sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
29.06.2022 Kremenchuk: tra i superstiti della strage al centro commerciale
Cronaca di Paolo Brera

Testata: La Repubblica
Data: 29 giugno 2022
Pagina: 4
Autore: Paolo Brera
Titolo: «Tra i superstiti del mall: 'Volavo a metri da terra e mi colpiva di tutto'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 29/06/2022, a pag. 4, con il titolo "Tra i superstiti del mall: 'Volavo a metri da terra e mi colpiva di tutto' " la cronaca di Paolo Brera.

G7: nel 2022 19,8 miliardi di dollari per Ucraina - Ultima Ora - ANSA

Negli occhi di Nikolaii Mikhajlets c’è tutto l’orrore del mondo. Ha la testa rabberciata con il filo come un pallone ricucito, a torso nudo nel reparto di neurochirurgia dell’Ospedale di Kremenchuk. Ha il termometro sotto braccio perché ha «un po’ di febbre», una caviglia suturata perché «qualcosa mi ha portato via un pezzo di carne. Ma è qui dentro che sto male », agita la mano vicino alla testa: «Non ho ancora capito come — dice — e non ho ancora capito perché Liudmila ed io siamo ancora vivi». Venticinque ore fa, alle 15,30 di lunedì, era insieme alla moglie nel centro commerciale Amstor sventrato da un missile russo. Anton Stoletnii, il procuratore capo della regione di Poltava, di cui Kremenchuk fa parte, ha accertato ieri sera «la morte di 19 persone; e ci sono 101 feriti, 54 dei quali ricoverati, e 28 dispersi». Certamente non ci sono altri sopravvissuti. Il capannone del centro commerciale è un moncherino puzzolente di lamiere accartocciate su una massa di detriti. In piedi non è rimasto nulla. C’erano diecimila metri quadrati di negozi stracolmi di merce, un supermercato e il maxistore dell’elettronica. C’erano la bigiotteria, l’abbigliamento e i servizi, il bar e le famiglie a spasso con i figli per mano. Ora c’è solo un tappeto di detriti fumanti come in una discarica di rifiuti organici. Liudmila e Nikolaii erano «appena entrati da Comfy — il maxistore di elettrodomestici — perché Liudmila voleva un frullatore nuovo: eravamo andati a dare un’occhiata ai prezzi. All’improvviso c’è stato un boato fortissimo e sono svenuto. Quando sono rinvenuto ricordo solo il fumo, le urla, le fiamme alte così ma non ovunque, a sprazzi. Ero pieno di cose addosso, mi sono liberato e solo allora ho capito dov’ero, cos’era successo. Ho iniziato a cercare Liudmila: era a due metri da me, urlava disperata coperta di tubi e lamiere. Ho cercato di tirarla fuori ma era incastrata. Ho preso un tubo, ho fatto leva... Aveva un braccio spezzato in tre punti, l’osso usciva dalla pelle. Intorno avevamo cadaveri e corpi mutilati, e c’era gente sdraiata che urlava. Ho preso Liudmila per portarla fuori, e lì accanto c’era una bambina con un vestito giallo e la testa piena di sangue ovunque. L’ho presa con una mano, con l’altro braccio sostenevo mia moglie che ogni tre passi crollava svenuta. Cercavo una via di fuga tra le fiamme, nel fumo. All’uscita è apparso un ragazzo: “Non ce la faccio, aiutami, c’è questa bambina... non so cosa fare”, gli ho detto. “Vai avanti con tua moglie, ci penso io”».

La Russia ha attaccato un centro commerciale nella città ucraina di  Kremenchuk - Il Post

Liudmila è ricoverata in un’altra stanza, sta meglio «ma è tutta blu, è piena di ematomi e aspettano che si rimetta per ridurle la frattura». Nikolaii invece strabuzza gli occhioni azzurri sul suo letto d’ospedale e pensa: «Sono distrutto dall’ansia. Risento quel boato che mi ha quasi tolto l’udito per un pezzo. Non riesco più a dormire. Penso a quando mi sono svegliato là sotto, alla mia vita che mi è passata davanti mentre cercavo di alzarmi; alla sensazione chiara che senza Liudmila non avrebbe avuto alcun senso, sopravvivere». Lei gli ha raccontato che quel boato che lo ha fatto svenire «l’ha alzata e l’ha fatta volare di qualche metro, e mentre volava la colpiva di tutto». Non capisce, dice. Non capiscono perché non sono morti anche loro, là sotto. Mentre squadre di pompieri e tecnici forensi scavano cercando altri resti, il ministero della Difesa russo si difende dalle accuse di «terrorismo di Stato» e di un «attacco deliberato ai civili» sostenendo che «un missile di precisione ha colpito un deposito in cui erano stoccate armi inviate da Usa ed Europa, provocando un incendio che si è propagato al vicino centro commerciale, che era chiuso». Era chiuso, dice. Su un tavolo, davanti al centro commerciale, sono raccolti i pezzi trovati finora del «missile di precisione ». «Hanno colpito quest’area con due missili — dice il procuratore capo Stoletnii — il primo dei quali ha centrato una fabbrica dietro il centro commerciale: da anni produceva solo cemento e macchinari civili, e dal 24 febbraio non era più operativa se non a ranghi estremamente ridotti». I russi sostengono che l’attività rimasta in piedi fosse lo stoccaggio di armi. «Dopo diversi secondi — continua il procuratore — un altro missile è piovuto sul centro commerciale in quell’angolo là», dice puntando il dito verso il vertice di destra, quello posteriore più lontano dall’ingresso e più vicino ai capannoni della fabbrica. È l’unica parte che ha ancora una parziale copertura del tetto. Per ragioni di sicurezza non ci lasciano entrare a vedere il cratere. Qualunque fosse l’obiettivo del raid, e qualunque ne sia stata la dinamica, nel centro commerciale c’è stata un’orribile strage. E non ci sono dubbi sulle responsabilità: il missile che ha provocato il disastro è stato sparato da un caccia bombardiere russo nei cieli di Kursk, in Russia. Tatjana, receptionist dell’albergo di fronte al centro commerciale, di esplosioni ne ha sentite due. «La prima è stata la più forte. Siamo caduti tutti per terra, sono crollate le vetrine, ci siamo nascosti sotto il bancone». Oxana Kusaka, impiegata in un ufficio ricavato nell’albergo, dice che «tremava tutto, sono scesa e piovevano frammenti ovunque, c’era un fumo nerissimo e un grande incendio». Lei di esplosioni ne ha sentita «solouna». Ma le è bastata.

Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT