Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/07/2022 a pag.14-15 con i titoli "Da Israele all’Italia la scommessa Usa del gas per fare a meno di Putin", "Biden avverte l’Iran: 'Pronti a usare la forza per fermare l’atomica' " due servizi di Paolo Mastrolilli.
Ecco gli articoli:
"Da Israele all’Italia la scommessa Usa del gas per fare a meno di Putin"
Paolo Mastrolilli
Non c’è solo il petrolio nell’agenda energetica della missione di Joe Biden in Medio Oriente, ma anche un delicato risiko del gas che riguarda direttamentel’Italia. È ovvio che con l’inflazione arrivata al 9,1%, il capo della Casa Bianca ha assoluto bisogno che Arabia Saudita e Paesi del Golfo aumentino la produzione di greggio. Punta a 750mila barili in più al giorno da Riad e 500mila dagli Emirati, che dovrebbero arrivare sui mercati prima delle elezioni midterm di novembre, ammesso che riescano ad avere un impatto immediato sui prezzi e quindi sull’esito del voto. Allo stesso tempo, però, Washington vuole anche aiutare l’Europa a raggiungere l’indipendenza energetica dalla Russia, e ciò impone di lavorare sul gas oltre al petrolio. L’intero sistema Italia è impegnato su questo fronte, dai presidenti Mattarella e Draghi, ai leader delle nostre compagnie energetiche, che hanno ricevuto la richiesta di dare priorità assoluta ai rifornimenti del paese. Per l’immediato, in vista del prossimo inverno, i nostri stoccaggi di gas sono pieni al 64%, la Snam ha acquistato le due navi rigassificatrici BW Singapore e Golar Tundra per usare Gnl, e gli accordi firmati con l’Algeria, ma anche Angola, Qatar, Azerbaijan e in prospettiva Mozambico, ci mettono in buona posizione. L’obiettivo indicato dal ministro Cingolani però è superare la dipendenza dalla Russia entro il 2023, e ciò significa rimpiazzare tutti i 30 miliardi di metri cubi all’anno che riceviamo da Gazprom, diventati ancorapiù urgenti dopo l’annuncio di ieri su Nord Stream. Da questo punto di vista diventa molto importante il progetto in discussione nel governo per raddoppiare il gasdotto Tap, che porta in Puglia le forniture dal Caucaso, e il lavoro sul giacimento egiziano Zohr e quelli israeliani Tamar e Leviatano. Il gas dello Stato ebraico va già al Cairo, che poi lo esporta in Europa, però tutti vorrebbero una connessione diretta attraverso una nuova pipeline. Prima di costruirla, c’è un problema di sicurezza da risolvere col Libano. Infatti sembrava tutto fatto, per lo sfruttamento dei giacimenti israeliani, ma qualche tempo fa Hezbollah ha mandato tre droni sulla loro zona. Non erano armatie sono stati facilmente abbattuti, ma era un segnale. Allora Israele ha chiesto al governo libanese, ma anche all’Italia, di aiutarlo a chiarire la situazione con Hezbollah. La delegazione di Biden potrebbe trattare discretamente la questione durante la visita in corso, attraverso il suo uomo chiave per questo dossier che è il consigliere del Dipartimento di Stato per l’energia Amos Hochstein. In cambio della sicurezza il Libano dovrebbe ricevere del gas, e anche la Siria, via Egitto: gas israeliano, ma formalmente acquistato dal Cairo. Per il gasdotto invece il nodo è se costruire il nuovo EastMed della Edison, per collegare i giacimenti dello Stato ebraico all’Europa passando da Cipro, Creta eGrecia, oppure se usare le infrastrutture della Turchia. L’Italia non sarebbe contraria alla nuova pipeline, magari collegandola nella parte finale alla Tap, per evitare di dover costruire un altro punto di approdo in Puglia vicino a Otranto. La Turchia però non vuole, e ha detto che l’unica ragione per fare EastMed sarebbe escluderla a favore della Grecia, mentre passare dal suo territorio sarebbe più facile e conveniente. Nel gennaio scorso gli Usa hanno ritirato l’appoggio alla nuova pipeline, proprio perché non vogliono altri turbamenti nel Mediterraneo, ma gli israeliani non si fidano troppo di Ankara, e gli europei temono di passare dalla padella russa alla brace turca. Lo Stato ebraico conta di raddoppiare la sua produzione di gas entro il 2026, ma sa che è una fonte di transizione verso le rinnovabili. Quindi vuole che la nuova pipeline sia compatibile con l’idrogeno, di cui intende diventare grande produttore. Inoltre punta a trasformarsi in hub delle rinnovabili, esportando anche il fotovoltaico della Giordania, terzo produttore mondiale che sta ampliando i suoi progetti, e magari dell’Arabia Saudita. Un delicato risiko su cui si giocano gli equilibri futuri dell’energia, emarginando ancora di più la Russia, che magari può cambiare la rotta delle petroliere, ma dovrebbe ricostruire la rete delle infrastrutture per esportare il suo gas in Asia, e ha commesso il grave errore di non preparare la diversificazione in vista della transizione verso le rinnovabili.
