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Il Foglio Rassegna Stampa
26.07.2022 Putin non vincerà la sua scommessa
Paola Peduzzi intervista Anne Applebaum e Radek Sikorski

Testata: Il Foglio
Data: 26 luglio 2022
Pagina: 1
Autore: Paola Peduzzi
Titolo: «Putin non vincerà la sua scommessa»

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 26/07/2022, a pag. 1, con il titolo "Putin non vincerà la sua scommessa", l'intervista di Paola Peduzzi.

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Paola Peduzzi

Anne Applebaum (Autorin) - Bücher
Anne Applebaum

Anne Applebaum e Radek Sikorski sono l’Alleanza atlantica che si è fatta coppia, convinzioni granitiche, intesa solida, morale alto: la guerra non si può che vincere, le aperture russe non sono mai veritiere, Vladimir Putin lavora per dividere l’occidente ma non ce la farà. Sono arrivati a Cortina ospiti del festival letterario “Una montagna di libri” con idee chiare anche sulle Dolomiti che frequentano da anni, pieni di aneddoti, barzellette sovietiche e buonumore, sono un antidoto inatteso ai nostri pensieri neri da governo caduto, campi larghi e litigiosi, guerra, prezzi alti, crisi energetica, incendi. Passiamo il tempo a discettare sulla tenuta dell’unità occidentale, sulla stanchezza e la voglia di mettere fine a questa guerra anche a costo di costringere l’Ucraina a fare concessioni, sulla debolezza della democrazia e invece eccolo qui, il nostro ordine mondiale liberale: in carne e ossa sembra fortissimo. Anne Applebaum è un’autrice americana (naturalizzata polacca) esperta di mondo sovietico e post sovietico che andrebbe presa in dosi quotidiane e massicce. Fa bene al cuore e alla mente, ti porta sul fronte della guerra scatenata da Putin in Ucraina senza costruire illusioni né ottimismi superficiali, ma a ogni domanda sulla possibilità che la Russia possa vincere, risponde: no. Radek Sikorski, suo marito da trent’anni, ex ministro polacco della Difesa e degli Esteri, ha incontrato la politica con Solidarnosc, ha contribuito a cementare l’atlantismo polacco lavorando a lungo con i conservatori americani, oggi è europarlamentare ma vuole tornare a fare politica in Polonia con i liberali moderati di Donald Tusk. Sikorski racconta barzellette contro i russi e contro i tedeschi, ha la ferita della doppia invasione fieramente aperta, è la sua (la nostra) memoria senza ombre che oggi gli fa rispondere a ogni domanda sulla possibilità che la Russia possa vincere in Ucraina: no.

Radosław Sikorski - Wikipedia
Radek Sikorski

Nelle loro chiacchiere, questi coniugi cosmopoliti ti portano in giro per l’Europa e per l’America, prima della caduta del Muro e dopo, raccontano seri e allegri il nostro occidente visto da Washington, da Strasburgo, da Londra, da Varsavia. Ricordano Stefan Zweig quando scriveva: “Era dolce vivere in quell’atmosfera di tolleranza, dove ogni cittadino senza averne coscienza veniva educato a essere cosmopolita”, ma senza l’apocalisse finale. Anne Applebaum è a “Una montagna di libri” per presentare “Il tramonto delle democrazie” e “La grande carestia”, i suoi ultimi libri pubblicati in Italia da Mondadori. Studia da sempre, da quando era a Harvard, il mondo sovietico; è andata a Varsavia alla fine degli anni Ottanta a vivere e raccontare la trasformazione post sovietica: è meticolosa, attenta, chiarissima. Ma quel che la rende imprescindibile è la capacità di portarti dove non vorresti andare – un’arte rara e necessaria, contro l’indifferenza e la distrazione, che la Applebaum pratica dall’inizio degli anni Duemila, quando pubblicò “Gulag”, una ricerca approfondita e dolorosa sui campi di concentramento sovietici che le valse il Premio Pulitzer. Chi aveva voglia all’inizio di questo secolo, con il Muro caduto, i fantastici anni Novanta ancora appiccicati addosso, la nuova minaccia del terrorismo islamico a ributtarci in altre guerre, di ripensare ai gulag e all’orrore stalinista? La Applebaum vinse sulla distrazione, ci costrinse a guardare e a stravolgere le nostre convinzioni, rimanendo salda al nostro fianco, perché non ci perdessimo e non chiudessimo gli occhi. E’ quello che fa anche oggi, in questi ultimi due libri, in ogni suo intervento pubblico. “Il tramonto” racconta i rivolgimenti ideologici del conservatorismo occidentale e il fascino che esercitano i modelli autocratici sulle democrazie; “La grande carestia” nasceva come un libro storico sull’Holodomor e sembra un reportage realizzato ieri nell’Ucraina invasa da Putin. Proprio perché c’è una storia e c’è una progettualità nei piani di Mosca, l’incredulità nei confronti del presidente russo non è consentita. Siamo sul palco di una sala affollatissima con Francesco Chiamulera – architetto di “Una montagna di libri”, lettore attento, liberale appassionato – e la Applebaum sorride quando le chiediamo perché le dittature hanno così presa sul mondo libero, perché la fragilità occidentale è così evidente che Putin stesso ci scommette sopra, perché la versione putiniana sulle cosiddette provocazioni occidentali che hanno suscitato la sua reazione feroce in Ucraina ha ancora un sostegno. “Perché vi sorprendete? – chiede, e dirà spesso in questa conversazione: “Non mi stupisco” – Credo che tutti noi qui abbiamo avuto la straordinaria fortuna di vivere la nostra vita o buona parte di essa in un sistema libero, un sistema liberaldemocratico, ma i regimi hanno sempre avuto spazio nella storia umana e anzi l’attrazione di un’autocrazia diventa forte proprio quando si è liberi”. Viviamo un momento di enormi cambiamenti che fanno molta paura, al punto che si è disposti ad ascoltare e assecondare una voce unica, che silenzi tutte le altre. “Per questo la retorica della nostalgia è così forte: il ritorno a un passato in cui ogni cosa era più semplice diventa una promessa affascinante”, dice la Applebaum.

