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Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
31.07.2022 Russi in Ucraina: torture e stragi
Cronache di Anna Zafesova, Lorenzo Cremonesi

Testata:Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Anna Zafesova - Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Un tweet smaschera i russi: 'Gli Azov vanno impiccati' - Kiev accusa: 'La strage di Olenivka per nascondere le torture ai detenuti'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 31/07/2022, a pag. 16, con il titolo "Un tweet smaschera i russi: 'Gli Azov vanno impiccati' ", l'analisi di Anna Zafesova; dal CORRIERE della SERA, a pag. 12, con il titolo "Kiev accusa: 'La strage di Olenivka per nascondere le torture ai detenuti' ", la cronaca di Lorenzo Cremonesi.

Anna Zafesova: "Un tweet smaschera i russi: 'Gli Azov vanno impiccati' "

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Anna Zafesova

«I miliziani di Azov meritano di venire giustiziati, ma non da un plotone di esecuzione, devono essere impiccati, meritano una morte umiliante»: il tweet dell'ambasciata russa a Londra non viene cancellato nemmeno dopo aver suscitato scandalo in tutto il mondo, a conferma che non si è trattato di una svista o di un eccesso di zelo propagandistico. Quasi ventiquattro ore dopo la strage dei prigionieri di guerra ucraini nel carcere di Olenivka, Mosca ricorre allo stesso algoritmo usato pochi giorni prima per i missili lanciati sul porto di Odessa: prima smentite categoriche e accuse a Kyiv, poi un'ammissione più o meno esplicita affidata ai canali della "diplomazia" russa. E mentre il portavoce del ministero degli Esteri ucraino denuncia la responsabilità dei diplomatici russi - che invitano a giustiziare prigionieri – come «criminali di guerra» al pari dei militari, il comandante pro tempore del battaglione Azov, Nikita Nadtochy, registra con i suoi commilitoni un video nel quale ricorda a Vladimir Putin che «non si parla di corda in casa dell'impiccato», e gli promette (passando a un perfetto russo) di«"venire giustiziato, insieme a tutti gli sciacalli e le ambasciate, condannato da un tribunale internazionale». La guerra ha assunto toni particolarmente cruenti negli ultimi giorni, con una serie di crimini di guerra atroci dei quali Kyiv accusa Mosca: prima il video del soldato russo che evira e poi uccide un prigioniero ucraino e poi la strage di Olenivka, dove sono morti, secondo il ministero della Difesa russo, 50 detenuti provenienti dall'acciaieria di Mariupol. Per Nadtochiy così come per i dissidenti russi come Yulia Latynina non ci sono dubbi: si tratta di una «esecuzione pubblica» dei prigionieri ucraini, una bomba o un missile per nascondere eventuali torture, e per accontentare la parte più assetata di sangue dell'opinione pubblica e del mondo politico russo. L'incolumità dei prigionieri era stata garantita dalla Russia con la mediazione della Croce Rossa internazionale, e ieri i suoi rappresentanti hanno chiesto di poter avere accesso al carcere disttrutto, e a recuperare i corpi dei prigionieri. Intanto, nei canali Telegram russi che sostengono la guerra sono apparse orrende fotografie dei corpi carbonizzati delle vittime, e molti esperti ucraini e occidentali notano che non si spiega come è possibile che un'esplosione così devastante abbia però lasciato intatte le brande bianche della prigione, e soprattutto non abbia scalfito i secondini russi. Il commissario per i diritti umani ucraino Dmitro Lubinets ha chiesto intanto agli organismi internazionali un'inchiesta, proponendo alla sua collega russa di visitare insieme quel che resta della prigione. Anche l'Onu si è dichiarata pronta a inviare periti per indagare l'accaduto, ha annunciato il suo portavoce Farhan Haq, ma solo a condizione di ricevere il consenso da entrambe le parti. Difficile che ciò avvenga, visto che la propaganda russa sta accusando Kyiv di aver voluto eliminare i propri militari con un missile americano Himars, per poi accusare il Cremlino. Una spiegazione che non solo sembra copiata dai manuali della propaganda sovietica della strage di Katyn – 22 mila ufficiali polacchi uccisi nel 1940 per ordine di Stalin, che ha accusato del massacro i nazisti – ma non tiene conto delle difficoltà che la morte dei militari di Azov crea per Volodymyr Zelensky, già criticato a maggio per averne ordinato la resa. Ieri le mogli dei combattenti hanno protestato in piazza, e Nadtochy e i suoi compagni promettono di scovare i responsabili «ovunque si trovino». Un'escalation che corrisponde a quella sul terreno, da dove arrivano sempre più segnalazioni di truppe russe che vengono spostate verso Kherson, a fronteggiare la controffensiva ucraina. In rete circolano diverse testimonianze di carri e cannoni diretti verso Nord dalla Crimea occupata dai russi, mentre la Cnn sostiene che il Cremlino sta reclutando almeno 30 mila volontari nelle repubbliche autonome, tra le minoranze etniche più povere. Intanto l'inizio della realizzazione dell'accordo sul grano continua a venire rinviato, e 17 navi cariche di grano ucraino rimangono nei porti di Odessa e Chernomorsk in attesa che l'Onu, l'Ucraina, la Russia e la Turchia concordino i corridoi di sicurezza per il loro passaggio. I russi nel frattempo continuano ad saccheggiare materie prime alimentari dai territori occupati, e ieri in Libano è stata fermata una nave siriana carica di grano ucraino trafugato dai russi. Motivo per il quale gruppi di partigiani a Mariupol hanno iniziato a incendiare i campi di grano maturo per impedire ai russi di raccoglierlo e venderlo come proprio.

