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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.06.2022 'La cucina in valigia', di Gaia Servadio
Recensione di Isabella Bossi Fedrigotti

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 giugno 2022
Pagina: 46
Autore: Isabella Bossi Fedrigotti
Titolo: «Nella cucina di Gaia Servadio c’è il mondo»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/06/2022, a pag.46, con il titolo "Nella cucina di Gaia Servadio c’è il mondo" il commento di Isabella Bossi Fedrigotti.

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Isabella Bossi Fedrigotti

Neri Pozza Editore | La cucina in valigia
La copertina (Neri Pozza ed.)

Si parla molto di cibo nel nuovo piccolo libro (postumo) di Gaia Servadio (1938-2021) giornalista, scrittrice, viaggiatrice, conferenziera e gran signora italiana di famiglia ebraica vissuta per oltre cinquant’anni in Inghilterra, coniugata con un lord sia in prime che in seconde nozze e madre di tre figli, dei quali la femmina è stata — per il forte scontento della mamma — sposata per qualche anno con l’attuale primo ministro britannico. Ne La cucina in valigia (Neri Pozza, pp. 192, e 14,50) si parla, dunque, molto di cibo, di pranzi, di inviti a base di piatti cucinati di persona, di picnic improvvisati in qualche lontana landa deserta, di alcune preparazioni sublimi ma anche di soluzioni d’emergenza, come, per esempio, quando, in un giorno di festa, al tempo in cui i negozi di Londra (e non soltanto di Londra) la domenica tenevano la saracinesca rigorosamente abbassata e perciò non c’era speranza di potersi procurare qualcosa, improvvisò quattro chili di spaghetti al pomodoro per una trentina di ospiti, badando a non scolarli troppo al dente, ché gli inglesi la pasta — ancora adesso — la preferiscono un poco morbida. Ciononostante, non lo si può definire un libro di cucina, tra l’altro perché le ricette, che pure si trovano sparse nelle pagine, non riportano mai né quantità degli ingredienti, né tempi di cottura e spesso nemmeno modi di preparazione. È un po’ come quando, a voce, ci si scambiano ricette tra amiche: «prendi un po’ di questo, aggiungi un po’ di quello, mescoli e metti in forno». Chi sa di cucina, capisce, gli altri no. Il libro è piuttosto un diario dei tanti viaggi come inviata di un giornale o della tv, sia Rai che Bbc, degli innumerevoli incontri con politici, artisti, scrittori, attori ed esploratori, della vita inglese e londinese dell’autrice, vita nella quale il cibo ha quasi sempre un certo ruolo: perché, come scrive Gaia, «è soprattutto per gli altri che cuciniamo, e questo ci aiuta a essere più felici».

Ma è un diario, La cucina in valigia, anche dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, durante la guerra e le persecuzioni razziali, con vari membri della famiglia Servadio — quegli infelici illusi che pensavano: noi siamo vecchi, noi non ci verranno a prendere — spariti nella deportazione. Eppure — il libro lo comunica con forza — nulla ha mai potuto abbattere la vitalità e l’intraprendenza dell’autrice permettendole di affrontare con una certa levità le situazioni più difficili: come, per esempio, la copertura (per la «Stampa» di Torino) della guerra dei Sei giorni, reportage per niente simile a una passeggiata, che era riuscita a estorcere al direttore. E tra un capitolo e l’altro torna il cibo, come una specie di nota di sottofondo: quello che lei prepara e quello che trova in giro per il mondo, tema, quest’ultimo, che l’appassiona forse più per quel che rivela sulla storia, sulla geografia, sull’economia, sulle tradizioni di un Paese che non per i sapori delle varie preparazioni. Non per niente conclude: «Per me, la visita al mercato alimentare di un villaggio è come andare al Louvre».

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