Biden alla riconquista di Israele e Arabia Saudita. 'Minaccia Mosca-Teheran' Analisi di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 14 luglio 2022 Pagina: 1 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Biden alla riconquista di Israele e Arabia Saudita. 'Minaccia Mosca-Teheran'»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 14/07/2022, con il titolo "Biden alla riconquista di Israele e Arabia Saudita. 'Minaccia Mosca-Teheran' " l'analisi di Fiamma Nirenstein.
Fiamma Nirenstein
Joe Biden con Herzog e Lapid
Da Gerusalemme Joe Biden ha intrapreso ieri la strada della costruzione di uno schieramento mediorentale, arabo e israeliano in contrapposizione all'asse russo che, nell'area, fa perno sull'Iran. Nel mezzo della nuova Guerra Fredda il presidente degli Stati Uniti, in visita in Israele da ieri, ha cercato di combattere l'immagine di una amministrazione debole segnalando determinazione, ma anche sentimento e sincerità. Biden ha segnalato che in Israele si trova fra i suoi amici cari, che combatte per la stessa casa democratica. Qui, ha abbandonato ogni stilema di realpolitik, ma dovrà recuperarlo fra due giorni in Arabia Saudita andando a visitare e a riabilitare Mohammed Bin Salman, il principe saudita che aveva espulso dal consesso dei leader frequentabili dopo l'assassinio di Kashoggi in Turchia. Adesso, gli è necessario rovesciare la decisione per garantire petrolio ed equilibrio internazionale, e per controbilanciare il potere russo in Medio Oriente. Biden si è presentato come un democratico vecchio stile, pre-Obama, e non come un democratico «woke». Sin dall'aeroporto Ben Gurion, scendendo regalmente e un po' senilmente sul tappeto rosso da Air Force One, è apparso più simile a Bill Clinton che al suo maggiore sponsor politico: ai dignitari israeliani che lo aspettavano, dal presidente della Repubblica Isaac Herzog al primo ministro Yair Lapid al capo dell'opposizione Bibi Netanyahu (cui ha detto «You know that I love you», lo sai che ti voglio bene, celebrando un vecchio rapporto) Biden ha parlato anche di rapporto indistruttibile, di impegno definitivo per la sicurezza di Israele: un tributo alla storia e all'approdo del popolo ebraico in Israele, all'insegna dello slogan «non c'è bisogno di essere ebreo per essere sionista». Una dichiarazione ripetuta durante le sue dieci visite a partire dagli anni Settanta quando incontrò Golda Meir, e poi Rabin, e poi Shimon Peres. Scelta coraggiosa in un'epoca in cui le manipolazioni propagandistiche hanno fatto del sionismo un'icona dei peggiori vizi della storia:il colonialismo, l'apartheid. A Yad Va Shem, piegato su due donne sopravvissute alla Shoah, ha ascoltato con passione e competenza la loro testimonianza. Ha visitato anche una piccola mostra sulle armi più avanzate di difesa israeliane, costruite in partnership con gli Usa: un invito per i sauditi, che Biden sta per incontrare, a capire quanta sicurezza può dare un sistema di difesa integrato, magari nella ormai famosa «Nato araba» di cui farebbe parte anche Israele. L'Iran è il protagonista silenzioso della visita, solo nelle segrete stanze si parla della determinazione americana ad arrivare a un accordo che Israele considera fatale, e anche della determinazione che sarà necessaria quando l'Iran avrà raggiunto il suo fine, la bomba atomica. «L'unica cosa peggiore dell'Iran attuale è un Iran con le armi nucleari - ha detto il presidente americano alla tv israeliana - È stato un errore enorme uscire dall'accordo». Biden non parla di guerra, mentre da lontano Iran e Russia (che nega di aver comprato droni iraniani) intervengono sulla sua visita. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov è minaccioso: «Speriamo che le relazioni di Riad con le altri capitali del mondo non siano volte contro di noi...». Ebraim Raisi, primo ministro iraniano, insiste: «Le visite di funzionari americani (!) con l'obiettivo di rafforzare la posizione di Israele e sostenere la normalizzazione dei rapporti fra israeliani e paesi della regione, non garantiranno la sicurezza dei sionisti». Intanto Putin annuncia che il 19 a Teheran incontrerà anche l'Ayatollah Khamenei oltre ai suoi omologhi iraniano, turco e del Qatar. Biden sull'Iran oggi forse dirà se ha sostituito nel suo cuore il disegno, inutile, di un sistema mondiale che guadagni stabilità da un patto con l'Iran con quello di un grande patto di Abramo, che agli Usa sarebbe molto utile per i rifornimenti energetici. Sarebbe bello, ma Biden è sempre lui anche se è simpatico: le decisioni forti non gli si confanno.