Ucraina: media di Stato. Verso il declino degli oligarchi? Commento di Paolo Brera
Testata: La Repubblica Data: 12 luglio 2022 Pagina: 11 Autore: Paolo Brera Titolo: «Akhmetov, re degli oligarchi si piega a Zelensky. Allo Stato l’impero dei media»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/07/2022, a pag. 11, con il titolo "Akhmetov, re degli oligarchi si piega a Zelensky. Allo Stato l’impero dei media" la cronaca di Paolo Brera.
Rinat Akhmetov
Rinat Akhmetov non è più un “oligarca”. Ha offerto il capo, abbassata la spada: ora è ufficialmente diventato un miliardario semplice. Ieri mattina ha stupito tutti: lui che è il più ricco, è il primo ad assecondare la legge varata a settembre per «deoligarchizzare » l’Ucraina: per farlo ha deciso di rinunciare al suo impero nei media regalandone le chiavi allo Stato. Riavvolgiamo il nastro. Quando ancora la guerra non era iniziata, e l’Ucraina trotterellava in direzione dell’Unione europea, tra i compiti a casa che i partner occidentali assegnavano regolarmente al governo di Kiev c’era sempre quella nota dolente: dovete contrastare il potere arrogante e corrotto degli oligarchi. Per anni l’indicazione era caduta nel marasma di una politica ben impantanata nei suoi guai, ma l’anno scorso Zelensky lanciò un vero siluro: sponsorizzò una legge secondo cui entro sei mesi ogni oligarca avrebbe dovuto “deoligarchizzarsi”, un po’ come il famoso arcivescovo di Costantinopoli.
Zelensky, un eroe
Nessuno capiva bene cosa volesse dire, ma la legge varata dal Parlamento fissò per bene i paletti. Assegnava al “Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa” il potere di redigere un registro degli oligarchi. Ci sarebbero finiti i nomi di tutti coloro che possedessero almeno tre di queste quattro categorie: essere un magnate dei media, partecipare alla vita politica, detenere un monopolio e avere un reddito un milione di volte più elevato del costo minimo della vita, cioè 77 milioni di euro. Akhmetov poteva provare a dirsi estraneo solo alla politica attiva. Giocava dietro le quinte: le sue tv, i suoi giornali, non erano teneri affatto con Zelensky, che arrivò ad accusarlo di ordire un colpo di stato sponsorizzato da Mosca. «Ho preso la decisione forzata di uscire dalla mia società di investimento nel settore dei media. Questa settimana — ha annunciato ieri Akhmetov — Media Group Ukraine rinuncerà a tutte le licenze tv, satellitari e della carta stampata in Ucraina a favore dello stato. Spegneremo anche i media online dell’Università statale di Mosca». Una decisione «forzata», dice. Imposta «dalla legge “sulla prevenzione delle minacce alla sicurezza nazionale associate all’eccessiva influenza di persone che hanno un peso economico e politico significativo nella vita pubblica”», cioè appunto gli oligarchi. Lui, dice, «come maggiore investitore privato nell’economia ucraina» ha «ripetutamente affermato che non ero, non sono e non sarò un oligarca». Akhmetov è uomo accorto, un vero equilibrista tra i mondi, tra Kiev e Mosca e non solo. È un tataro, musulmano praticante, e fu il grande sponsor dell’allora presidente Yanukovich, il leale alleato di Putin. È il signore supremo della siderurgia ucraina, il padre del carbone e delle nuove energie; è il dominus del Donbass, il proprietario di quello che resta (cioè praticamente nulla) dell’Azovstal di Mariupol. È il proprietario dello Shakhtar Donetsk, e fino a ieri era il re dei media ucraini: «Il breve termine di sei mesi fissato dalla legge per la vendita, e l’aggressione militare russa contro l’Ucraina, non consentono di vendere a condizioni di mercato», dice. Per questo li cede allo Stato. «Da più di 20 anni abbiamo creato una media holding — scrive — composta da 10 canali televisivi e satellitari, risorseInternet, carta stampata e una moderna produzione mediatica. L’importo degli investimenti ha superato 1,5 miliardi di dollari» con «4.000 giornalisti e dipendenti». L’imperatore dei media posa scettro e corona, chinando il capo a un altro imperatore: il presidente Zelensky. È lui ad aver voluto la legge “deoligarchizzante”, primo governo a tentare quello che pareva impossibile. Molti, ancora oggi, pensano che non funzionerà. Che sia un bluff, che verrà aggirata. Ma oggi è un punto segnato sulla strada dell’Europa, e la presidenza ringrazia: «Vediamo un degno esempio dal gruppo di Akhmetov: la legge è uguale per tutti», dice il capo di gabinetto, Mikhail Podolyak. Il messaggio è chiaro: Akhmetov pensi pure agli affari, ma non provi più a condizionare la politica.
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