Taiwan, incubo Hong Kong Cronaca di Lorenzo Lamperti
Testata: La Stampa Data: 11 agosto 2022 Pagina: 18 Autore: Lorenzo Lamperti Titolo: «Taiwan, incubo Hong Kong»
Riprendiamo oggi, 11/08/2022, dalla STAMPA, a pag. 18, con il titolo "Taiwan, incubo Hong Kong" la cronaca di Lorenzo Lamperti.
Stop esercitazioni militari, ecco il manifesto programmatico. Poche decine di minuti prima dell'annuncio dello stop ai test sullo Stretto, l'Ufficio per gli Affari di Taiwan del Consiglio di Stato di Pechino ha rilasciato il terzo «libro bianco» sulla questione taiwanese e la «riunificazione nella nuova era», quella in cui il timoniere è Xi Jinping. La parte che spaventa di più Taipei è quella che non c'è. Nel documento manca un passaggio chiave contenuto nei precedenti del 1993 e del 2000: quello in cui Pechino garantiva che non avrebbe inviato truppe o personale amministrativo sull'isola una volta raggiunta la «riunificazione». Nel 2000 si diceva anche che «tutto può essere negoziato», quando Taipei accetterà il principio dell'unica Cina rinunciando alla sua indipendenza de facto come Repubblica di Cina e a quella ipotetica come Repubblica di Taiwan. Resta solo «un Paese, due sistemi», il modello in vigore a Hong Kong dall'handover del 1997. Con meno dettagli e garanzie sul grado di autonomia che verrebbe concesso a Taiwan. Lu Shaye, ambasciatore cinese in Francia, ha d'altronde dichiarato in un'intervista di qualche giorno fa: «Le autorità di Taiwan hanno fatto un'educazione di desinicizzazione sulla popolazione, che è indottrinata e intossicata. Deve essere rieducata per eliminare il pensiero separatista e la teoria secessionista». Tesi ribadita in modo più sfumato dall'ambasciatore cinese in Australia, Xiao Qian: «Una volta che Taiwan tornerà alla madrepatria, ci potrebbe essere un processo che permetta alla popolazione locale di avere una corretta comprensione della Cina», ha detto a un incontro al Club della Stampa di Canberra. Ad «avvelenare» l'opinione pubblica sarebbe stato il DPP della presidente Tsai Ing-wen. Anche nel «libro bianco» si dedicano diversi passaggi alle «colpe» del partito al potere dal 2016 per aver adottato una «posizione separatista» negando il Consenso del 1992 che riconosceva l'esistenza di una unica Cina per proporre la «teoria dei due Stati». «Lavoreremo con la massima sincerità e ci impegneremo al massimo per raggiungere una riunificazione pacifica», si legge nel libro bianco. «Ma non rinunceremo all'uso della forza e ci riserviamo la possibilità di prendere tutte le misure necessarie» contro le «interferenze esterne e le attività separatiste». Il documento, la cui pubblicazione potrebbe essere stata anticipata in risposta alla visita di Nancy Pelosi a Taipei, manda un triplice messaggio. Sul fronte interno è teso a rafforzare la posizione di Xi celebrando anche la sua strategia per l'ottenimento dello storico obiettivo della «ringiovanimento nazionale». Sul fronte taiwanese cerca di creare divisioni tra opinione pubblica e DPP, promettendo vantaggi economici ai «compatrioti» che contribuiranno alla «riunificazione». Si garantisce la tutela di sistema sociale, proprietà privata, credenze religiose, diritti, interessi e un generico «alto grado di autonomia» ma vengono citati meno settori rispetto alle precedenti edizioni. Sul fronte internazionale si ribadisce la versione di Pechino sull'appartenenza di Taiwan alla storia e al territorio cinesi, mentre si accusano gli Stati Uniti di utilizzarla come una «pedina» per fermare l'ascesa della Cina. Per questo la riunificazione «è l'unico modo per evitare il rischio che Taiwan possa venire invasa e occupata di nuovo da Paesi stranieri». Il libro bianco, che viene ritenuto un'anticipazione dell'agenda che dovrebbe essere annunciata al XX Congresso, è stato respinto dal governo di Taipei che ha parlato di «wishful thinking» e «disprezzo per i fatti». L'erosione delle garanzie da parte di Pechino deriva da una situazione più tesa rispetto a quella del 2000 ma rende ancora più difficile l'accettazione di un modello che i taiwanesi rifiutano in massa dopo quanto accaduto a Hong Kong nel 2019. Nel frattempo, l'esercito cinese ha annunciato la fine dei test militari, «completati con successo». Ma allo stesso tempo ha dichiarato che «monitorerà» i cambiamenti nella situazione sullo Stretto ed effettuerà «regolari esercitazioni». La conferma che si è entrati in un «new normal» in cui lo status quo è in ridiscussione. Ieri rilevati 10 navi e 36 jet militari intorno all'isola, di cui 17 oltre la linea mediana, il cui superamento si prevede possa diventare una routine come accaduto prima con le incursioni nello spazio di identificazione di difesa aerea. Entrambi non riconosciuti da Pechino, che progressivamente accorcia le distanze sullo Stretto.