Nella Russia di Putin parlare di guerra è un crimine Commento di Marco Imarisio
Testata: Corriere della Sera Data: 10 luglio 2022 Pagina: 24 Autore: Marco Imarisio Titolo: «Nella Russia di Putin parlare di guerra è peggio di uno stupro»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/07/2022, a pag.24, con il titolo "Nella Russia di Putin parlare di guerra è peggio di uno stupro", il commento di Marco Imarisio.
Marco Imarisio
La Russia sta diventando un Paese dove chiamare le cose con il loro nome è diventato un reato più grave della violenza carnale o dell’omicidio. Venerdì scorso, il tribunale distrettuale di Mosca ha condannato il consigliere municipale Alexej Gorinov a sette anni di carcere duro per avere propagato «false informazioni» sull’esercito, definendo «una guerra» la cosiddetta Operazione militare speciale. Un anno in più del massimo della pena previsto per i colpevoli di stupro. O per un assassino al quale vengano concesse le attenuanti generiche. Adesso che c’è una prima volta, tutto appare ancora più assurdo. L’applicazione della nuova legge sulla censura, approvata lo scorso marzo dalla Duma, in fretta e furia e all’unanimità, 411 voti favorevoli a zero, rivela la brutalità di un sistema costruito per reprimere ogni forma di dissenso. Accadde all’inizio di aprile. Il Consiglio di Mosca era riunito per discutere la proposta della maggioranza che prevedeva l’istituzione di una gara di disegno tra tutti i bambini delle scuole elementari e di un nuovo Festival di danza. Gorinov, che nella vita fa l’avvocato, chiese la parola.
Un fotomontaggio
«Gli sforzi dell’intera società russa, della quale noi facciamo parte, dovrebbero essere mirati a fermare la guerra e a far ritirare le nostre truppe dal territorio dell’Ucraina». Disse questo, e tre giorni dopo fu arrestato. La sua collega Elena Kotenochkina, che l’aveva spalleggiato in aula, è da quel giorno latitante all’estero. La parola guerra non esiste. È scomparsa da ogni servizio televisivo, da ogni discorso, obbligando i principali esponenti del potere russo a discrete contorsioni verbali. A volte, i sinonimi finiscono. Anche per Vladimir Putin, che nel suo recente discorso al Parlamento ha usato quel termine proibito per ben due volte. Certo, non era riferito direttamente all’Ucraina. Ma non lo aveva mai fatto. Solo i pochi media indipendenti ancora su piazza hanno rilevato questo inedito cedimento semantico. Non si tratta di una semplice questione lessicale, come appare ben evidente. Ci sono almeno cinquanta persone nella condizione di Gorinov, in attesa di un giudizio scontato e severo. Almeno altre duemila hanno ricevuto pene minori per aver reso pubblica la loro contrarietà alla cosiddetta Operazione militare speciale, che più passa il tempo e più diventa permanente, come dimostrano i provvedimenti presi di recente dal Cremlino per aumentare il numero delle persone arruolabili nell’esercito. Alla lettura della sentenza, Gorinov ha mostrato un cartello sul quale era scritto «Vi serve ancora questa guerra?». Chissà cose ne pensano i difensori nostrani di Putin.
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