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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Il padre di uno shahid accusa l'Autorità palestinese 23/06/2022
Il padre di uno shahid accusa l'Autorità palestinese
Analisi di Michelle Mazel

(traduzione di Yehudit Weisz)


West Bank: 3 Palestinians shot dead, 10 injured in Israeli raid
I tre terroristi uccisi


Nell’incessante lotta di Israele contro il terrorismo, sono arrivati tre nuovi ‘martiri’ nel pantheon palestinese. Bara Lahlouh, 24 anni, Yusef Salah, 23, e Laith Abu Srour, 24. Sono stati uccisi il 17 giugno in uno scontro a fuoco con l'esercito israeliano a Jenin. Secondo il padre di Lahlouh, suo figlio era un membro delle Brigate Al-Quds, il braccio armato della Jihad islamica palestinese; si dice anche che appartenesse al braccio armato di Hamas, le famose brigate Azzedine Al Kassem di cui lui sarebbe stato uno dei comandanti nel campo di Jenin. E’ difficile dare un giudizio di fronte al tripudio di bandiere delle varie fazioni, sventolate dalla folla durante i funerali di questi tre "eroi": vi era rappresentato anche Daesh – questo ha messo in notevole imbarazzo l'Autorità palestinese, che ha prontamente cancellato dai suoi siti ufficiali questa immagine inquietante. L’ennesimo episodio in un conflitto che si protrae all’infinito, direte? Non proprio. Perché per Kamal Lahlouh, il padre di Bara, la responsabilità della morte di suo figlio non è di Israele . No. In un'intervista ai media locali, non ha esitato ad affermare che si tratta dell'Autorità palestinese, che, attraverso il Servizio palestinese di sicurezza preventiva, è responsabile dell'”omicidio” di suo figlio. Questo è uno dei tanti servizi di sicurezza dell'Autorità palestinese, incaricato in particolare del mantenimento dell'ordine sulle pubbliche strade e nelle vie palestinesi (e quindi della repressione delle manifestazioni) e, per inciso, della neutralizzazione degli oppositori del regime. Questo servizio è spesso criticato per la sua stretta collaborazione in materia di sicurezza con la sua odiata controparte israeliana.

L'Autorità palestinese si sente direttamente minacciata da Hamas, che non risparmia sforzi per infiltrarsi nei territori palestinesi e farla cadere; teme anche i vari movimenti jihadisti che hanno lo stesso obiettivo. C'è quindi un punto di convergenza con Israele, che combatte contro entrambe le parti. Abu Mazen ha più volte minacciato di sospendere questa collaborazione per protestare contro questa o quella misura adottata da Gerusalemme, ma si guarda bene dal farlo, sapendo che la sua sopravvivenza e quella del suo regime dipendono dagli aiuti israeliani alla sicurezza. Una realtà tenuta nascosta dai media in Occidente. A sostegno della sua accusa, Kamal Lahlouh avanza quello che a suo avviso è un argomento di peso: “Tutti i martiri di Jenin erano ricercati dalle forze di sicurezza dell'Autorità Palestinese più che da quelle dell'occupazione.” Secondo lui, la sicurezza preventiva che in passato aveva arrestato e interrogato suo figlio a causa delle sue attività avrebbe poi trasmesso il fascicolo alla sicurezza israeliana. Eppure Kamal Lahlouh non rimpiange le scelte del figlio: “Il Servizio di Sicurezza Preventiva ha distrutto mio figlio, ma mio figlio ha scelto la via del martirio e gli ho detto che rispettavo la sua decisione. La moschea di al-Aqsa va difesa e siamo tutti pronti a farlo.”

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Michelle Mazel
scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".

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