Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 04/07/2022, a pag. 10, con il titolo "Cade Lysychansk il Lugansk è dei russi. Kiev: 'Per salvare vite costretti a ritirarci' " la cronaca di Paolo Brera; con il titolo 'Ricostruiremo l’Ucraina come il Kuwait dopo Saddam' l'intervista di Floriana Bulfon.
Ecco gli articoli:
Paolo Brera: "Cade Lysychansk il Lugansk è dei russi. Kiev: 'Per salvare vite costretti a ritirarci' "
Lysychansk
L’urlo di guerra dei ceceni è una corona di fumo intorno ai laghi di Sloviansk. È l’ora di pranzo, in città gli allarmi sono continui ma non è un giorno come gli altri. La terra trema per le esplosioni, oggi si muore facendo la spesa e cucinando la zuppa. I russi bombardano il mercato Zaliznychnyy Rynok. Fumo e fiamme dappertutto, il negozio di giochi per bambini è sventrato, di corsa in ospedale con la signora ferita alla gola, c’è sangue ovunque sulla jeep del soldato Misha. Centrano palazzi in cui si campa senz’acqua e gas, sfondano casette private tra orti di cetrioli e pomodori. Sei morti e 15 feriti, una famiglia falciata via con una ragazzina di 11 anni. È qui, a Sloviansk, che ora i russi portano terrore e arrembaggio. È già domani, nella guerra del Donbass. Queste spire nere che puzzano di bruciato e si levano tra le case basse e i palazzoni sovietici, tra i boschi e i villaggi qui attorno, sono il futuro prossimo di quest’invasione. Sono i russi che hanno appena conquistato Lysychansk e già guardano oltre; già avanzano inesorabili, metodici, puntuali. Ieri è caduto ufficialmente il sipario sulla regione di Lugansk: la conquista di Lysychansk e degli ultimi villaggi dell’oblast è stata proclamata dal ministro della Difesa russo Serhiy Shoigu. Zelensky ha provato a smentire l’evidenza, ma in serata è arrivata la conferma dello Stato maggiore ucraino. «Ricostruiremo le mura e riconquisteremo la terra e questo vale anche per Lysychansk, dove – ha detto il presidente – torneremo grazie alle nostre tattiche, aumentando la fornitura di armi moderne». Era finita da giorni, in realtà. Gli ucraini hanno rallentato e reso cara la conquista, lasciando in città «gruppi di sabotatori», racconta un soldato, per coprire la ritirata. Ieri i ceceni hanno preso anche i villaggi vicini: Beilohorivka e Novodruzhesk, Maloryazantsev e Bila Gora. Ma prima ancora delle conferme ufficiali di questo primo obiettivo strategico colpito e affondato dal Cremlino – la conquista dell’intero territorio rivendicato dalla Repubblica popolare separatista di Lugansk – già il vento di morte aveva percorso i campi e le miniere puntando il prossimo obiettivo: Sloviansk. A pochi chilometri da qui c’è il capoluogo del Donbass ucraino: Kramatorsk. In centro a Sloviansk, Anja controlla che carichino poltrone e tavolini senza fare danni. «Chiudiamo, sì». Anche “Celentano”, uno degli ultimi caffè rimasti aperti in questa città che aveva centomila abitanti e ora ne avrà «al massimo ventimila», ha gettato la spugna. Qui era una viavai di militari, ma «ormai è troppo pericoloso, abbiamo resistito anchetroppo». Davanti al supermercato, Larissa piange lacrimoni: «È una catastrofe, ci vogliono sterminare». È mattina di esplosioni continue ma nessuno fa una piega, «sono lontane, siamo abituati», dicono. E allora avanti così: c’è nonna Nadjezda, 72 anni, che cerca disperatamene di ritirare la pensione. Tutti i bancomat sono fuori uso. È venuta in auto coi vicini. Ma perché non se ne va, Nadjezda? «Mamma ha 96 anni, è malata, dove posso andare? Viviamo sole a Raigorodok, in casa non abbiamo né luce né acqua, ne gas né pane né aiuti umanitari». Una famiglia di vicini, racconta, se l’è portata via un colpo di mortaio nell’orto: «Natalja e Siroja, due fratelli, stavano spruzzando gli anticrittogamici insieme a Pavel, un amico». Le promettiamo di andare a dare un’occhiata, la seguiamo in auto ma a uncheck point ci fermano: «Non potete passare, oggi è troppo pericoloso lì, è la strada per Lysychansk». Loro proseguono, noi torniamo indietro. Un’ora dopo in quella direzione si alzeranno decine di nuvole di fumo. In città, tra le vie semideserte ci sono centinaia di militari. Natalja, 17 anni, vende il pane. Sirene d’allarme, bombe. Si ripara sotto un arco: «Ci lavora tutta la mia famiglia, rimarremo fino alla fine», dice. E dove vuoi che vada Dima Prishenko, 69 anni e un numero imprecisato di mucche: «Mia moglie non vuole che dica quante ne abbiamo, qualcuno potrebbe allungare le mani». Vende a bordo strada bottiglie di plastica riempite di latte: «In tre ore ho fatto 400grivna », una decina di euro. Denis e Dasha, 25enni, parrucchiere e shampista, se ne andranno «solo quando vedremo partire i poliziotti. Sono come i topi sulla nave, finché li vediamo sappiamo che non stiamo affondando». Liudmyla, 72enne ingegnere in pensione, ci ferma per strada: «Dove trovo uno di questi?», chiede indicando i giubbotti antiproiettile.