A differenza di molti intellettuali cosmopoliti, lei non se la prende con gli elettori, dice che “è importante riconoscere che in buona parte queste paure sono genuine, molte aspettative di benessere non si sono davvero realizzate”: pensa alla Polonia, ma anche ad altri paesi europei, e all’America. La paura è legittima, è come la si governa che fa la differenza: dentro l’occidente e fuori. Putin “da un decennio almeno” lavora sulla nostalgia di un passato più semplice e ordinato e sulla “corruzione delle democrazie occidentali”: non parla di interferenze, la Applebaum, non dice ingerenze o influenze, i termini che utilizziamo per sminuire la minaccia russa e non accettare la pianificazione del caos messa in piedi da Putin. Dice corruzione e intende quella diretta di esponenti della politica o delle accademie o dei media, e quella indiretta, che stravolge il dibattito pubblico. Ogni giorno le cronache della guerra forniscono conferme al progetto terroristico putiniano. “Le tattiche che impiegano le forze russe in Ucraina sono le stesse che sono state utilizzate altrove, in Siria per esempio – dice la Applebaum – Prendono di mira scuole, ospedali, obiettivi civili per fare il maggior numero di morti e per eliminare ogni senso di umanità degli abitanti dei luoghi colpiti. Ma il messaggio di Putin non è soltanto rivolto ai popoli sotto le bombe, è anche rivolto alle istituzioni e ai governi internazionali: tutte le chiacchiere che voi occidentali fate sul diritto e su cosa si può fare o non fare in guerra, tutte le discussioni sui diritti umani non valgono nulla, non servono a nulla. Questo dice Putin. L’ultimo esempio è l’accordo sullo sblocco dei porti ucraini per l’esportazione del grano negoziato dalle Nazioni Unite. La mattina dopo la firma, la Russia bombarda il porto di Odessa e Putin non solo vuole terrorizzare i cittadini di Odessa, ma anche dirci che non gli importa nulla dei nostri stupidi accordi, delle Nazioni Unite o delle nostre regole. Putin fa così, cerca sistematicamente di disfare i nostri legami, i nessi che ci tengono insieme come occidente”. Lo fa con le bombe, lo fa con le minacce e lo fa con la propaganda. Due ritornelli che in Italia si sentono spesso (e qui la Applebaum un pochino si sorprende): gli ucraini sono nazisti e le guerre americane o occidentali sono uguali se non peggiori di quelle di Putin. Sulla questione del nazismo, la Applebaum inizia dicendo che “l’Ucraina è grande, ovviamente non tutti gli ucraini sono brave persone” e finisce dicendo che “se c’è una nazione in quella regione del mondo che più assomiglia nei metodi che utilizza al fascismo e al nazismo, quella è la Russia”. In mezzo spiega che “da quando è diventata indipendente l’Ucraina ha mostrato di essere molto brava a creare movimenti di protesta, manifestazioni dal basso, ma non a creare delle istituzioni e uno stato solidi. La corruzione di cui sentiamo parlare sempre nasce proprio da questa difficoltà”. Ma l’Ucraina ha un’idea di sé per il futuro, e questa idea spaventa molto Putin, ed è la ragione per cui sta mostrando tanta e tale brutalità nel voler azzerare la classe dirigente ucraina: “Quando occupa un territorio, la Russia arresta e deporta i leader politici, gli insegnanti, gli intellettuali, gli artisti, i direttori dei musei, proprio come fece Stalin durante la grande carestia degli anni Trenta”. Volodymyr Zelensky incarna questa idea dell’Ucraina del futuro che sa di Europa ma sa anche di integrazione, di cosmopolitismo: “E’ un presidente di origini ebraiche, che parla russo e che viene da una regione del sud del paese, non da Kyiv. Immagina un’Ucraina che includa chi parla russo e chi parla ucraino, chi è ebreo, cattolico, ortodosso, un paese che non sta insieme sulla base del nazionalismo etnico, ma del patriottismo”.

