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La Repubblica Rassegna Stampa
25.07.2022 Putin: Procura militare a La Spezia
Gianluca Di Feo intervista il magistrato Marco De Paolis

Testata: La Repubblica
Data: 25 luglio 2022
Pagina: 13
Autore: Gianluca Di Feo
Titolo: «De Paolis: 'Da subito indagini internazionali contro gli aggressori russi'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/07/2022, a pag.13, con il titolo "De Paolis: 'Da subito indagini internazionali contro gli aggressori russi' " l'intervista di Gianluca Di Feo.

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Gianluca Di Feo

Il cacciatore di nazisti
Marco De Paolis

«Indagare sui crimini di guerra mentre ancora si combatte è importante. Ed è normale farlo: gli alleati hanno cominciato nel 1942, tre anni prima della fine delle ostilità. Ora però in Ucraina bisogna definire chi può investigare e come acquisire le prove». Marco De Paolis è il magistrato che in Europa ha la maggiore esperienza di istruttorie sui crimini di guerra. Alla guida della procura militare di La Spezia tra il 2003 e il 2013 ha realizzato una missione ritenuta impossibile: individuare centinaia di responsabili degli eccidi nazisti, da Sant’Anna a Marzabotto, riuscendo a ottenere 57 condanne all’ergastolo. Il suo metodo di lavoro e i suoi risultati sono stati premiati persino dalla Repubblica federale tedesca. Oggi De Paolis è il procuratore generale militare e partecipa al confronto internazionale su come punire le brutalità commesse dagli invasori. «In questo momento sul campo possono esserci soltanto gli ucraini. Ma quello che è accaduto richiede un impegno molto più ampio. Credo che sia necessario un organismo internazionale imparziale che invii personale qualificato per le indagini».

Dal 24 febbraio le denunce di brutalità russe continuano ad aumentare. Nessun altro può indagare? «Formalmente può farlo la procura presso la Corte Penale Internazionale, che si è attivata. Bisogna vedere se ha la capacità effettiva per investigare. Penso però che la Corte avrebbe maggiore credibilità se tra i firmatari ci fosseroquelle potenze che non la riconoscono: Stati Uniti, Russia, Cina, India, Israele, Turchia, Egitto e la stessa Ucraina. Sarebbe molto meglio avere un organo che rispecchi l’intera composizione delle Nazioni Unite, anche se questo non è di facile attuazione».

Quali sono le priorità? «In questo momento è importante che organismi internazionali prendano posizione per fare pressione sugli aggressori: devono sottolineare che, se anche l’Ucraina non sarà in grado di processare i criminali russi, esisterà un altro organismo capace di fare Giustizia. Poco importa se sia la Corte Penale Internazionale o un organismo ad hoc come si è fatto per la ex Jugoslavia e il Ruanda: lo stesso presidente Zelensky pochi giorni fa ha chiesto la costituzione di un tribunale internazionale. Ma soprattutto serve subito un protocollo unico per i Paesi che vogliono contribuire alle indagini. Se ne è parlato già tre mesi fa in una riunione a Eurojust a cui ho partecipato: bisogna definire procedure comuni per uniformare la raccolta delle prove».

Anche perché la stessa procura presso la Corte Penale Internazionale non è composta solo di magistrati, ma ci sono docenti e avvocati che non hanno esperienza investigativa… «La nostra esperienza può contribuire a definire queste procedure. Dal 1945 la magistratura militare italiana ha condotto oltre duemila indagini e ottanta processi. Solo il mio ufficio ha portato avanticirca cinquecento inchieste e ventiquattro dibattimenti. Abbiamo anche una struttura investigativa molto valida, anche se i nostri carabinieri non possono operare in Ucraina perché sono militari».

Il governo Draghi aveva affidato a una commissione di esperti l’elaborazione del Codice sui crimini internazionali: si voleva adottarlo con un decreto legge perché presentato come condizione indispensabile per partecipare alle indagini in Ucraina. C’è realmente questa urgenza? «Le indagini si possono già sviluppare anche senza questo Codice. Anzitutto perché gran parte di queste norme le abbiamo: esiste il codice penale militare di guerra e tutto quello che riguarda le violazioni del diritto umanitario durante un conflitto è presente nel nostro ordinamento. Si può già procedere: basta che uno Stato straniero richieda la collaborazione delle nostre procure militari. Ritengo però che l’introduzione di un codicesui crimini internazionali sia un tema così importante, quasi epocale, da richiedere un dibattito parlamentare e una riflessione profonda: non è una cosa da fare per decreto legge».

Tutta l’esperienza accumulata dalla procura militare non è stata tenuta in considerazione nell’elaborazione di queste norme… «Il primo problema è che non è conosciuta. Poi c’è un pregiudizio ideologico: veniamo visti come le vecchie corti marziali, sommarie e non imparziali. Ma tutta la giustizia militare è stata riformata da decenni: siamo magistrati, con le stesse capacità dei magistrati ordinari e con una preparazione specifica in più. E abbiamo le stesse garanzie di indipendenza e imparzialità. Prima di alterare equilibri così delicati, come le norme relative al tempo di guerra, penso che sia opportuno riflettere con attenzione e considerare l’esperienza di una giurisdizione che nasce proprio per questo. Ma anche quella dell’intero mondo militare: per costruire regole adeguate sui crimini di guerra bisogna sentire anche chi fa la guerra, che strumenti usa, come si organizza…».

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