Il giornalista che finge di non sapere La presenza di Israele nei territori occupati è una misura necessaria per difendersi dai numerosi terroristi
Testata: Il Messaggero Data: 06 febbraio 2003 Pagina: 13 Autore: Eric Salerno Titolo: «Territori, ancora scontri tra israeliani e palestinesi: 12 morti»
Il giornalista scrive: Le preoccupazioni e i preparativi per la probabile guerra all’Iraq (secondo fonti militari israeliane l’attacco americano avverrà entro fine febbraio) hanno relegato in secondo piano il conflitto israeliano-palestinese No, non è proprio così: Israele è continuamente in stato d’allerta, il giornalista non riesce proprio ad immaginare come sia dura e difficile la vita degli isreliani continuamente in pericolo. ma la repressione israeliana continua nei territori occupati e continuano a morire israeliani e palestinesi. Difendersi non è reprimere. Forse il giornalista non sa che se non fosse per la continua presenza israeliana nei territori, gli attentati kamikaze sarebbero stati ancora più numerosi? Il 90% vengono infatti sventati dalle misure di sicurezza. Dodici persone sono rimaste uccise nelle ultime 24 ore. Due erano militari israeliani, un soldato e un ufficiale, gli altri palestinesi di cui almeno sei, a sentire gli stessi israeliani, disarmati.
Chi erano, dov’erano, che facevano? Se erano disarmati, perché il giornalista non ha voluto approfondire la questione per sapere cosa è successo? Tra questi un ragazzo di 11 anni morto a Jenin Per Salerno le dinamiche di ogni incidente da lui menzionato in questo articolo non contano. Evidentemente per lui è più importante citare il numero di morti palestinesi pur di cercare di convincerci che Israele è cattiva ed assassina. e una donna di 65 anni a Gaza schiacciata viva sotto le macerie della sua casa demolita dai bulldozer israeliani. Aveva un problema di udito e non ha sentito l’ammonimento dei soldati mandati a distruggere, per punizione, l’abitazione di un militante suo parente. Per punizione? No, non era per punizione, era per distruggere del materiale terroristico che molto spesso è nascosto proprio nelle abitazioni dei terroristi (e si dice terroristi, non militanti!). Sempre a Gaza due infermieri sono stati colpiti
Salerno, cerchi di rispondere a queste domande: da chi, quando, dove, come, perché! e a Tulkarem un palestinese è stato ucciso per non essersi fermato a un posto di blocco. E perché non si è fermato? I posti di blocco esistono per ragioni di sicurezza e i palestinesi dovrebbero saperlo. (e anche il giornalista!) Altri arabi sono stati uccisi negli scontri con i militari presso Nablus, dove due militari hanno attaccato una postazione dell’esercito israeliano uccidendo due militari prima di venire a loro volta colpiti a morte dai soldati. Si trattava di un agguato teso a dei militari israeliani per mano dei terroristi (palestinesi del Fronte Popolare di Liberazione e dei Tanzim), e sono rimasti uccisi anche i due militari israeliani in risposta all'agguato. Quindi non si trattava di uno scontro provocato dagli israeliani. Le prospettive per un cessate il fuoco nella situazione attuale e in mancanza di un governo israeliano disposto a dialogare con la leadership palestinese
La leadership palestinese, invece, è davvero disposta a dialogare con Israele? Quella leadership che fa capo ad Arafat, che finanzia e incoraggia il terrorismo ai danni di Israele? Anzi, è proprio Israele ad insistere affinchè ci possa essere un dialogo, ma con Arafat al comando non solo del suo governo ma anche del suo terrorismo, è impensabile parlare di negoziati.
sono minime nonostante gli sforzi del presidente egiziano Mubarak per convincere i vari movimenti palestinesi a deporre le armi per un anno. Solo per un anno?! Una nuova riunione prevista al Cairo è stata rinviata. Sul quotidiano di Gerusalemme, Al Quds, è apparsa ieri una lunga autocritica del presidente del parlamento palestinese Abu Ala (Ahmei Qrei) per il quale la lotta armata degli ultimi due anni è stato un errore. "La disponibilità a versare il sangue non è l’unico mezzo per raggiungere i nostri obiettivi", vi si legge. "Ci sono anche strumenti politici, culturali, e sociali. La credibilità resta la chiave per il successo della nostra causa. Non dobbiamo perdere quanto abbiamo costruito di fronte all’opinione pubblica internazionale". L'esponente palestinese ritiene che l'intera leadership palestinese debba compiere un esame di coscienza. E questo commento non sembra toccare il giornalista. Perchè non prova a spiegarci cosa intende Abu Ala per "causa" palestinese? Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione del Messaggero. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.