Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/08/2022, a pag. 15 con il titolo "Pechino fa a pezzi la democrazia, Nato e Ue hanno le armi giuste", l'intervista di Fulvia Caprara.
Fulvia Caprara
Richard Gere
Si definisce un «dinosauro», felice di esserlo, ma, quando affronta i temi che gli stanno a cuore, la pace, la guerra, la politica internazionale, usa i modi gentili e il fascino immutato per dire chiaro e tondo come la pensa. E i suoi pensieri non hanno niente di vetusto: «Buonsenso e difesa dello Stato di diritto. La Nato e l'Unione Europea sono i due organismi in grado di ri-affermare questi concetti, dobbiamo essere unanimi, abbiamo visto che questo è il modo giusto per reagire, Putin non si aspettava una reazione internazionale così omogenea». Ospite d'onore, a Catanzaro, del Magna Graecia Film Festival diretto da Gianvito Casadonte, Richard Gere ha coniugato l'immensa popolarità con il suo credo di buddista non-violento, attivo sostenitore della causa del Dalai Lama, bandito dalla Repubblica Popolare Cinese dopo essersi pubblicamente schierato dalla parte del Movimento per l'indipendenza del Tibet. Per questo, su quello che succede oggi, ha molto da dire. Si è sempre dichiarato pacifista, purtroppo, in questi mesi, abbiamo sotto gli occhi l'orrore di una nuova guerra.
Che ne pensa? «Stiamo vivendo un momento estremamente difficile, sono nato dopo due conflitti mondiali e so bene quanto sia dura ricostruire Paesi finiti in pezzi. Dopo l'ultima guerra tutti ripetevano che non ce ne sarebbe mai stata più una, che quelle cose non sarebbero più accadute. Invece non è stato così, mi conoscete bene, sapete che sono pacifista totale, ma noi tutti dobbiamo proteggerci a vicenda. L'Ucraina, in questa fase, ha bisogno di amici, di gente che difenda la popolazione dalla disastrosa invasione russa, la condanna dell'operato di Putin da parte di tutti noi lo ha messo nella condizione opposta a quella che desiderava. Non serve odiare i russi, dobbiamo ripetere a Putin, come si fa con i bambini, che certe cose non si fanno».
Sono ore difficili anche per la crisi tra Cina, Taiwan e Usa. Come vede la situazione? «La Cina ha sempre avuto questo atteggiamento, non solo a Taiwan, ma anche in Tibet, in Mongolia, a Hong Kong. Ogni volta ha fatto a pezzi le regole della democrazia e della convivenza civile, continuando a perseguire i propri scopi, violando i diritti umani. Quello che è già successo deve servire da lezione. Loro hanno un piano che dura da cento anni, bisogna fermarli, ma, per riuscirci, anche noi dobbiamo fare la nostra parte, offrire sostegno e fare sacrifici, compresi quelli economici».
E' impegnato nella causa dei rifugiati, in Italia la questione degli sbarchi è all'ordine del giorno. «Da tempo mi dedico a questi problemi e so quello che capita in Italia. Penso che un ruolo importante possano averlo le organizzazioni non governative come Open Arms, ma anche che ognuno, a suo modo, possa offrire il proprio contributo. Apprezzo, per esempio, quello che fa lo chef spagnolo Josè Andrés, cucina per chi ne ha bisogno, insomma ognuno può fare la sua parte».
Intravede possibilità di miglioramenti nel quadro generale? «Si, ma è fondamentale che alla guida dei Paesi democratici ci siano persone che la pensano come noi, dobbiamo eleggere gente dotata di altruismo e di senso di responsabilità».
Se potesse tornare indietro e rivedere il suo percorso, cambierebbe qualcosa oppure è del tutto soddisfatto? «So che non è possibile farlo e quindi non ci penso. Sono convinto che tutti siamo chiamati a combattere una battaglia, che la vita sia fatta di alti e bassi. In certi momenti possiamo avere l'impressione di essere completamente felici, privi di sofferenza, ma dobbiamo sapere che l'attimo è fuggevole, che subito dopo riprenderemo a lottare, per realizzare un desiderio, per reagire a una privazione, per osteggiare la cattiveria di gente irresponsabile. Non seguiamo tutti un percorso uguale, ma la direzione è la stessa, verso la luce e l'amore».
Quanto l'ha aiutata l'essere buddista? «Quanti siamo nel mondo? Circa 8 miliardi? Ecco, penso che potrebbero esserci 8 miliardi di religioni diverse, ognuno trova la sua strada per essere felice. Non credo che tutti debbano diventare buddisti. Posso dire che la mia fede tende a stabilire connessioni tra i vari credo religiosi, che tutti puntiamo a essere in sintonia con l'universo e che la motivazione è l'elemento fondamentale, quello che ci unisce».
La pandemia ha messo in crisi il cinema in sala, quello che le ha dato il suo grande successo. Che impressione le fa? «Ero un frequentatore assiduo dei cinema, il Covid ha cambiato tutto, anche io faccio fatica a ricordare l'ultima volta in cui ho visto un film in una sala. Per i piccoli film indipendenti si aprono, però, molte più opportunità di essere visti. Quello che manca è il senso di comunità che solo la visione nei cinema offre».
Si festeggiano i 40 anni di Ufficiale e gentiluomo , cosa ricorda di quell'esperienza? «L'incontro con il regista Taylor Hackford, la lettura del copione, il finale che mi sembrò un po' troppo sentimentale. E poi la risposta di Bernardo Bertolucci quando gli chiesi il suo parere sul film: "Mi piace la storia – disse –, ma non il senso politico". Non capivo, e lui "alla fine, quando l'esercito entra in fabbrica, tutti i lavoratori applaudono"».
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