L’offensiva russa procede con le torture agli ucraini smistati e la deportazione dei bambini Analisi di Paola Peduzzi, Jacopo Iacoboni
Testata:La Stampa - Il Foglio Autore: Paola Peduzzi - Jacopo Iacoboni Titolo: «L’offensiva russa procede con le torture agli ucraini smistati - La deportazione dei bambini, in 300 mila strappati ai genitori»
Riprendiamo dal FOGLIO del 22/06/2022 a pag.1, con il titolo "L’offensiva russa procede con le torture agli ucraini smistati", l'analisi di Paola Peduzzi; dalla STAMPA, a pag. 10, con il titolo "La deportazione dei bambini, in 300 mila strappati ai genitori", l'analisi di Jacopo Iacoboni.
Ecco gli articoli:
Paola Peduzzi: "L’offensiva russa procede con le torture agli ucraini smistati"
Paola Peduzzi
Volodymyr Zelensky
Milano. La linea del fronte nel Donbas si muove poco, non c’è ancora stato il colpo del “knockout” da parte dei russi, nonostante la riorganizzazione militare voluta da Vladimir Putin sia stata avviata da due mesi. Questo non significa che il colpo non arriverà, ma nel frattempo il morale basso degli ucraini di cui si è molto discusso è già meno basso e la capacità di adattamento alle nuove tattiche militari cresce. Il governo di Kyiv aspetta le armi fornite dall’occidente, ma mentre noi ci interroghiamo su queste commesse Putin procede con il suo manuale di guerra: colpire civili indiscriminatamente in tutto il paese e annientare il popolo ucraino con la violenza delle deportazioni e delle torture. Lo dimostrano le ultime testimonianze pubblicate in questi giorni dal New York Times e dalla Bbc: a parlare sono i sopravvissuti dei cosiddetti “campi di smistamento” gestiti dai russi. Secondo le autorità ucraine, la deportazione e le torture sono una tattica pianificata in anticipo per sottomettere le aree ucraine conquistate (e poi per annetterle). Poiché le conquiste non sono sempre durevoli, come dimostra la battaglia di Kherson, i russi cercano di portare via più cittadini ucraini possibili perché potrebbero organizzare la resistenza: “O vieni con noi o ti uccidiamo è la frase che dà inizio alla procedura”. Le testimonianze raccolte dalla Bbc riguardano il campo di smistamento di Benzimenne, nell’oblast di Donetsk, nel Donbas: Andriy, 28 anni, è andato via da Mariupol, sapeva che i russi lo avrebbero schedato e perquisito, perciò prima di partire aveva cercato di cancellare tutti i messaggi e i post sui social riguardanti la guerra ma la rete non funzionava bene e quindi non era riuscito a eliminare ogni cosa. Ripensandoci, mentre era in coda per i controlli, ha pensato: “Sono fottuto”. Non si sbagliava: la sua barba ha fatto pensare ai militari russi che Andriy fosse del battaglione Azov, è finito nel tendone degli interrogatori, gli hanno mostrato un post su Instagram in cui scriveva di essere fiero di avere un presidente come Zelensky: “Ci avevi detto che non ti interessavi alla politica”, gli ha detto un russo, “ma sostieni il governo nazista”. E’ arrivato il primo colpo alla gola, l’inizio del pestaggio. La storia di Andriy è simile a quella di Dmytro, al quale è stato chiesto cosa pensasse degli “eventi del 2014”. Lui ha risposto una cosa generica, che quegli eventi erano conosciuti come parte della guerra russo-ucraina. Quattro colpi in faccia: Dmytro dice che sembrava quasi una procedura, come se esistessero delle tabelle in cui a ogni frase pronunciata corrispondono pugni, calci, schiaffi. La risposta giusta, che Dmytro è stato costretto con la forza a ripetere, era: “La Russia non era coinvolta in quegli eventi, era una guerra civile ucraina”. Ma il motivo per cui è stato smistato è un altro: un libro che aveva nello zaino aveva una “H” nel titolo. “Ti abbiamo beccato!”, gli hanno detto i militari, quella “h” indicava che stesse leggendo un libro su Hitler, per cui l’operazione di denazificazione diventava necessaria. Maksym ha invece avuto l’ardire di rispondere nel modo non corretto a una domanda semplice: perché vuoi andartene da Mariupol? Maksym, quarantottenne, operaio nel settore dell’acciaio un tempo florido, era nudo, stavano controllando se avesse ferite (prova che aveva combattuto) o tatuaggi (prova di appartenenza a chissà quale setta) quando ha risposto: “Veramente siete voi a essere sul territorio ucraino”. Un colpo al torace, l’aria che manca, meglio svenire a terra o almeno vedere dove mi portano? La destinazione era una cella, dove uno era tumefatto: aveva un tatuaggio di Poseidone che è stato preso per il tridente ucraino. L’obbligo era di rimanere in piedi per ore: se ti accasciavi, ti rimettevano in piedi a calci. I sopravvissuti che hanno raccontato queste storie sono stati smistati in territorio russo ma poi sono riusciti a scappare e vivono ora nei paesi europei. In Estonia c’è una nave da crociera ancorata che si chiama Isabelle: oggi è un centro di accoglienza, a volte si rincontrano famiglie che erano state divise proprio nei centri di smistamento. Parlano solo di quando torneranno a casa.
