Dopo Johnson, Draghi. Kiev ora si sente più sola e teme cedimenti ai russi Commento di Gianni Riotta
Testata: La Repubblica Data: 15 luglio 2022 Pagina: 23 Autore: Gianni Riotta Titolo: «Dopo Johnson, Draghi. Kiev ora si sente più sola e teme cedimenti ai russi»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 15/07/2022 a pag.23 con il titolo "Dopo Johnson, Draghi. Kiev ora si sente più sola e teme cedimenti ai russi", il commento di Gianni Riotta.
Gianni Riotta
Mario Draghi
Le notizie non sono buone oggi. Sul fronte, a Vinnytsia, missili russi hanno ucciso 21 persone, fra cui tre bambini, a Kiev le autorità parlano di “crimine di guerra” ma anche sul fronte diplomatico e delle alleanze aria di guai. Davanti all’ambasciata britannica un gruppo di ragazze manifesta con la bandiera Union Jack e cartelli a favore dell’ex premier inglese Boris Johnson, «Dite quel che volete di lui - lamenta una studentessa - ma era un nostro amico fidato, dal primo momento» e un consigliere militare Ue, che preferisce restare anonimo, conferma, passeggiando davanti le foto dei caduti di piazza Maidan: «L’uscita di scena di Johnson, la sconfitta del presidente francese Macron alle elezioni parlamentari, con la sinistra di Mélenchon, assai meno ostile a Mosca, a farsi determinante e ora la crisi italiana con i 5 Stelle contro Draghi, rimbalzano male qui. Zelensky teme di perdere amici fidati. Un governo italiano fatto di ministri che chiedono meno sanzioni contro il Cremlino, che temono l’aumento del costo del carburante più della fine della democrazia a Kiev, farebbero presto rimpiangere sia Draghi che i ministri Di Maio e Guerini, sempre filo occidentali». Allo storico caffè Paul, in via Yaroslaviv Val, di fronte all’Accademia Teatrale Franko la deputata Daria Volodina, 31 anni, ex giornalista incaricata dal suo Parlamento di tenere i rapporti con l’Italia, chiede notizie «Che succede a Roma? Sono possibili cambi di alleanze? L’Italia non ammorbidirà le sanzioni europee vero? Noi contiamo su di voi per i profughi, gli orfani, i senzatetto ». E all’Università di Kiev, nello scantinato della Scuola di Giornalismo dove ha sede il progetto contro la disinformazione Stop Fake, varato nel 2014 per monitorare la guerra psicologica russa nel Donbass, il direttore Ruslan Deynychenko mostra i dati raccolti online in varie lingue, compreso l’italiano: «Il vostro paese è al centro del conflitto di informazione del Cremlino, siasu pandemia Covid-19 che dal 2021, preparando l’invasione russa contro di noi. I media di Mosca provano a dividere la vostra opinione pubblica, contando sui leader e sulle reti populiste e nazionaliste, tv e stampa. La crisi del governo Draghi, e il ritorno al potere di forze antieuropee e filorusse, sarebbero assai gravi per noi».
A guerra aperta, nel corso del 2022, per il presidente Zelensky si potrebbe delineare un quadro difficile, che un veterano consigliere diplomatico Usa sintetizza a Repubblica : «Se il presidente Biden perde le elezioni di Midterm a novembre e non controlla più il Congresso, è possibile che i 4 miliardi di aiuti indollari, stanziati fin qui, non siano rinnovati o ritardino fino al 2023. Con inflazione alle stelle e recessione alle porte, euro e dollaro in parità, i 6,2 miliardi da versare a Kiev entro settembre saranno approvati di certo? O al Congresso prevarranno le posizioni neutraliste?». Nella villa di periferia che, per evitare i bombardamenti, ospita in questi giorni gli uffici della vicepremier Irina Vereshchuk, un funzionario esamina preoccupato il tabulato economico che fa da contraltare alle battaglie in campo: «L’Ucraina ha bisogno di 9 miliardi di euro al mese dai paesi amici, per turare i buchi di bilancio. Già neabbiamo chiesti fra cinque e sei, da soli non ce la faremo di certo». Boris Johnson battuto, Biden, Macron e Draghi alle corde, Kiev guarda il mondo, fra un raid aereo e l’altro, e il fronte diplomatico non la rassicura. Il saggio stratega Oleksiy Melnyk sintetizza l’umore della capitale: «Zelensky è grato all’Italia, al presidente Mattarella, al premier Draghi. Le analisi dei social media, i talk show, troppi analisti filorussi spesso fan parlare dell’Italia come del paese più amico del Cremlino nell’Ue. Invece siete stati leader contro l’aggressione russa e vi dobbiamo un grazie collettivo». Un diplomatico ucraino, ora a capo di una task force al Ministero degli Esteri, conclude preoccupato: «Zelensky ha appena sostituito l’ambasciatore a Berlino, sgradito ai tedeschi. Normale routine, si è detto, ma in realtà un gesto di distensione. Sappiamo però che tante voci, quelli che chiamano sottovoce Putinversteher, gli amici di Putin, agiscono intorno alcancelliere Scholz e, soprattutto, al presidente Steinmeier. I circoli legati a Putin e all’ex cancelliere Schroeder sono attivi in Germania, sia in politica che tra gli imprenditori. L’Italia è punto di equilibrio, perderlo sarebbe negativo». Ieri ci sono stati allarmi e raid, da Kiev a Odessa, dal Donbass alla strage di Vinnytsia. Valla Stoinanova, capo del Dipartimento Agricoltura, ora sotto l’egida della Difesa del Mar Nero, segue la trattativa sul grano Onu-Ucraina-Russia, per sbloccare i silos fermati dalla guerra e sfamare mezzo mondo, «Contavamo sull’Italia per questa difficile trattativa, che succede adesso?». Zelensky e lo stato maggiore preparano la controffensiva militare per riconquistare la città di Kherson e mettere pressione, a sud da Odessa e a est dal Donbass, a Putin, che insiste nella guerra di attrito e bombardamenti da terra bruciata. Ma per liberare le zone occupate agli ucraini servono, oltre le armi, alleati sicuri alle spalle e per questo, ogni movimento delle capitali, Londra, Washington, Parigi, Berlino viene seguito con ansia: ora è il turno di Roma.
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