Ucraina: storie di guerra Analisi di Paolo Brera, Gianni Riotta
Testata: La Repubblica Data: 25 luglio 2022 Pagina: 10 Autore: Paolo Brera - Gianni Riotta Titolo: «Le notti proibite dei giovani di Kiev: 'Con musica ed eros scordiamo la guerra' - Quel treno per Odessa crocevia di confessioni e segreti rubati al telefono»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/07/2022, a pag. 10, con il titolo "Le notti proibite dei giovani di Kiev: 'Con musica ed eros scordiamo la guerra' " la cronaca di Paolo Brera; a pag. 11, il commento di Gianni Riotta dal titolo "Quel treno per Odessa crocevia di confessioni e segreti rubati al telefono".
Ecco gli articoli:
Paolo Brera: "Le notti proibite dei giovani di Kiev: 'Con musica ed eros scordiamo la guerra' "
Il blu della piscina, il ghiaccio nello Spritz. «La guerra qui la puoi dimenticare», dice il buttafuori al Fifty beach club di Kiev, lettini a baldacchino sulla spiaggia del Dnepr, Prosecco e sospiri sui materassoni rosa e gialli. Sulla jeep militare col tridente ucraino siedono quattro ragazzi in camicia hawaiana. «Ieri, col sole a picco, abbiamo fatto cinquecento persone», sorride il buttafuori. Oggi che minaccia pioggia qualche centinaio. Muscoli e tatuaggi, sorrisi e bikini. Il fronte è lontano. Le esplosioni, il sangue, qui sono immagini proiettate sul muro dell’Otel Club, nella vecchia fabbrica dei tessuti del quartiere Podyl. Il limone nella birra, tutti zitti ad ascoltare Marusia e Nadyia: «Odyn, dva, tryyy...», urlano in mutande lanciandosi una sfera di gomma come una bomba, “uno, due, treee”, e via la rabbia e via i vestiti: «La mia città è Mariupol, al quinto o sesto giorno abbiamo raccolto qualcosa per terra, lo abbiamo mangiato e siamo stati tutti male». Luci rosse e fumo, musica da un mondo di tenebre. «Recitano il monologo di una sedicenne di Mariupol, Katya: quando le hanno ucciso la mamma e ha chiamato il papà in Russia, lui le ha risposto “Katya chi? Di quale guerra parli?” Ecco, noi abbiamo bisogno di parlare di questa guerra, capisci?», dice Lena Shykina, 27 anni, la regista della pièce che si chiama “Human?...”. Notte fonda a Dnipro. Qui, chissà perché, il coprifuoco è a mezzanotte, un’ora più tardi rispetto a Kiev anche se la guerra è lì dietro, il Donbass è vicino e c’è il museo con le auto crivellate e le memorabilia dal 2014. Ci sono anche le foto e i nomi di tutti i ragazzi di qui che sono morti al fronte prima ancora che iniziasse l’invasione: li hanno allineati su più piani ma non finisce più, quella parete. Manca poco a mezzanotte. Un gruppo di ragazzoni etilici cerca un locale, una festa che tiri fino al mattino. È illegale, clandestino. «Ci hanno detto che è qui vicino». Sono militari. «Veniamo dalla linea zero — come chiamano qui la prima linea — abbiamo un solo giorno di licenza, domattina dobbiamo tornare al fronte », dice Denys, il meno diffidente, il più giovane. Un abbraccio, una stretta di mano, un «venite anche voi?». Ma il locale non si trova, le luci si spengono per il coprifuoco e ora come farete, Denys? Dove dormirete? «Non importa», sorride dolce, e viachissà dove nella notte nera. A Boryspyl, la periferia di Kiev dove a fine febbraio piovevano missili russi, un mese fa la polizia è entrata con i kalashnikov spianati in un club che aveva violato l’ordine di chiudere durante il coprifuoco: «C’erano settanta persone», hanno scritto diffondendo il video: tavolate e risate, bollicine nel glacier. Dimenticare la guerra, per un po’: a Kiev si dice che in questo e in quel locale le feste notturne continuino anche oggi, ma sono «party privati» in cui volano grivne e Champagne. Sulla chattelegram “Feste a Dnipro”, Diana offre la sua villa in affitto: «Dalle 14 alle 12 del giorno successivo» per «diecimila grivne al giorno». Trecento euro: sono «26 posti letto» con 2 Jacuzzi, 2 maxischermi, 8 tv a schermo piatto» e tutto quel che serve per volare lontano, con la testa, a Bali o a Malibù o dove diavolo vuoi. L’annuncio, con numero di telefono, è dedicato «agli amanti delle feste notturne e della musica ad alto volume, delle compagnie rumorose e giovani.E