Caos 5stelle sull'Ucraina Cronache di Matteo Pucciarelli, Serena Mattera
Testata: La Repubblica Data: 21 giugno 2022 Pagina: 2 Autore: Matteo Pucciarelli - Serena Mattera Titolo: «Armi a Kiev, Conte non cede. Scontro sul ruolo dell’Aula. Oggi l’ultima trattativa - Draghi va avanti e blinda Di Maio: i 5Stelle non otterranno il rimpasto»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 21/06/2022, a pag.2, con il titolo "Armi a Kiev, Conte non cede. Scontro sul ruolo dell’Aula. Oggi l’ultima trattativa" la cronaca di Matteo Pucciarelli; a pag. 3, con il titolo "Draghi va avanti e blinda Di Maio: i 5Stelle non otterranno il rimpasto", la cronaca di Matteo Pucciarelli, Serena Mattera.
Ecco gli articoli:
Matteo Pucciarelli: "Armi a Kiev, Conte non cede. Scontro sul ruolo dell’Aula. Oggi l’ultima trattativa"
Volodymyr Zelensky
Una riunione estenuante, cominciata alle 15,30 e terminata dopo sei ore, con una ripromessa: rivediamoci domattina (cioè stamani), sarà meglio. Non sono quindi bastati i lavori di mediazione e contromediazione per arrivare a un testo di maggioranza che potesse dare un’immagine di unità del Paese e garantire tutte le parti: la stabilità e la prosecuzione del governo, la libertà di manovra di Mario Draghi in campo internazionale e la richiesta dei gruppi parlamentari — specie i 5 Stelle, ma non solo — di veder riconosciuto un proprio coinvolgimento. La menzione di un piano di pace e di un impegno per la de-scalation nella risoluzione al M5S infatti non bastava. La proposta di testo finale della risoluzione avanzata da Palazzo Chigi recitava: «Impegna il governo a continuare a garantire il coinvolgimento delle Camere, secondo le procedure previste dal decreto legge 14/22, in occasione dei più rilevanti summit riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese le forniture militari». Ma il riferimento alle “procedure previste” dal decreto Ucraina, dove è inserito un aggiornamento alle Camere ogni tre mesi, non andava giù al Movimento e a Leu. Una posizione che avrebbe fatto breccia anche nell’ala più pacifista del Pd. Ci ha provato il senatore di Leu Federico Fornaro ad ammorbidire il punto con un più generico «secondo le procedure definite dalla normativa vigente». Ricevendo resistenze opposte. Il testo della maggioranza già pronto comunque comprende anche altre questioni, come la richiesta di adesione dell’Ucraina all’Ue, il Repower Eu sull’energia, gli interventi per famiglie e imprese messe in difficoltà dalla crisi e la revisione del patto di stabilità. Il punto è che sulla vicenda Ucraina il M5S si sta giocando un pezzo di credibilità, sia sul fronte governativo che su quello, altrettanto insidioso, del consenso: da settimane il profilo pacifista del partito viene enfatizzato, ma alle parole occorrerebbe far seguire i fatti. Così dopo un’altra attesa di varie ore, visto che il Consiglionazionale del partito era terminato nella notte fra domenica e lunedì, il M5S aveva diramato un lungo comunicato per ribadire la richiesta di «un più pieno coinvolgimento del Parlamento con riguardo alle linee di indirizzo politico che verranno perseguite dal governo nei più rilevanti consessi europei e internazionali, inclusa l’eventuale decisione di inviare a livello bilaterale nuove forniture militari». Nessun riferimento ad un no a nuove armi, che come detto era un po’ la battaglia identitaria di Giuseppe Conte; eche, vista la strada in salita nelle trattative, si è limitata ad una più abbordabile richiesta di una sorta di controllo parlamentare. Il problema è però destinato a ripresentarsi a breve, visto che nella bozza del prossimo Consiglio europeo in programma dopodomani si parla di un «ulteriore sostegno militare all’Ucraina », con l’obiettivo di aiutarla ad «esercitare il suo diritto all’autodifesa ». Trattandosi di una bozza non è detto che il punto rimanga, ma a livello europeo ci sarebbe una larga condivisione. Inoltre in queste settimane Draghi ha fatto intendere più volte di essere contrario a eccessive “ingerenze” parlamentari attorno a un quadro in rapido mutamento e che richiede per questo motivo una certa autonomia. Ospite di “Metropolis” sul sito diRepubblica , la vicepresidente dei 5 Stelle Alessandra Todde ha spiegato di aver votato il decreto Ucraina, il cui riferimento ha fatto scattare la bagarre nella riunione di maggioranza e con il governo, «perché il contesto iniziale nessuno lo discute. Ma stiamo parlando di un conflitto che durerà anni, è importante che nei passaggi chiave ci possa essere un passaggio parlamentare». Da Parma invece Matteo Salvini, riferendosi alla querelle in corso tra i 5 Stelle e Luigi Di Maio, fa notare che «avere un ministro degli Esteri sconfessato dal suo partito, con una guerra in corso, non è il massimo della vita». Al di là insomma del voto odierno al Senato le fibrillazioni interne al Movimento rischiano di tracimare, il passaggio odierno a Palazzo Madama dirà quanto velocemente.
