Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/07/2022, a pag. 27, con il titolo "Come finanziare la pace", l'intervento di Ronald S. Lauder, Presidente del World Jewish Congress.
Ronald S. Lauder propone un nuovo vasto Piano di aiuti diretto agli arabi palestinesi sul modello del Piano Marshall, che negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale fu decisivo per risollevare le economie dei Paesi europei. Lauder dimentica però che il Piano Marshall è stato efficace perché è venuto dopo la sconfitta del nazismo e del fascismo, mentre l'estremismo islamista e antisemita in Medio Oriente non è ancora sconfitto. Inoltre gli arabi palestinesi già oggi ricevono aiuti massicci, per esempio tramite l'agenzia Onu dedicata, l'Unrwa, tramite cui un fiume di denaro passa direttamente nelle mani di chi finanzia il terrorismo e l'educazione all'odio antisionista e antisemita. Non c'è davvero bisogno di un'altra sorgente di finanziamenti per terroristi e odiatori della pace.
Ecco l'articolo:
Ronald S. Lauder
Caro Direttore, questa settimana il presidente degli Stati Uniti Joe Biden compie quello che molti ritengono essere il più importante viaggio all’estero della sua presidenza: una visita in Medio Oriente che lo porterà in Israele, nei Territori palestinesi e in Arabia Saudita. Il viaggio servirà in parte a far capire al grande produttore di petrolio, il regno saudita, che gli Stati Uniti manterranno il ruolo di stretto alleato in questo momento di difficoltà e in parte a rinsaldare i rapporti con Israele. L’ultima visita ufficiale di Biden nella regione risale a sei anni fa, quando era vicepresidente di Barack Obama. Il Presidente troverà la regione molto cambiata, in virtù delle recenti alleanze strette da Israele con i suoi vicini arabi. Resta però irrisolto un annoso problema: il conflitto fra israeliani e palestinesi si trascina da talmente tanto tempo che molti sono convinti che non si risolverà mai. Io non sono d’accordo. Non credo che si tratti di una questione irrisolvibile. Per quanto possa sembrare improbabile, credo che questo sia il momento giusto per una nuova e coraggiosa iniziativa in grado di portare a una pace stabile ed equa che potrebbe cambiare la fisionomia dell’intero Medio Oriente. A me piace chiamarla “il nuovo Piano Marshall per i palestinesi”. Il Piano Marshall – che prende il nome dal segretario di Stato del Presidente Truman, George C. Marshall – diede impulso alla ricostruzione dell’Europa, Italia compresa, devastata dalla seconda guerra mondiale. A me pare di vedere un parallelismo con i palestinesi, che soffrono da più di settant’anni e hanno visto speranze e promesse svanire più volte nella disperazione. A rendere opportuno questo momento è l’incredibile trasformazione dei rapporti fra Israele e un numero crescente di paesi arabi – Bahrein, Marocco, Emirati Arabi Uniti – dovuta agli accordi di Abramo. Altri paesi hanno informalmente dichiarato che, se si risolvesse la questione palestinese, prenderebbero in seria considerazione un accordo con Israele. Io credo che un nuovo piano Marshall potrebbe segnare la fine della situazione di stallo e dare ai palestinesi una nazione stabile, pacifica e prospera.
· Proprio come il piano Marshall ha dotato l’Europa di una solida base economica, è assolutamente vitale che i giovani palestinesi nutrano speranza verso il proprio futuro.
· Si potrebbe assegnare una somma fissa di denaro ai giovani imprenditori perché creino nuove piccole imprese: alberghi,ristoranti, edilizia residenziale.
· Il denaro dovrebbe essere attentamente monitorato e, qualora le imprese avessero successo ma richiedessero un ulteriore aiuto finanziario, si potrebbe fornire altro denaro fino al raggiungimento dell’indipendenza.
· Al finanziamento dovrebbero partecipare gli Usa, l’Europa, i paesi arabi del Medio Oriente e soprattutto Israele.
I palestinesi avrebbero molto da guadagnare dal raggiungimento dell’indipendenza economica, e altrettanto vale per Israele.
Vorrei proporre al presidente Biden di illustrare, nei suoi prossimi incontri, questa road map:
· Fissare una data per i colloqui fra tutte le parti interessate, finanziatori compresi, in modo da sedersi tutti attorno a un tavolo e dare avvio al processo.
· Istituire, con il consenso di tutte le parti, un ente preposto al monitoraggio e alla gestione dei fondi.
· Stabilire obiettivi assoluti e chiaramente definiti e date precise. Le scadenze hanno un’importanza cruciale.
· Un primo finanziamento strettamente monitorato potrebbe servire come fondamento per le fasi successive del piano. Un monitoraggio meticoloso è vitale per la riuscita del piano.
I critici potrebbero sostenere che l’Europa, ai tempi del piano Marshall, era diversa dal Medio Oriente, come mentalità e temperamento. Nemmeno su questo punto concordo. Il piano intervenne in un’area caratterizzata da odi viscerali e di lunga data. Durante l’attuazione del piano si verificarono continuamente dei problemi; gli amministratori, competenti e rigorosi, li risolsero a mano a mano che si presentavano. Ci serviranno nuovamente uomini e donne capaci di fare altrettanto. L’agenda del presidente Biden è fitta di temi: c’è la questione energetica globale, ci sono guerre, conflitti e preoccupazioni economiche; inoltre, nella regione che si appresta a visitare si sono succedute guerre fin da quando molti di noi hanno memoria. Eppure, le opportunità più inaspettate si presentano proprio in tempi all’apparenza improbabili come questi. Nel 1945, l’Europa stabile e prospera che abbiamo conosciuto dal secondo dopoguerra in poi non era affatto una prospettiva scontata. Lo è diventata quando il potere è finito nelle mani dei costruttori di ponti. Questo potrebbe essere di nuovo uno di quei momenti.
(Traduzione di Alessandra Neve)