Lorenzo Cremonesi: "Kiev accusa: 'La strage di Olenivka per nascondere le torture ai detenuti' "

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Lorenzo Cremonesi

«Un deliberato crimine di guerra pensato e voluto dal regime di Putin», lo definisce il presidente Volodymyr Zelensky. E per tanti cittadini ucraini, compresi i famigliari dei combattenti dell’ultima ridotta di Mariupol fatti prigionieri a metà maggio, è anche peggio: l’esplosione che due giorni fa ha ucciso oltre cinquanta dei loro soldati e feriti altre decine tra coloro che si arresero ai russi per essere rinchiusi nel carcere di Olenivka, nel Donetsk filorusso, non rappresenta altro che l’inveramento delle predizioni più cupe. «Non getteremo le nostre armi, comunque saremo torturati e uccisi», spiegavano apertamente dal battaglione dei volontari nazionalisti Azov. Del resto, da Mosca già in aprile c’era chi li accusava di essere «terroristi» che non meritavano di essere trattati secondo le regole della Convenzione di Ginevra. Così, quando arrivò l’accordo mediato dalla Croce Rossa con le garanzie dell’Onu per la resa degli ultimi 2.500 irriducibili, non mancarono gli scettici. Ieri, le loro ragioni sono tornate ad echeggiare davanti alla cattedrale di Santa Sofia, nel centro di Kiev, dove parenti e amici dei prigionieri di Olenivka, appoggiati dal governo, hanno chiesto a gran voce un’inchiesta internazionale e l’intervento diretto di Croce Rossa e Onu a difesa dei sopravvissuti. «I russi hanno sparato per nascondere le prove delle torture contro i detenuti», spiegano dall’ufficio di Zelensky. Decisamente visto dall’Ucraina, come da larga parte dei dirigenti politici europei e dalle organizzazioni umanitarie internazionali, il tentativo russo di accusare gli stessi soldati ucraini per il massacro dei prigionieri appare patetico, se non apertamente provocatorio. Il ministero della Difesa a Mosca parla di un missile ad alta precisione americano Himars (guarda caso lo stesso tipo che sta indebolendo le capacità offensive russe con accuratezza micidiale) tirato sul capannone dei prigionieri. Intanto, però, i dirigenti russi e i loro alleati nel Donbass, compreso un tweet dell’ambasciata russa a Londra, sostengono che i «militanti della Azov non sono veri soldati, vanno impiccati, meritano una morte umiliante». Dalle minacce ai fatti: i rari sopravvissuti alla prigionia raccontano di «terribili torture e umiliazioni sistematiche», specie da parte della soldataglia delle milizie ucraine pro-russe, oltre che per mano dei ceceni e dei mercenari della Wagner. Sui social sono diffusi video e racconti molto crudi, incluso almeno uno sulla castrazione di un prigioniero ucraino, che però va ancora verificato e comunque non sembra essere stato girato a Olenivka. L’intera vicenda prigionieri e torture torna a sottolineare la gravità del braccio di ferro tra Mosca e Kiev nel deserto di iniziative diplomatiche: il sesto mese di guerra vede il continuo primeggiare della logica militare e l’assenza di qualsiasi negoziato significativo. La Russia taglieggia l’Europa sull’energia e taglia il gas alla Lettonia. Prevale il linguaggio della forza su ogni ipotesi di compromesso. Di conseguenza, anche l’accordo mediato dalla Turchia nelle ultime settimane per la ripresa dell’export del grano ucraino dai porti del Mar Nero sul mercato mondiale resta congelato. Ieri le 17 navi con a bordo circa 200.000 tonnellate di grano pronte per salpare sono rimaste ancorate ai moli dei tre porti nella regione di Odessa. I bombardamenti russi intanto continuano a mietere vittime, mentre procede la controffensiva ucraina mirata a riprendere il controllo sulla regione di Kherson.

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