice. Poi indica con il braccio la direzione da cui è arrivato il colpo. «È stato sparato da laggiù, dalla città di Nikopol, che è a cinque chilometri da qui e sotto il controllo ucraino. Inizialmente non sparavano spesso verso la base ma nelle ultime settimane i loro bombardamenti sono diventati quasi quotidiani. Se non verranno fermati rischiamo una seconda Chernobyl». Volga continua poi dicendo che diversi bombardamenti sono stati compiuti con missili americani messi in dotazione all’esercito ucraino. Kiev invece sostiene che i russi abbiano trasferito dei pezzi di artiglieria nella centrale e Zelensky ha annunciato pubblicamente di essere pronto a bombardare i territori della centrale qualora questa venisse utilizzata come piattaforma di bombardamento da parte russa. Chiedo quindi al sindaco di mostrarmi una parte più ampia dell’impianto e di potere vedere le carcasse delle armi usate dagli ucraini ma veniamo fermati da due russi, di cui un militare, che ci dicono che non è possibile andare oltre. Ce ne dobbiamo dunque andare. Sulla via del ritorno verso Donetsk la strada è ancora sotto il fuoco. Proprio dietro di noi, all’altezza di Novomikailovka, piove un missile sull’asfalto. Mentre ci allontaniamo vediamo alzarsi l’ennesima nube di fumo nero.
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/ 49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante