Il pericolo dell’Occidente non è più la tirannia, è la mancanza di potere Analisi del Financial Times
Testata: Il Foglio Data: 18 luglio 2022 Pagina: 11 Autore: la redazione del Foglio Titolo: «Il pericolo dell’Occidente non è più la tirannia, è la mancanza di potere»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 18/07/2022, a pag. 11, con il titolo "Il pericolo dell’Occidente non è più la tirannia, è la mancanza di potere", il commento tratto dal Financial Times.
Nessun romanzo o film ha mai detto: ‘Il Piccolo Fratello ti sta guardando’. Quasi ogni distopia – ‘1984’, ‘Il racconto dell’ancella’, ‘Sottomissione’ di Michel Houellebecq – parla di uno stato grande e oppressivo, non di uno debole e inefficace. Dato che le minacce più recenti alla civiltà sono state Hitler e Stalin, ci aspettiamo che la prossima assuma la forma di un dittatore”. Così inizia il commento di Janan Ganesh sul Financial Times. Secondo Ganesh, questo timore è infondato dato che la storia del genere umano è “una storia di anarchia, non di tirannia”. “I liberal occidentali dovrebbero cambiare i loro incubi di conseguenza. Preoccuparsi degli uomini forti può avere senso finché Donald Trump prepara il suo ritorno. Ma la tendenza è verso la frammentazione e il caos. Ancora una volta, i pionieri sono gli Stati Uniti. In un paese più che diviso, né i democratici né i repubblicani possono costruire un’egemonia elettorale come quella che ha consentito il New Deal, la rivoluzione Reagan e altre riforme necessarie nel secolo scorso. Ad accentuare questo problema è una parte della popolazione – vasta seppure minoritaria – che non riconosce la legittimità del presidente Joe Biden o non rispetta la sanità pubblica. Per capire quanto sia difficile raggiungere alcuni elettori, considerate che un terzo degli americani sono a favore della secessione del loro stato dall’unione (…) Questa è sia una ragione di ottimismo che di preoccupazione. Anche se un tiranno riuscisse a conquistare il potere con un colpo di stato, un paese così diviso e irritabile non riuscirebbe a resistere a lungo al suo controllo. L’esito più plausibile è quello di un’America ingovernabile. Se il tema è l’entropia, l’Europa non si deve sentire esclusa.
In Francia, i partiti politici che hanno dato forma alla Quinta Repubblica si sono rimpiccioliti con grande rapidità e il Parlamento oggi pullula di radicali. Una presidenza a cui Charles de Gaulle aveva dato dei poteri quasi monarchici è stata occupata da due leader poco incisivi che hanno governato per solo un mandato (Nicolas Sarkozy e François Hollande), un uomo che ha rinunciato alle riforme economiche fin dall’inizio (Jacques Chirac) e un altro, Emmanuel Macron, che finora ha ottenuto dei risultati molto limitati. Cos’è più probabile: che tutti questi leader siano degli scemi, o che il paese sia difficile da governare come non mai? Almeno in Francia l’instabilità fa parte della memoria nazionale. I britannici sono meno preparati allo sgretolamento dell’ordine politico. Il Regno Unito ha avuto lo stesso numero di primi ministri tra il 13 luglio 2016 e oggi, che tra 2 maggio 1979 e il 27 giugno 2007. Al momento c’è una corrente separatista in Scozia, una crisi in Irlanda del Nord, e quella che appare essere l’inizio della fine della pace industriale. Le convenzioni etiche non scritte sono state polverizzate da un primo ministro che se ne infischia delle regole. Questo mostra quanto lui sia demagogico, certo, ma anche quanto sia debole la struttura della vita pubblica. La maggioranza di 80 seggi si è rivelata impotente contro i sindacati e i Nimby (i contrari a prescindere, ndt), a dimostrazione di come il pericolo non sia la concentrazione del potere ma la sua assenza. A questo punto, molti diranno che il caos è esattamente ciò che crea le condizioni per un Cesare o un Napoleone: ovvero per la sospensione delle convenzioni democratiche. Ma non c’è nulla a indicare un rapporto causa effetto. L’Italia ha avuto per gran parte del secolo una politica instabile, e ostile alle riforme, che non è mai degenerata in un governo autoritario. Nella storia gli Stati Uniti hanno avuto quattro assassini e una guerra civile, ma nemmeno un dittatore (…) ‘Potrebbe succedere qui’, dicono i profeti di un futuro fascista, come se tutti noi stessimo trascurando questa possibilità. In verità, sono loro a non avere sufficiente immaginazione. I grandi dittatori del ventesimo secolo hanno un’influenza così profonda sul pensiero occidentale, da renderlo insensibile a tutti gli altri pericoli per la nostra civiltà. Se delle menti fini come Philip Roth e Aldous Huxley hanno sostenuto che un futuro cupo dovesse essere per forza totalitario, è comprensibile che io stia umilmente commettendo lo stesso errore. Essere realmente attenti significa avere paura di un governo debole così come di uno minaccioso”.
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