Quanto alle guerre americane, la Applebaum dice di non volersi mettere a difendere la guerra in Iraq o quella in Afghanistan o gli errori fatti nel mondo da Washington nel corso dei decenni, ma dice di essere certa che “gli americani non sono andati in paesi stranieri con l’intenzione deliberata di ammazzare i civili e di annettere agli Stati Uniti i territori conquistati”. Sikorski è appena rientrato da Washington, è rassicurato e rassicura anche noi durante la cena (ci ha raggiunti dopo l’incontro: la Applebaum impartisce lezioni di tenuta anche matrimoniale. Il loro accordo è che non c’è obbligo di andare a sentir parlare il coniuge né di prendersi all’aeroporto). Il Congresso vuole continuare a sostenere l’Ucraina – anche gli sciroccati trumpiani? Sì, anche loro – e anche se dovessero cambiare leggermente le dinamiche, gli Stati Uniti hanno stanziato una quantità di fondi enorme, 40 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina già approvati, sono tantissimi soldi. Per fare un confronto: da quando Joe Biden ha ritirato le truppe dall’Afghanistan, nell’agosto dell’anno scorso, il sostegno americano è stato di 774 milioni di dollari. L’impegno c’è stato e ci sarà, ed è duraturo. La coppia dell’ordine globale liberale non ha un tentennamento, anche di fronte ai racconti italiani ed europei che sanno di stanchezza, di altre priorità, di voglia di mettere fine alla guerra il prima possibile: non ci sono alternative alla vittoria dell’Ucraina. Qui si dice che Zelensky vuole troppo, che è “isterico”. Isterico? Cosa c’è di isterico nel voler salvare il tuo paese, tutto intero? Qui in Italia c’è anche il problema che è caduto un governo che si è speso a favore dell’Ucraina e la possibilità che il prossimo esecutivo sia più poroso (eufemismo) alle pressioni russe è concreta. E’ possibile la normalizzazione di politici che nascono negli ambienti estremi, come Giorgia Meloni? La Applebaum dice che molti “leader radicali di fronte alla realtà del governo cambiano le loro politiche. Ma con tutta probabilità continueranno a usare una retorica radicale, perché è quella che li ha fatti eleggere. Piacciono perché criticano il sistema esistente, l’establishment, e lo fanno anche quando sono al governo”, pur essendo in quel momento loro stessi il sistema. La domanda più urgente, secondo la Applebaum, è: “La critica all’establishment li porterà a svilire il sistema democratico, come è accaduto in Turchia, in Venezuela, in Ungheria e in modo non del tutto completo in Polonia? Spacciandole per ‘riforme’, certi leader estremisti distruggono il sistema giudiziario, i media, i controlli interni alle varie istituzioni, chiunque possa riportarli alle loro responsabilità. Poi distruggono il sistema elettorale. Perché una volta che lo fanno, non li puoi più estromettere dal potere”.

Se questo dovesse accadere in Italia, sarebbe “un grande successo per Putin”, ma la Applebaum è anche convinta che “l’unità occidentale non sia così dipendente da un’unica nazione”, i meccanismi di solidarietà e i nessi che sono stati creati sono più duraturi di quanto si immagini. La “delusione” nei confronti della democrazia si può curare, la stanchezza invece non è ammissibile per questa coppia che incarna alla perfezione i valori occidentali e la determinazione che ci vuole per difenderli. Putin vincerà la scommessa sul declino dell’occidente? “No”, dice lei, “no”, dice lui. “Vorrei farvi incontrare gli ucraini che ospitiamo a casa nostra in Polonia hanno quasi tutti meno di trent’anni”, racconta la Applebaum, “sono convinti che vinceranno la guerra. Hanno rinunciato a tutto quello che avevano per aiutare i rifugiati, l’esercito, gli altri. E’ commovente guardarli. Loro sono convinti che vinceranno, e così anche io devo credere, credo che vinceranno”.

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