Le sanzioni e le scappatoie della Russia Commento di Federico Fubini
Testata: Corriere della Sera Data: 23 luglio 2022 Pagina: 30 Autore: Federico Fubini Titolo: «Le sanzioni e le scappatoie della Russia»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 23/07/2022, a pag. 30, con il titolo "Le sanzioni e le scappatoie della Russia", l'analisi di Federico Fubini.
Federico Fubini
L’Unione europea è al settimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Un migliaio di persone e i loro beni sono stati colpiti, le riserve ufficiali solo bloccate per centinaia di miliardi e in teoria la Russia non potrebbe più importare prodotti tecnologici e industriali. Ma quanto mordono le sanzioni occidentali e quanto sono rispettate? La risposta varia ogni giorno, perché i russi cercano sempre nuovi modi di aggirare le restrizioni e i governi occidentali cercano di chiudere le falle. Ma gli esempi della Svizzera e delle petroliere russe fanno capire che si potrebbe fare di più. Basta guardare il caso Sovcomflot, l’azienda di Stato di Mosca che gestisce 110 petroliere: da mesi è sottoposta a sanzioni degli Stati Uniti e dell’Unione europea, eppure continua ad operare i suoi carichi di greggio da 240 milioni di dollari l’uno nei porti olandesi, belgi, francesi, bulgari e italiani (a Santa Panagia, vicino a Siracusa, dove sorge una raffineria del gruppo russo Lukoil).
Possibile? Sì perché in aprile Sovcomflot ha trasferito 98 delle sue navi di proprietà o in affitto alla gestione della Scf Management Services Dubai, una società registrata negli Emirati Arabi Uniti. Alcune delle petroliere sono passate sotto bandiera liberiana, mentre i certificati di sicurezza richiesti dalle assicurazioni vengono rilasciati dal registro per la navigazione dell’India. In sostanza la Russia usa Paesi neutrali nella guerra per creare una copertura posticcia, ma efficace. E neanche il più recente pacchetto di sanzioni europee fa niente per smantellarle questo. Quanto alle sanzioni finanziarie, colpisce che la Svizzera da sola abbia congelato beni di cittadini russi per circa dieci miliardi di euro: tanto quanto l’intera Unione europea. Eppure la ricchezza dei russi negli istituti elvetici, secondo l’Associazione bancaria svizzera, vale tra 150 e 200 miliardi. La strada è ancora lunga.
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