"Biden avverte l’Iran: 'Pronti a usare la forza per fermare l’atomica' "
La firma degli Accordi Abramo
Gli Usa continuano a puntare sul rilancio dell’accordo nucleare con l’Iran, ma se Teheran lo rifiutasse e la forza rimanesse l’unica opzione per impedirle di avere l’atomica, Biden sarebbe pronto ad usarla. Lo ha detto lo stesso presidente, rispondendo alla domanda di Yonit Levi per un’intervista con Channel 12 :«Sì, lo farei, se fosse l’ultima risorsa disponibile». L’avvertimento del capo della Casa Bianca è coerente con la “Dichiarazione di Gerusalemme” che oggi farà col premier israeliano Yair Lapid, in cui i due Paesi si impegneranno ad usare «tutti gli elementi del proprio potere nazionale contro la minaccia nucleare iraniana». Biden ha detto che resuscitare l’accordo firmato da Obama è ancora la soluzione migliore, perché la decisione di Trump di abbandonarlo ha raggiunto solo il risultato di avvicinare gli ayatollah all’atomica. Però non è disposto a farlo a tutti i costi, confermando che se Teheran ponesse come condizione di togliere la Guardia rivoluzionaria dai gruppi terroristici, lui si rifiuterebbe. Fonti della Casa Bianca ribadiscono che «l’accordo di Vienna è sul tavolo, ora tocca all’Iran decidere se accettarlo». Ma in caso contrario, Biden è pronto anche ad usare la forza, se fosse l’ultima opzione rimasta per impedire agli ayatollah di ottenere l’arma nucleare. Questa determinazione serve a rassicurare Israele, mentre gli Usa discutonocon l’Arabia Saudita e altri Paesi del Golfo un sistema di difesa aerea comune contro Teheran. Un passo che potrebbe avvicinare Riad agli Accordi di Abramo, e magari favorire la ripresa dei negoziati con i palestinesi. Non a caso ieri il presidente ha visitato le strutture di “Iron Dome” e la nuova difesa laser “Iron Beam”. Arrivando all’aeroporto di Tel Aviv, Biden ha ribadito di ritenereche «la soluzione dei due Stati resta la migliore». Però gli Usa non sono pronti a presentare un piano di pace calato dall’alto, e neppure a riaprire il consolato palestinese a Gerusalemme. Il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha detto che questo resta l’obiettivo, ma poi il portavoce Kirby lo ha corretto chiarendo che la linea di Washington «non è cambiata». Il presidente vedrà Abu Mazen domani, offrirà 100 milioni di dollari per gli ospedali palestinesi, aiuto per creare la rete 4G, e offrirà assistenza per la ripresa del negoziato, se le parti lo vorranno. La dichiarazione conterrà anche un impegno ad aiutare l’Ucraina a difendersi dalla Russia. Finora lo Stato ebraico ha tenuto una posizione prudente, per conservare margine di manovra con Mosca, ma Washington si aspetta nuovi impegni. Durante la chiamata con Narendra Modi nel formato I2U2, verranno offerti 2 miliardi di dollari all’India per superare l’emergenza cibo provocata da Putin. Biden ha concluso la prima giornata allo Yad Vashem, dove ha incontrato le sopravvissute all’Olocausto Rena Quint e Giselle Cycowicz. Sul libro dei visitatori ha scritto: «Non dobbiamo dimenticare perché l’odio non è maisconfitto, è solo nascosto».
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