alla fine non c’è bisogno di pulire». La guerra logora chi non la fa. «Attenti agli uomini in nero, scrivono indulgenze al capolinea di Rogaskaya ». «Al campo sportivo di fronte al Gorky Park i moschettieri invitano al gran ballo», avvertono i messaggi suTelegram in una chat di Kharkiv. All’inizio, per il fronte sono partiti i volontari; ma ora le croci in battaglia sono tante, la musica è cambiata e gli uomini in divisa vanno in giro a reclutare passanti troppo impegnati a spassarsela per vantare un buon motivo per non combattere. Ogni città ha la sua chat, in rete fioriscono gli avvistamenti, ora e luogo per evitare di essere acchiappati. Non c’è regola, non c’è obbligo di arruolarsi; ma se ricevi la “cartolina” devi partire per il fronte. Li braccano alla fermata della metro, in palestra, nei club. Passi la notte a divertirti? Beccato, vai in guerra! Fai scandalo facendo sesso in pubblico? Via al fronte. No, non è un’iperbole: è successo nella terrazza ristorante del Public beach & club, uno stabilimento balneare di Odessa. Sesso orale catturato in foto, la gente protesta, gli agenti arrivano e provano a spedirli entrambi al fronte, pure la ragazza. Ma lui è bielorusso, lei converte in un anno di libertà vigilata: la storia, con tanto di foto, fa il giro del web. E siccome ci sono quelli che «combatteremo fino all’ultimo sangue», ma anche quelli che «grazie ma in guerra andateci voi», i trafficanti fanno affari d’oro per traghettarequesti ultimi fuori dal Paese: «Diecimila dollari», la tariffa per lasciare l’Ucraina di straforo (è vietato, per i maschi adulti under 60). Tra i fregati ci sono anche tutti quelli che si erano iscritti alla “Difesa territoriale” pensando, come ufficialmente stabilito, che avrebbero combattuto solo sotto casa per difendere la loro città. E invece l’11 giugno il presidente Zelensky ha firmato la modifica della legge “Sui fondamenti della resistenza nazionale”, e ora la difesa territoriale può «svolgere compiti in aree di combattimento». Caro volontario, la aspettano al fronte. Lo Sbu, i servizi ucraini, ha pizzicato un 34enne in camicia bianca e barbetta «in un ristorante alla moda» di Kiev, niente nome ma una serie di foto appena velate: vendeva documenti falsi di un’università polacca per fuggire a Varsavia, 1.600 euro per restare alla larga dalle trincee. Si gioca a guardia e ladri. «L’ultima volta sono venuti ieri, a distribuire la cartoline ai nostri clienti», dice il buttafuori del Fifty, ma lo fa alzando le spalle. Suona come un chissenefrega. Solo gli ingenui, si dice nei quartieri bene, finiranno per partire davvero. Camicia e scarpe leopardate, capelli alla Branduardi, il 33enne Pavel è il boss dell’Otel Club: «Noi diamo un messaggio culturale sulla guerra», dice riemergendo dalla bolgia del Festival “Na Chasi”. Parte del ricavato va «a sostenere la logistica per le nostre forze armate», compreranno visori notturni e reti mimetiche. Ci sono decine di laboratori ed esibizioni, ecco Artem Sievko che suona col sintetizzatore «costruito con il faro di un carrarmato»; tutti da Erek Saw che fa roteare il frullino, spara scintille e il suono che stride «è musica», dicono. C’è il “Noise show” con l’assolo di batteria, uno spacca timpani in una stanza di tre metri per tre che è «un viaggio al fronte» senza metterci piede. C’è la ragazza delle zuppe vegane, ladark room con i porno e con il tipo seminudo appollaiato nell’amaca altalena. Lassù ballano aldj set,lì vendono serigrafie sulla guerra. Va bene, ragazzi, ma se sostenete le forze armate perché non andate a combattere? «La nostra arma è l’arte», dice Pavel. Anche qui, tra i locali del Festival in quest’alveare della vecchia fabbrica di Podyl, i cacciatori di teste sono venuti più volte a distribuire cartoline: «È solo un invito ad andare in commissariato - dice Pavel - e lì ti possono iscrivere a forza nell’elenco degli arruolati. Se non ti presenti non ti succede nulla. La guerra non è per tutti: ho un amico che voleva combattere, oggi è al fronte. Io faccio tutto il possibile perché abbia quello che gli serve». Combattono, sì, ma col fucile degli altri.