G7 e Nato, le democrazie e la sfida più difficile Editoriale di Maurizio Molinari
Testata: La Repubblica Data: 26 giugno 2022 Pagina: 1 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «G7 e Nato, le democrazie e la sfida più difficile»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 26/06/2022, a pag. 1, con il titolo "G7 e Nato, le democrazie e la sfida più difficile", l'analisi del direttore Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Da oggi a giovedì le democrazie occidentali si incontrano in due summit successivi — il G7 in Germania e poi la Nato in Spagna — che costituiscono la prova collettiva più difficile dalla fine della Guerra Fredda perché devono rispondere a domande cruciali: i valori che le accomunano; le risposte alle sfide strategiche di Russia e Cina; la capacità di creare alleanze assai più vaste con il Sud del mondo, attorno ad un’agenda comune. Se il populismo aveva già scosso le democrazie dall’interno — a partire dal 2016 in cui prevalsero la Brexit in Gran Bretagna e Trump negli Stati Uniti — evidenziando l’urgenza di affrontare il disagio sociale della classe media, e il Covid nel 2020 ha obbligato a considerare la Sanità un tassello della sicurezza collettiva, è stata l’invasione russa dell’Ucraina ad obbligare le democrazie occidentali a ripensare in fretta il proprio approccio allo scenario internazionale, anche perché dietro la brutale aggressione militare novecentesca di Vladimir Putin c’è l’ombra dell’assai più temibile e raffinata sfida globale della Cina di Xi. Sul fronte dei valori la cornice è quella disegnata dalla Comunità delle democrazie, su iniziativa di Joe Biden, al fine di “affrontare assieme le sfide che ogni Paese ha di fronte”. Da qui l’importanza dell’agenda preparata dagli sherpa del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti) guidati dal team del nuovo cancelliere tedesco Olaf Sholtz perché puntano ad andare incontro proprio alle cinque maggiori emergenze percepite dai cittadini di ogni democrazia: sostenibilità ambientale per accelerare la decarbonizzazione; un recovery economico per rispondere ai timori su inflazione, forniture energetiche e rifornimenti alimentari; rafforzamento dell’Organizzazione mondiale della Sanità per condividere i vaccini anti-Covid e prevenire nuove pandemie; una partnership globale per ammodernare le infrastrutture e creare lavoro; l’importanza della solidarietà, fra nazioni e dentro le nazioni, per affrontare le “emergenze sociali” simili a quelle indicate dal capo dello Stato Sergio Mattarella nel suo secondo discorso di insediamento al Quirinale. A rendere più o meno credibile questa agenda del G7 saranno gli impegni concreti che usciranno dal summit ma non c’è dubbio che si tratta di un tentativo collettivo di ripristinare la fiducia nei Sette Grandi per poter garantire sicurezza e prosperità ai loro abitanti con formule di valore universale — ad esempio sull’ambiente — per poter raggiungere anche un pubblico assai più vasto.
Per le trenta nazioni della Nato che si ritroveranno a Madrid il varo del nuovo “Concetto strategico” risponde all’esigenza di fronteggiare un mondo assai diverso da quellodel 2010 — a cui risale il testo precedente — perché l’invasione russa all’Ucraina rinnova la necessità della difesa collettiva per garantire indipendenza e sovranità di ogni Paese membro, ponendo l’interrogativo di come convivere nel medio — se non lungo — termine con un leader come Putin che teorizza l’aggressione ai Paesi vicini al fine di ricongiungere alla Grande Madre Russia almeno 25 milioni di russofoni “perduti” dopo la “grande tragedia” dell’implosione dell’Urss alla fine del 1991. Putin obbliga la Nato a fare i conti con il ritorno sullo scenario europeo di una grande potenza guidata da un leader che non esita a ricorrere alla guerra per perseguire i propri intenti. Il “Concetto strategico” deve dunque riuscire da un lato a rassicurare tutti quei partner che temono di essere aggrediti — dalla Romania alla Polonia fino ai Baltici — edall’altro a porre le basi di un’“efficace deterrenza” — come la definisce il politologo Michael O’Hanlon della Brookins Institution — nei confronti della Russia. Ma non è tutto perché la Nato è chiamata anche a rispondere alla sfida della Cina di Xi che — dalle nuove basi nel Pacifico alle minacce a Taiwan, dagli ingenti investimenti in Africa e Balcani, fino alle leadership nell’intelligenza artificiale — punta a creare e guidare un nuovo ordine globale multipolare destinato a premiare i propri interessi. Da qui l’importanza per le democrazie occidentali di non limitarsi a rafforzare le proprie alleanze — sanando ad esempio crisi come quella con Ankara — ma anche a cercare altrove nuovi partner. Non solo aprendo le porte a chi vuole aderire — Svezia e Finlandia della Nato, Ucraina e Moldavia nella Ue — o invitando attorno al tavolo per la prima volta un premier giapponese — al summit di Madrid sul tema dell’Indopacifico — ma anche contendendo a Cina e Russia la partnership privilegiata con le maggiori nazioni del Sud del mondo. Da qui l’importanza della presenza al G7 di Argentina, India, Indonesia, Senegal e Sud Africa: si tratta di nazioni che non aderiscono alle sanzioni anti-Putin e vedono nella Cina un partner globale, rappresentando spesso all’Onu con i loro voti quella parte del mondo che esprime sospetti, se non addirittura sfiducia, nei confronti dell’Occidente. Per le democrazie è strategico recuperare il rapporto con questi Paesi del Sud al fine di gettare le basi di una coalizione internazionale più ampia, capace di competere con Pechino sulla leadership di ciò che resta della globalizzazione e di respingere il tentativo russo di riportare il Pianeta verso i conflitti del passato più buio.