Israele, l’ultima nazione dell’Occidente
Analisi di Antonio Donno
La copertina (Rubbettino ed.)
“Israele: l’ultima nazione dell’Occidente” è intitolato uno dei capitoli di Quadrante occidentale, di Renato Cristin (Rubbettino, 2022), professore di Ermeneutica filosofica nell’Università di Trieste. Che cosa vuol dire Cristin con questo titolo? Israele è la nazione dell’Occidente che ha conservato, sviluppato e proiettato nel futuro i valori fondativi dell’Occidente, valori che l’Occidente va perdendo progressivamente: “Se […] l’origine spirituale dell’Occidente – scrive Cristin – consiste nella libertà e nella verità, Israele è in sintonia con la propria origine perché vive nella libertà e nella verità, mentre dal resto dell’Occidente l’origine è stata dimenticata” (p. 156); e, a differenza di Atene e Roma, che rappresentano soltanto il nome di un passato glorioso, Gerusalemme è “la cosa di un presente vivente” (ibid.). In queste due brevi citazioni è racchiusa tutto il profondo significato che Cristin attribuisce all’esistenza stessa di Israele, come espressione dell’interiorizzazione dell’amor di patria che è, allo stesso tempo, un dato religioso, morale, culturale e politico della sua popolazione in pace e in guerra.
Renato Cristin
Eppure, il resto dell’Occidente fa finta di non riconoscere in Israele la presenza di quei valori che hanno nutrito la sua civiltà fin dall’inizio e ha lasciato che in sé nascesse e si sviluppasse un odio crescente verso Israele, cioè verso se stesso. E così l’antisemitismo, che Cristin definisce “funzionale” alla distruzione di Israele e perciò dell’intero Occidente, è un processo di auto-eliminazione di un’intera civiltà: l’odio per il popolo ebraico è l’odio verso se stessi. È ciò che per tanto tempo i nemici dell’Occidente hanno sperato di ottenere: non vi sono riusciti in un conflitto durato secoli, vi stanno riuscendo attendendo con soddisfazione l’auto-immolazione del nemico. Così il “furore israeloclastico” (definizione di Cristin) finisce per essere un “furore occidentoclastico” (mia definizione), un desiderio coltivato nel tempo di vedere distrutta la civiltà occidentale e i suoi valori considerati negativi (in particolare, il capitalismo), secondo lo schema comunista e dei suoi discendenti. Cristin fa assai opportuno riferimento a Pierre-André Taguieff che parla di “islamo-nazismo”, di “islamo-comunismo” e di “islamo-gauchisme”.
L’odio verso l’Occidente si esprime al massimo grado nell’odio verso Israele, perché i suoi nemici sanno bene che Israele rappresenta oggi quel sistema di valori che l’Occidente va perdendo sotto l’incalzare dei suoi nemici esterni e delle forze alleate che prendono progressivamente possesso dei gangli vitali nei vari settori della cultura occidentale. A cominciare dalle istituzioni internazionali, che hanno posto Israele sotto un attacco continuo e forsennato, nel quale i progressisti occidentali, ergendosi a difensori della causa palestinese, lavorano alacremente per smontare pezzo per pezzo i principi basilari della civiltà occidentale. Per questo motivo, Israele, che oggi è il centro che incarna la verità di questi principi, è sotto attacco costante.
Dopo le ripetute sconfitte militari, alcuni Paesi arabi sono addivenuti agli Accordi di Abramo con Israele, accettando di fatto la sua esistenza: “[…] Il re arabo-islamico-palestinese – scrive Cristin – è nudo, ma l’ideologia antisionista occidentale continua a rivestirlo” (p. 175). Con tutto ciò, il popolo israeliano ha interiorizzato questa minaccia perché possiede “[…] un’identità forgiatasi nei millenni e affermata sempre con orgoglio, a dispetto delle sventure che ha dovuto subire, soprattutto in Europa, da popoli fratelli ma, per molto tempo, ottenebrati da odii e ideologie” (p. 176). Di conseguenza, il popolo israeliano ha imparato a vivere con il terrore, non nel terrore, conclude Cristin nel suo splendido capitolo. A differenza di molti Paesi occidentali, Israele ha una radicata coscienza identitaria e, quindi, nazionale. È una solidissima base per il suo futuro, e per l’ebraismo internazionale. La ragione è così sintetizzata da Cristin: “Israele è riuscito a sfuggire all’oblio dell’origine e, anzi, ha fatto dell’originario la rampa di lancio con cui il presente viene difeso e proiettato nel futuro” (p. 157).