Il modello di Putin è l'Urss Commento di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 30 giugno 2022 Pagina: 15 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Tra gli eroi dell'ultima Urss i modelli che ispirano Putin»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 30/06/2022, a pag. 15, con il titolo "Tra gli eroi dell'ultima Urss i modelli che ispirano Putin", l'analisi di Anna Zafesova.
Anna Zafesova
Vladimir Putin
Il monumento più segreto di Mosca è stato inaugurato nel bosco di Yasenevo, che nasconde dagli occhi indiscreti il quartier generale dello spionaggio estero russo, l'Svr. Il direttore Sergey Naryshkin l'ha dedicato a tutti gli agenti sotto copertura che hanno spiato per il Cremlino negli ultimi cento anni, «i loro nomi sono avvolti dal segreto». Ma il volto bronzeo del 007 russo non è quello, celebre, di Kim Philby o di Rudolf Abel, le leggendarie talpe del Kgb che hanno cambiato il corso della storia. A esser seduto pensieroso nell'erba di Yasenevo è Max Otto von Stierlitz, classe 1900, il più famoso infiltrato russo di tutti i tempi, che non è mai esistito nella realtà. Il fatto che nel pieno di una guerra devastante, che il Cremlino non è riuscito a vincere in buona parte grazie a informazioni di intelligence clamorosamente false, uno degli uomini più fidati di Vladimir Putin inauguri un monumento a una spia cinematografica, racconta forse della Russia più di quanto fosse nelle intenzioni dei suoi autori. Stierlitz è l'adorato protagonista di una quindicina di romanzi di Yulian Semyonov, e soprattutto di una serie televisiva, «I 17 attimi della primavera», che già durante la sua prima proiezione, nell'agosto del 1973, aveva fatto incollare agli schermi circa 80 milioni di spettatori sovietici, con un visibile calo del numero dei reati in coincidenza con le 12 puntate. Difficile trovare un russo sopra i 30 anni che non sia in grado di raccontare nei minimi particolari le gesta dello Standartenführer Stierlitz, coraggioso e intelligente infiltrato russo ai vertici del Terzo Reich. Un cast stellare composto dai più straordinari attori dell'epoca, l'elegante scenografia in bianco e nero, la regia decisa di Tatiana Lioznova, una musica commuovente e un plot avvincente nel quale i tedeschi per la prima volta venivano presentati non come stupidi mostri, ma come avversari intelligenti e raffinati: Stierlitz è entrato nella leggenda, e il monumento alle spie inaugurato da Naryshkin raffigura l'attore che lo ha interpretato, Vyacheslav Tikhonov, con il personaggio che diventa più vero dell'uomo che gli ha prestato il volto. Un cult in patria, quasi sconosciuto all'estero: la serie, autorizzata e supervisionata dall'allora capo del Kgb Yuri Andropov in persona, è una chiave per capire il mondo nel quale si erano formati Putin, Naryshkin e gli altri big del regime, che avevano guardato le avventure del James Bond sovietico quando erano giovani reclute dei servizi. Secondo Leonid Parfyonov, l'esperto russo di cultura pop sovietica, che alla serie di Lioznova ha dedicato un documentario, «era stata una grande operazione pubblicitaria del Kgb: non appariva più come polizia politica, anzi, mostrava che la guerra era stata vinta grazie allo spionaggio». La fascinazione per l'estetica nazista – veterani dello stesso Kgb ricordano che il film ha generato un boom di gruppi neonazisti – nascondeva, secondo lo storico Konstantin Zalessky, una metafora dell'Unione Sovietica, o almeno quello che avrebbe voluto essere. Negli Anni 70 il mito del comunismo era naufragato definitivamente: la supremazia materiale dell'Occidente era evidente prima di tutto agli agenti del Kgb, tra i pochi a poter viaggiare all'estero, e lo stesso Putin non ha mai nascosto il suo disprezzo per la povertà e lo squallore del «socialismo reale». Nei ranghi della nomenclatura la retorica comunista si recitava automaticamente in pubblico, mentre si sognava un'auto tedesca, e si criticava sottovoce il regime. Per lo scrittore Dmytry Bykov, Stierlitz è diventato «l'eroe principale dell'epica sovietica», anche perché chiunque – un dissidente come un ufficiale del Kgb – si sentiva un infiltrato, costretto perennemente a fingere di essere qualcun altro, «mentre si trovava in un mondo ostile, evidentemente condannato al collasso». La sensazione della fine di un impero, i cui ufficiali - costretti a inviare a Mosca rapporti ideologici e falsi quanto quelli che i 007 di Putin avrebbero 50 anni dopo mandato da Kyiv - ritrovavano una ragione d'essere nell'appartenenza a una tradizione nazionalista e autoritaria. Accanto ai carismatici gerarchi nazisti di Lioznova tra le figure più popolari della cultura pop cominciano ad apparire gli zar, e i romanzi «storici» intrisi di eccezionalismo russo di Valentin Pikul sono la lettura più alla moda degli Anni 70-80, insieme ai quadri del semiproibito pittore Ilya Glazunov, che dipinge santi e guerrieri d'altri tempi come se fossero icone. Stierlitz, un elegante intellettuale gentiluomo, talmente impeccabile da essere diventato anche il protagonista di innumerevoli barzellette, era riuscito però in un'altra missione impossibile: era un russo che si era mimetizzato tra gli aristocratici europei. Il sogno di una élite che si sentiva arretrata e provinciale, e che con la fine del comunismo ha rincorso gli status symbol del lusso occidentale, con tutto il goffo entusiasmo dei neoarricchiti. Il politologo Gleb Pavlovsky, spin doctor degli esordi di Putin, non nasconde che il presidente russo aveva copiato consapevolmente certi atteggiamenti del personaggio Stierlitz, a cominciare dai suoi trascorsi di spia di Mosca in Germania. Voleva apparire freddo, impeccabile, invincibile. Al punto da dimenticarsi di stare copiando un 007 che esisteva soltanto in un film.
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