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La Stampa Rassegna Stampa
28.07.2022 Taiwan, si scoprono le carte cinesi
Analisi di Stefano Stefanini

Testata: La Stampa
Data: 28 luglio 2022
Pagina: 17
Autore: Stefano Stefanini
Titolo: «Taiwan, il passo falso di Pechino più isolata con le minacce a Pelosi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/07/2022, a pag. 17, con il titolo "Taiwan, il passo falso di Pechino più isolata con le minacce a Pelosi", il commento di Stefano Stefanini.

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Stefano Stefanini

The end of martial law: An important anniversary for Taiwan
Taipei, capitale di Taiwan

Taiwan è di moda. Tutti ci vogliono andare. Dai cacciabombardieri cinesi alla speaker del Congresso Usa, Nancy Pelosi. Per scoraggiare la seconda, Pechino intensifica i primi. Quando gli toccano l'isola, la Cina abbandona ogni pretesa di sottigliezza e ricorre alla diplomazia delle cannoniere di coloniale memoria. Xi Jinping rafforza così i timori che si stia preparando a prendere, prima o poi, Taiwan con la forza. Ottiene però il risultato diametralmente opposto ai suoi obiettivi. Non solo la visita si farà ma accelererà la deterrenza, politica e militare, contro un attacco cinese a Taiwan. Pechino sbaglia i calcoli su tre piani: americano, regionale, taiwanese. Il portavoce del Ministro della Difesa cinese, Tan Keifei, è passato dal bullismo militare all'intimidazione politica? Il Pentagono gli risponde che aumenterà il dispositivo di protezione e sorveglianza nell'Indo-Pacifico, se la visita sarà confermata. Sparando a zero contro Pelosi a Taipei, Pechino ne ha fatto una scelta obbligata per Washington. Come aspettarsi che gli americani facciano un umiliante passo indietro? Quand'anche l'amministrazione avesse avuto qualche riserva mentale, a questo punto non può certo trattenere Pelosi per la giacca. Che comunque non darebbe retta. Se la visita non si fa l'America perde la faccia in Asia, e Joe Biden a Washington. Facendo della questione un test di credibilità Usa nell'Indo-Pacifico, Pechino ha commesso un errore strategico. Ne aggiunge uno psicologico: accarezza di contropelo il Congresso dove una delle pochissime cose bipartisan è la politica sulla Cina. Il viaggio a Taiwan sarà applaudito anche dai repubblicani. Se Nancy Pelosi rinunciasse sarebbe scomunicata anche dal suo partito. Per la speaker, a tre mesi dalle elezioni di mid-term, il viaggio a Taiwan ha costo zero e dividendi molti in politica interna. E viceversa. I Parlamenti non vogliono sentirsi dire cosa fare e non fare dai loro governi. Figurarsi da uno straniero. Pechino dovrebbe saperlo. Sanzionando una quindicina di parlamentari europei per un'innocua missione a Taipei lo scorso anno, la Cina ha spinto Bruxelles a congelare a tempo indeterminato la ratifica dell'accordo sugli investimenti con l'Ue (Cai).

US defends arms sale to Taiwan after China demands cancellation

Solo sei mesi prima aveva fatto un forcing politico-diplomatico per farlo approvare dal Consiglio europeo prenatalizio. Errare è umano, ma questo perseverare tradisce una diabolica incomprensione di come funzionano parlamenti e democrazie. Il Campidoglio Usa e l'aula di Strasburgo non sono il Congresso del Popolo… L'intervento a gamba tesa su Washington e Taipei rafforza le diffidenze dell'intero ventaglio di Paesi alle prese con le pretese territoriali cinesi, dalle isole Senkaku a Nord, alle Parcel e Spratly a Sud, dove la "nine-dash line" che arriva quasi fino alle acque territoriali del Borneo, darebbe alla Cina il controllo di un enorme specchio del Pacifico, vitale alle economie di Filippine, Vietnam, Indonesia, Malesia, nonché ai traffici mondiali. Lo spontaneo fronte anticinese confluisce nella strategia di contenimento americana che poggia sul Quad di Usa, Giappone, Australia e India. E più che le formule contano gli umori e le percezioni. «La Cina si è giocata l'India», dicono operatori economici indiani che sono sul posto e sanno da che parte tira il vento. Taipei ha subito sorvoli e minacce con crescente preoccupazione e paziente rassegnazione, evitando accuratamente di rispondere alle provocazioni. Che è quello che ha intenzione di continuare a fare. Al tempo stesso, il governo di Ing-wen Tsai è ben cosciente dell'escalation retorica di Pechino sulla riunificazione con le buone o con le cattive che Xi Jinping non mancherà di rinnovare quando, in novembre, il XX Congresso del Pcc lo incoronerà per un terzo mandato, preludio a una presidenza a vita. Taiwan usa due strumenti per spuntare la minaccia: politico e militare. Punta ad una riassicurazione americana sulla difesa dell'isola, che faccia uscire Washington dalle nebbie della "ambiguità strategica". Nancy Pelosi non ha titolo per darla ma porterebbe un potente segnale politico. Ma Ing-wen Tsai pensa anche a come rafforzare le capacità di difesa dell'isola, per alzare il livello di deterrenza. Aiutati che Dio t'aiuta, Ucraina docet. Sono esattamente gli sviluppi che Pechino detesta. Le intimidazioni contro la visita di Nancy Pelosi non fanno altro che rafforzarli.

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