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La Stampa Rassegna Stampa
11.08.2022 Marina, la reporter anti-Putin in cella per 'falsità sull'esercito'
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 11 agosto 2022
Pagina: 16
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Marina, la reporter anti-Putin in cella per 'falsità sull'esercito'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/08/2022, a pag. 16, con il titolo "Marina, la reporter anti-Putin in cella per 'falsità sull'esercito' ", l'analisi di Anna Zafesova.

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Anna Zafesova

Arrestata la giornalista Marina Ovsyannikova, un mese fa aveva definito  Putin
Marina Ovsiannikova

I bambini uccisi in Ucraina non sono un fake... Quanti bambini devono morire prima che voi vi fermerete?»: l'ultimo post di Marina Ovsiannikova prima dell'arresto potrebbe essere considerato un'aggravante. La ex redattrice del Primo canale della Tv di Stato russa, diventata famosa a marzo per aver fatto irruzione nello studio del telegiornale con il cartello «No alla guerra», è stata arrestata ieri nella sua dacia vicino a Mosca, e rischia ora fino a dieci anni di carcere. L'accusa è di «diffusione di fake news sull'esercito russo per motivi di odio politico», articolo 207 del codice penale, introdotto con l'inizio della «operazione militare speciale» e responsabile già di migliaia di arrestati e condanne anche soltanto per un post che denunciava la guerra contro l'Ucraina. Ma quello di Marina Ovsiannikova è un caso simbolico: non solo la sua protesta era stata così visibile, ma anche perché molti, soprattutto in Ucraina, l'avevano sospettata di essere a sua volta parte della propaganda, una finta dissidente inventata dal Cremlino per mostrare che in Russia poteva esistere il dissenso. L'obiettivo del regime putiniano negli ultimi mesi è stato semmai quello di dimostrare ai russi che ogni dissenso viene immediatamente punito, ma la stessa giornalista ha fatto di tutto per dimostrare di essere una dissidente «vera», e di farsi perdonare gli anni passati a lavorare per la propaganda statale. Quasi cercando lo scontro con il regime, aveva manifestato davanti al Cremlino con il cartello «Putin è un assassino, i suoi soldati sono dei fascisti», augurando pubblicamente la vittoria militare all'Ucraina e il tribunale internazionale a Putin e ai suoi alleati. Qualcosa che non si poteva più tollerare: i propagandisti russi accusano apertamente Ovsiannikova di lavorare per lo spionaggio britannico, e il suo ex marito aveva iniziato la procedura per toglierle la custodia dei loro due figli. Chiamare la guerra «guerra», e raccontarne le atrocità, è definitivamente un reato: ieri a Mosca un tribunale ha inflitto una multa pesantissima alla Novaya Gazeta per il reportage di Elena Kostiuchenko dalla Kherson occupata dai russi, con la motivazione «per abuso della libertà di stampa». E a Ekaterinburg il deputato locale Aleksey Khodarev è stato incarcerato per aver postato sui social l'inchiesta di Aleksey Navalny sulla corruzione dell'ex presidente e premier Dmitry Medvedev, considerata «materiale estremista». Le repressioni in Russia sembrano intensificarsi proprio mentre l'Unione Europea sta discutendo se negare a tutti i cittadini russi – inclusi i dissidenti – il diritto a richiedere un visto Schengen. La proposta era stata lanciata da Volodymyr Zelensky in un'intervista al Washington Post, insieme all'idea di «rispedire indietro» anche i russi fuggiti dopo la guerra. La visione di responsabilità collettiva di un popolo ha suscitato l'immediata protesta dei leader dell'opposizione russa – dallo scacchista Garry Kasparov all'economista Sergey Guriev, tutti in forzato esilio – che ha ricordato come i russi che protestano rischino il carcere, e come un divieto «etnico» possa venire utilizzato dal Cremlino. In effetti, Medvedev ha subito paragonato Zelensky a Hitler, mentre altri propagandisti hanno accusato gli ucraini – e gli europei – di «russofobia». Ma ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha insistito chiedendo a Ue e G7 di bandire i russi: «Appoggiano in maggioranza la guerra, devono imparare a rispettare i confini prima di attraversarli». Una questione che ora sta spaccando l'Ue. Gli Stati Baltici hanno tutti limitato o sospeso i visti per i russi, e la premier estone Kaja Kallas ha dichiarato che viaggiare in Europa «non è un diritto, è un privilegio». Sofia e Praga aderiscono alla proposta, anche perché temono la «quinta colonna» di numerosi russi che possiedono immobili, e la premier finlandese Sanna Marin vorrebbe chiudere i visti ai russi che usano Helsinki come punto d'ingresso per proseguire poi le vacanze altrove in Europa. In diverse città europee – tra cui Milani, Vienna e Berlino – ci sono stati scandali con turisti russi che aggredivano e insultavano profughi ucraini inneggiando a Putin. L'Europa ora dovrà decidere come risolvere il dilemma dell'impedire ai cittadini di un Paese invasore di godersi spiagge e negozi, senza penalizzare chi cerca di fuggire dalla Russia. Un dossier delicato, e un portavoce della diplomazia tedesca ieri ha confermato che il divieto ai russi di chiedere visti europei potrebbe «ipoteticamente» entrare nel prossimo pacchetto di sanzioni Ue.

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