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La Stampa Rassegna Stampa
27.01.2003 Israeliani alle urne
A 24 ore dalle elezioni ecco una rassegna di come potrà distribuirsi il voto

Testata: La Stampa
Data: 27 gennaio 2003
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La paura del terrorismo dà le ali al partito di Sharon»
Riportiamo un articolo di Fiamma Nirenstein pubblicato su La Stampa lunedì 27 novembre 2003.
Io ero una fanatica dalla pace, ma l'Intifada ha ucciso l'entusiasmo. Tuttavia, non smetto di sperare». Con queste semplici parole una diciannovenne di Tel Aviv, Inbal Angel, fornisce una summa fiolosofica dei sentimenti che determineranno il risultato delle elezioni che avranno luogo in Israele domani sotto la allarmata sorveglianza antiterrorista di 25 mila poliziotti. Anche Zehava Ytzhaco, 20 anni, impiegata di un supermarket della cittadina di Or Akiva, esprime un'altra tendenza di massa: «Non voto, la politica non m'interessa, non saprei a chi dare la mia preferenza». La guerra ha stancato e addolorato terribilmente il popolo d'Israele, il desiderio di pace è grande, come testimonia l'indice di pace («Peace index»): il popolo vorrebbe, ma con Arafat non può. Cresce la componente che cederebbe volentieri i Territori e non disdegnerebbe la nascita di uno Stato palestinese purchè demilitarizzato, e tuttavia dopo il fallimento di Oslo non vuole affidare alla sinistra il suo futuro, temendo che esso non sia abbastanza deciso di fronte al terrorismo: quindi Sharon vincerà, dicono tutti i sondaggi, passando da 19 seggi del Likud a più di 30, e i laburisti da 24 che ne avevano potrebbero passare a 19. Ed è anche possibile che il partito di centro Shinui («Cambiamento»), che sventola la bandiera della laicizzazione contro il parassitismo sociale e militare dei religiosi, diventi la seconda forza politica del Paese. A chi gli chiedeva come chiamerebbe la forza che sta portando il Likud a una così grande vittoria, Shimon Shiffer, un famoso commentatore, ha risposto: «In una parola, Arafat. In due parole: Yasser Arafat». Invece Ari Shavit, un altro columnist, ha detto «La paura». E' vero? Sì, com'è vero anche che probabilmente Sharon non avrebbe conquistato tanta parte dell'elettorato se oltre ad essere il solito vecchio combattente non avesse anche promesso di accettare uno Stato Palestinese; e se Amram Mitzna, il candidato della sinistra, non avesse fatto l'errore di dire che in nessun caso non avrebbe formato un governo di coalizione. Ma vediamo le altre forze in campo, oltre al Likud, i laburisti e Shinui. Gli arabi, che rappresentano il 20 per cento della popolazione, dispongono di tre liste (più una molto piccola) derivate da una serie di complicate divisione interne: una islamica, la Lista Araba Unita, Ra'am Ual; Hadash e Tal, un misto di comunisti (anche ebrei) e di arabi come Ahmad Tibi devoti alla questione palestinese; e Ba'alat di Azmi Bishara, un partito nasseriano, panarabista, amato dagli intellettuali come Bishara. Ma contro di loro si erge un «Fronte del rifiuto» che cerca di convincere i votanti arabi a snobbare le elezioni: sono convinti che almeno il 40 per cento boicotterà le urne sia perché il voto rappresenta una legittimazione dello Stato sionista, sia perché l'esperienza, dicono, ha ormai convinto il pubblico che i loro deputati non riescono a difendere i loro interessi e preferiscono la retorica dell'Intifada. La destra dei coloni ha vita difficile in queste elezioni: Sharon li ha traditi nell'allinearsi alla politica americana di concessioni ai palestinesi, e oltre a ciò, in gran parte religiosi, temono la crescita di Shinui. Il Mafdal, il loro partito, dovrebbe mantenere le posizioni, con 5 seggi. Ehud ha Leumi, un altro partito nazionalista di fuoriusciti del Likud a destra, guidati da Yvette Lieberman, invoca una politica di forza ed è in salita con la previsione di 8 seggi, rispetto ai 7 precenti. Fra i religiosi non va bene: Yahadut ha Torah, il partito degli ashkenaziti nerovestiti, religosi nazionalisti, sempre secondo le ultime previsioni è fra i 4 e i 5 seggi, un po' in discesa; mentre Shas, il partito religoso sefardita, ovvero degli ebrei provenienti dai Paesi arabi, prenderebbe 10 seggi, un disastro rispetto ai 17 della volta scorsa. La grande comunità russa tradizionalmente ha votato a destra: stavolta invece in parte è passata a Meretz, il partito di estrema sinistra, perché le giovani generazioni si sono emancipate dai loro vecchi; e anche Shinui si avvantaggia del loro voto, dopo che gli immigrati nel corso degli anni sono stati inquisiti dai rabbini sulla veridicità del loro ebraismo. Solo Nathan Sharanskij, l'antico refusenik in Urss, leader di Israel be Aliah, resta un leader carismatico di una comunità: l'elettorato lo premierebbe con 6 seggi contro i vecchi 4. Qua e là si scorgono partitini nuovi che tentano la linea lieve: per esempio Alei Yarok, foglie verdi, che chiede voti giovanili per legalizzare la marijuana. I risultati previsti creeranno grandi dilemma al partito laburista: se davvero la sua sconfitta sarà tanto cocente e la piattaforma di Mitzna di restare sull'Aventino rifiutata dal pubblico, vedremo se esso saprà rifiutare il richiamo del governo. Perché allora la responsabilità da prendersi sarà grande: o Sharon forma un governo di coalizione largo, o interamente laico con Shinui e laburisti, oppure cade nelle braccia della destra.
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