Matteo Pucciarelli, Serena Mattera: "Draghi va avanti e blinda Di Maio: i 5Stelle non otterranno il rimpasto"
Luigi Di Maio - Giuseppe Conte
Non sarà una partita tra correnti a cambiare il volto del governo. Lo ribadiscono con fermezza in queste ore ai vertici dell’esecutivo. Vale per l’aiuto a Kiev che, se così si deciderà con gli alleati, continuerà finché sarà necessario. E vale per il ruolo del ministro degli Esteri, messo in discussione da Giuseppe Conte. Il leader del Movimento per ora ha congelato il tema dell’espulsione di Luigi Di Maio dal partito e dalla squadra di Draghi, ma se scissione sarà («Se lui andrà via», dicono i fedelissimi) valuterà di chiederne la sostituzione. Sa già, perché il messaggio pare gli sia stato fatto pervenire per canali informali, che Mario Draghi di rimpasti non ha mai voluto sentir parlare. E soprattutto che, sottolineano qualificate fonti governative, non esiste l’ipotesi di cambiare il ministro degli Esteri in piena guerra. Anche perché, viene fatto notare, Di Maio «gode di ottima reputazione, sta facendo bene a livello internazionale e viene stimato dai colleghi di governo: che una dinamica tra correnti interrompa la continuità nella gestione della politica estera è fuori da ogni possibilità». A sera a Palazzo Chigi, nonostante il rinvio della riunione fiume sulla risoluzione di maggioranza, si mostrano fiduciosi che lo strappo in Aula sull’Ucraina non si consumerà. Nessuno, concordano ai vertici del Pd, può permettersi di rompere sulla politica estera mentre è in corso il conflitto: «Conte ne è consapevole, non ha intenzione di farlo», assicura chi tiene i contatti con lui. Si vedrà, ribattono dal governo. Quel che è certo è che Draghi in Aula al Senato, alle 15, nel lungo e denso intervento su tutti i temi al centro del prossimo Consiglio europeo, dalla richiesta di un tetto al prezzo del gas a quella di nuovi aiuti europei anti-inflazione, fino alla risposta da dare all’aggressione di Mosca a Kiev, ribadirà la linea. L’Italia ha promosso da subito con forza, rivendicherà, l’adesione dell’Ucraina all’Ue. Si muove e continuerà a muoversi, in sintonia con gli alleati dell’Ue e della Nato, per sostenere lo sforzo di difesa ucraino, perché solo così si possono creare le condizioni della de-escalation, solo così si può indurre Vladimir Putin a sedersi a un tavolo di trattativa. Ma la difesa non sarà il cuore del discorso del premier, che potrebbe non citare affatto l’invio di armi. Perchéora ogni sforzo è per provare ad aprire il varco a una tregua e quindi a una trattativa. Draghi racconterà quanto fatto finora, riferirà della visita a Kiev con Emmanuel Macron e Olaf Scholz, e indicherà un percorso che passa dai vertici di Ue, G7, Nato e dal bilaterale in Turchia, per sbloccare in fretta almeno la partita del grano, con mediazione dell’Onu. La linea, assicura chi è vicino al premier, emergerà con chiarezza. Il governo si muove nel solco del Parlamento, ne vuole l’unità. E Draghi, come sempre, ascolterà ogni intervento per poi replicare. Nella speranza che intanto i pontieri abbiano ‘sminato’ il campo dal tentativo del M5s contiano di “commissariare” l’azione del governo. E nell’auspicio che il voto non fotografi una maggioranza divisa, indebolendo il governo. Certo, riconosce più di un ministro, anche se oggi non si consumerà lo strappo, i prossimi mesi si annunciano assai difficili. Draghi è stato chiaro: si va avanti finché ci sono le condizioni per agire, dalle riforme al Pnrr. E Di Maio ai colleghi avrebbe assicurato che da qui in poi si batterà su ogni singolo dossier per evitare che il M5s saboti l’esecutivo. Ma non conviene neanche a Conte, ragiona un esponente di governo ‘draghiano’, in un momento di crisi «attentare alla stabilità del governo: sarebbe autolesionista, la stagione del populismo è finita». Sarà. Ma più d’uno tra i Dem s’è convinto che la fine del governo sarà sancita dalla manovra, lì potrebbe consumarsi la rottura, che porterebbe al voto a fine anno o inizio 2023. Intanto è aperto l’affaire Farnesina, che in via di Campo Marzio brucia eccome. Con uno strappo definitivo tra Conte e Di Maio, l’ammaccato M5S perderebbe una pedina fondamentale al governo. «Di Maio è già un nostro ministro solo sulla carta », è il commento velenoso che si fa tra i fedelissimi di Conte. Per mandare via il ministro, ragionano, se non un rimpasto, servirebbe una sfiducia parlamentare ma l’opzione non sembra essere considerata, sarebbe un atto clamoroso in tempo di guerra, sono consapevoli. Chi è vicino al leader fa sapere che in caso di scissione si valuteranno tutti gli atti conseguenti, anche nei confronti di Di Maio. Ma il rimpasto viene reputatobottino difficile, la sensazione è che Conte dovrà masticare amaro.
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