L’iraniana censurata dai social occidentali finisce nel mirino degli ayatollah Analisi di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 02 agosto 2022 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «L’iraniana censurata dai social occidentali finisce nel mirino degli ayatollah»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 02/08/2022, a pag. 2, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo "L’iraniana censurata dai social occidentali finisce nel mirino degli ayatollah".
Giulio Meotti
Masih Alinejad
Roma. Un uomo è stato arrestato con un fucile Ak-47 carico fuori dalla casa a Brooklyn di una giornalista iraniana in esilio che era già stata l’obiettivo di un tentativo di rapimento orchestrato da una rete dell’intelligence di Teheran lo scorso anno. La giornalista, Masih Alinejad, doveva essere rapita da quattro iraniani accusati di aver cospirato per riportarla con la forza in Iran. Alinejad ha trascorso alcuni mesi in numerose “case sicure” dopo che l’Fbi ha sventato il complotto. Adesso Khalid Mehdiyev è stato arrestato sotto la casa di Alinejad dopo avere tentato di aprire la porta d’ingresso. Aveva con sé un Ak-47 con il numero di serie cancellato e 66 proiettili. Cosa ha fatto di male Alinejad? Ha lanciato il “No Hijab Day” contro il “World Hijab Day” che si celebra in tutto il mondo (anche grazie a pezzi del woke “inclusivo”), è la fondatrice della “My Stealthy Freedom” e la promotrice dei “White Wednesdays”, i mercoledì bianchi in cui le ragazze iraniane si sono tolte il velo per strada per protestare contro la legge che lo impone dal 1979. Insomma, Alinejad è una paladina della lotta contro l’islam politico e i suoi diktat. Se non fosse che non deve affrontare soltanto la violenza islamista, ma anche l’autocensura occidentale. Sul Washington Post di ieri Masih Alinejad ha raccontato che Instagram le ha limitato l’accesso. “Cos’ho fatto di sbagliato? Ancora non lo so. Posso immaginare che la mia offesa sia stata dare voce ai senza voce in Iran. I miei sette milioni di follower su Instagram costituiscono una piattaforma potente”. Il 12 luglio, le donne iraniane avevano organizzato una giornata di azione per sfidare la Giornata nazionale dell’hijab e della castità della Repubblica islamica dell’Iran, istituita per rafforzare la legge sul velo forzato voluta da Khomeini. Nei giorni successivi Alinejad ha pubblicato numerosi video che mostravano donne che sfidavano il codice di abbigliamento ufficiale del regime degli ayatollah. “So che ora mi stai filmando per inviarlo a Masih Alinejad, ma le Guardie rivoluzionarie ti distruggeranno”, dice una donna vestita in modo tradizionale a una ragazza iraniana che si era tolta il velo e che sarebbe poi stata arrestata. Quel video, che Alinejad ha condiviso, è diventato virale ed è stato visto 2,5 milioni di volte su Instagram e da più di un milione di persone su Twitter. “Mostra quante donne stanno resistendo all’islamizzazione forzata”, scrive la giornalista e attivista iraniana. “Il giorno dopo, ho ricevuto improvvisamente un messaggio da Instagram che mi informava che aveva limitato il mio accesso: ‘Limitiamo la frequenza con cui puoi fare determinate cose su Instagram per proteggere la nostra comunità’”. E così una dissidente islamica si è vista privata di un potente canale di comunicazione senza sapere neanche perché. Deve avere violato qualche regola a favore dell’“inclusione”. Un po’ quello che era già successo ad Alinejad che non avrebbe mai immaginato, venendo in Italia, che una giornalista del Fatto quotidiano in un evento pubblico le chiedesse se non si sentiva responsabile per le ragazze iraniane arrestate per aver rifiutato il velo: “Questa giornalista italiana indossa l’hijab in occidente per festeggiare la Giornata mondiale del velo e ha un ottimo rapporto con i funzionari della Repubblica islamica, ma mi dice se mi sento responsabile quando il regime arresta le donne per aver rimosso l’hijab”. Il mercoledì delle ceneri progressiste.
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