Jacopo Iacoboni: "La deportazione dei bambini, in 300 mila strappati ai genitori"
Jacopo Iacoboni
L'altra sera, sulla tv ufficiale del Cremlino, Rossiya1, l'anchorman più amato da Putin, Vladimir Solovyov, ha vantato questi numeri su quelli che ha chiamato «ricollocamenti» o «evacuazioni» di cittadini ucraini in Russia: il numero totale è di 1,9 milioni, di cui 307 mila bambini. Il dato dell'Onu è addirittura inferiore: in totale 1.230.800 ucraini, numero di bambini imprecisato. I russi, ancora una volta, sono paradossalmente sinceri. Esibiscono ormai direttamente quello che fanno, basta sostituire la parola «ricollocamenti» con un'altra: deportazioni. Anche di bambini. Che lo dicano, però, potrebbe portarli a processo a L'Aja. Kevin Rothrock, di Meduza, spiega che «Mosca la presenta come un'impresa umanitaria, ma l'ammissione potrebbe servire come prova in un processo per genocidio, un giorno». Secondo la Convenzione sul Genocidio, 1948, Articolo II sezione E, separare bambini dai genitori configura giuridicamente il reato internazionale di «genocidio». Naturalmente bisogna dimostrare che oltre al fatto, ci sia l'intenzione. E qui diversi tra propagandisti, ufficiali, alti dirigenti del Cremlino, stanno dando spontaneamente una mano. Il 13 aprile, parlando al Consiglio federale, la senatrice Lilia Gumerova si è mostrata inorridita per il fatto che molti dei bambini ucraini «dei territori liberati» - la neolingua del Cremlino chiama così le regioni e città invase e rase al suolo - non parlino correntemente il russo. Gumerova ha promesso l'organizzazione di scuole estive per liberare le loro lingue. Esiste il video. Deportazione e intenzione. Interfax, l'agenzia di Stato russa, ha fornito altri futuri documenti processuali utili, raccontando così il ritmo con cui procede la deportazione dei bambini: le «evacuazioni» sono cominciate «dalla fine di febbraio da regioni pericolose (testuale) dell'Ucraina, le Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk. Nonostante tutte le difficoltà create dalle autorità di Kiev, nelle ultime 24 ore, senza la partecipazione della parte ucraina, 29.733 persone, di cui 3.502 bambini, sono state evacuate nel territorio della Federazione Russa dalle regioni pericolose dell'Ucraina e del Donbass. Un totale di 1.936.911 persone dall'inizio dell'operazione militare speciale, di cui 307.423 sono bambini», ha detto Mikhail Mizintsev, capo del Centro di controllo della difesa nazionale della Federazione Russa. Mizintsev ha anche parlato dell'esistenza di un database russo – orrore – che conterrebbe oltre 2,7 milioni di domande di coloro che desiderano trasferirsi in Russia da oltre duemila insediamenti in Ucraina e nei territori della Dpr e della Lpr controllati da Kiev. Immaginiamo quanto spontaneamente lo desiderino. Non è l'unico ufficiale russo che si sta consegnando alla futura Corte Penale Internazionale. C'è una donna che sta presiedendo all'operazione-bambini. E ormai fa parte della lista di oligarchi o alti burocrati statuali russi sanzionati in Occidente: è stata appena colpita dalle sanzioni britanniche per «trattamento barbaro dei bambini in Ucraina». Si chiama Maria Lvova-Belova, e secondo il Regno Unito è la «mente» dietro un oscuro programma di rapimenti. Lvova-Belova è accusata dall'Ucraina di aver organizzato la cattura di oltre duemila bambini vulnerabili prelevati violentemente dalle regioni di Luhansk e Donetsk e di aver orchestrato una nuova politica per facilitare le loro adozioni forzate in Russia. Secondo gli ucraini, Lvova-Belova supervisiona personalmente il lavoro del centro di raccolta «Romashka» per bambini a Rostov, in Russia, utilizzato come hub temporaneo per alcuni dei bambini ucraini deportati, e geolocalizzato da diverse fonti open source. Se sia possibile definirlo campo di concentramento saranno i tribunali a deciderlo. Secondo il consigliere del sindaco di Mariupol, i bambini deportati da quella città massacrata sono detenuti lì, nel villaggio di Zolota Kosa. Anastasjia Lapatina, del Kyiv Independent, riporta che «gli occupanti di Kherson hanno detto che tutti i bambini nati lì dopo il 24 febbraio, così come gli orfani, riceveranno automaticamente la cittadinanza russa». Deportazioni e rapimenti si inquadrano in un processo che, secondo il Kyiv Independent, ha portato quasi due terzi dei bambini ucraini a esser stati sfollati internamente o a esser fuggiti dal Paese. Afshan Khan, direttore dell'Unicef per l'Europa e l'Asia centrale, ha dichiarato che «i numeri sono sbalorditivi». La sfida logistica, come in ogni genocidio, è enorme. Il crimine richiede la sua macchina industriale. Il 25 maggio Putin stesso ha firmato un decreto che consente il conferimento semplificato della cittadinanza russa per chi risiede a Kherson e Zaporizhia. A Kiev, per i diritti dei bambini, arrivano attori americani, Sean Penn, Angelina Jolie, ultimo Ben Stiller. Ma la macchina della morte e della deportazione lavora incessante. Si parla tanto delle frasi di Dmitry Medvedev, ma un suo collega dello Stato russo, il capo dell'agenzia spaziale Roscosmos, Dmitry Rogozin, ha teorizzato su Twitter: «Se non mettiamo la parola fine, perché purtroppo i nostri nonni non li hanno eliminati, dovremo morire». Il tweet è stato cancellato solo dopo sei giorni da Twitter. Nel frattempo Valentina Matvienko, ultra putiniana presidente del Senato russo, con villa milionaria sequestrata a Pesaro, annuncia che spedirà ai bambini nelle repubbliche filorusse poesie per ragazzi di Agniya Barto, favole del poeta Ivan Krylov e libri russi di storia. Non li stanno deportando, li stanno evacuando e rieducando.
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