Floriana Bulfon: 'Ricostruiremo l’Ucraina come il Kuwait dopo Saddam'
Iryna Mudra, viceministra della Giustizia di Kiev
Vladimir Putin come Saddam Hussein: due invasori che pagheranno i danni di tasca loro. Per ricostruire l’Ucraina serviranno oltre 100 miliardi di dollari e le autorità di Kiev vogliono seguire il modello adottato per l’unica invasione della storia recente: l’attacco iracheno al Kuwait del 1991. Lo spiega Iryna Mudra, viceministra della Giustizia di Kiev, che oggi parteciperà a Lugano all’Ukraine Recovery Conference indetta per affrontare la rinascita del Paese. Con una proposta molto concreta: «La creazione di un meccanismo vincolante a livello internazionale per compensare l’Ucraina: affidare a una commissione l’esame delle richieste di risarcimento mentre i Paesi firmatari dell’accordo avranno l’autorità di confiscare i beni russi di proprietà statale e di trasferirli a unfondo per la ricostruzione».
A quanto ammontano i danni dell’invasione? «L’invasione ha provocato e continua a provocare immense sofferenze umane e ingenti distruzioni. Le nostre stime a fine maggio ammontano a 92 miliardi di dollari, ma purtroppo i danni aumentano ogni giorno. La Russia deve essere ritenuta responsabile: per questo tra le priorità c’è quella di avviare l’istituzione di una commissione per il risarcimento dei danni».
Lei pensa che questo processo debba essere gestito dalle autorità ucraine o da organismi internazionali? «Il presidente Zelensky ha creato un gruppo di lavoro che comprende personalità internazionali. Il modello a cui ci riferiamo è quello della Commissione per la compensazione delle Nazioni Unite, utilizzato per risarcire il Kuwait invaso dall’Iraq».
Lei propone che i Paesi firmatari dell’accordo abbiano l’autorità di confiscare i beni russi di proprietà statale e di trasferirli a un fondo appositamente creato? «L’accordo internazionale tra l’Ucraina e gli Stati interessati fornirebbe il quadro giuridico. E, se necessario, potrebbe promulgare una legislazione speciale sulla confisca, come è stato fatto dalCanada. Pure gli Stati Uniti hanno procedure molto avanzate e il Parlamento Ue ha chiesto di istituire uno strumento giuridico per finanziare la ricostruzione con i beni russi sequestrati».
Avete un’idea del valore dei beni sequestrati finora? «Temo non copriranno l’intero danno perché le riserve statali russe aggredibili nel mondo sono minime. Ci sono poi alcuni miliardi di dollari di proprietà degli oligarchi legati al Cremlino, beni privati sui quali è più difficile intervenire per la confisca».
L’Italia negli scorsi anni è diventata terra d’investimento e di vacanze di molti oligarchi putiniani. Lei è soddisfatta di quello che le autorità italiane stanno facendo ora per sequestrare questi beni? «Sappiamo che ci sono molti beni russi in Italia, ma finora non c’è stata alcuna confisca. Ogni Stato dell’Ue, Italia inclusa, dovrebbe compiere passi per arrivare a questa volontà politica comune».
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