Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/06/2022, a pag. 3, con il titolo ''Ha ancora in mente il mondo del passato. Vuole solo spartirsi le sfere d’influenza'', l'intervista di Giuseppe Sarcina.
Giuseppe Sarcina
Michael Walzer
«Non andremo indietro». Ma neppure avanti, a giudicare da un discorso tanto atteso quanto simile a quelli che lo hanno preceduto. Se c’era qualche novità fondamentale, è stata coperta dai timidi applausi che si levavano dalla sala del Forum economico di San Pietroburgo. Il portavoce Dmitry Peskov aveva allertato su un «intervento estremamente importante» del suo presidente al vertice che fino all’anno scorso era la vetrina internazionale della Russia e ieri sembrava una riunione ristretta dei Paesi non allineati. Ma dopo un’ora e mezza di ritardo dovuta a un attacco hacker, Vladimir Putin si è prodotto in un riassuntone delle puntate precedenti. «L’epoca del mondo unipolare è terminata, questo è ineludibile. Si tratta di un cambiamento naturale della storia, che andrà contro gli stereotipi imposti da un solo centro decisionale, con una sola potenza che controlla i Paesi a lei vicini e fa tutto nel suo esclusivo interesse. Dopo aver vinto la Guerra fredda, gli Stati Uniti si sentono i messaggeri di Dio. I loro governanti sono persone che non hanno alcuna responsabilità ma coltivano solo i propri interessi, creando una corsia a senso unico che rende il mondo instabile».
Questa era la premessa iniziale. Il resto è venuto di conseguenza. L’Occidente sta crollando, l’Unione europea è una colonia americana, l’invito agli altri Stati a liberarsi dal giogo occidentale, le sanzioni non ci fanno alcun male, alcuni progetti per il futuro della Russia, con la promessa di contributi immediati ai cittadini. Siamo alle repliche di un copione ormai ben definito. «Gli Usa e l’Europa sono prigionieri dei loro errori, per loro tutto il resto è periferia, colonia, retrobottega: considerano gli altri popoli come se fossero di seconda categoria. E fanno quel che vogliono, basta ricordare quanto accaduto in Siria, in Iraq e nella ex Jugoslavia. Con le sanzioni si stanno dando la zappa sui piedi, perché la crisi economica farà invece nascere all’interno dei loro Paesi elementi radicali e di degrado che nel prossimo futuro porteranno a un cambio delle élite». E ancora: «L’Unione europea ha perso la propria sovranità, e sta danneggiando la sua stessa popolazione. L’inflazione e il calo delle materie prime sono il risultato dei loro errori di sistema. Ma usano il Donbass come una scusa che gli permette di attribuire a noi tutti gli errori fatti in questi anni». Quanto alla crisi alimentare, naturalmente «pesa sulla coscienza degli Usa e degli eurocrati, che non lesinano risorse per trasformare l’Ucraina in una piazza d’armi. Ma non gli importa nulla della popolazione».
La parola più citata è stata «sovranismo», declinata in ogni possibile modo. «La Russia è uno Stato orgogliosamente sovrano. Proprio per questo, le sanzioni non funzionano con noi. Ossessionato dal mito dell’indebolimento della Russia, l’Occidente è caduto da solo nella trappola, usando un’arma a doppio taglio. Ma le regole del nuovo Ordine mondiale saranno decise invece da Stati sovrani forti, che non si muovono su una traiettoria già tracciata da qualcun altro. Solo loro potranno farlo. Gli altri, invece, saranno destinati a rimanere una colonia senza diritti».
Al Forum di San Pietroburgo sembra che la guerra non esista. Putin ne ha fatto cenno quasi solo durante la conversazione con Margarita Simonyan, direttrice di Russia Today. Oltre ai soliti proclami, ha detto che «prima o poi la situazione si normalizzerà, e allora sarà inevitabile il ripristino delle relazioni con l’Ucraina». Ma sul come e sul quando, nessuna deroga. «Noi stiamo agendo nel rispetto delle regole internazionali, seguendo il precedente del Kosovo. Se una parte di un Paese vuole staccarsi, può farlo in modo legittimo. Con il Donbass è la stessa cosa».
La situazione di stallo è certificata dalla risposta immediata di Joe Biden, anche questa già sentita: «Se non avessimo fermato Putin, in Europa ci sarebbe stato il caos». In platea c’era la pattuglia degli oligarchi, compresi gli autori di timide dichiarazioni contro la guerra, come il re dell’alluminio Oleg Deripaska, che aveva annunciato la sua assenza dicendo che preferiva raccogliere ciliegie nella sua tenuta, e invece è stato visto applaudire spesso. Il messaggio di Putin nei loro confronti è stato esplicito: «Stare a casa è più sicuro. Coloro che sono andati via, hanno perso molto. Non dovete cadere sempre nello stesso errore: investite qui, in Russia, per creare nuovi posti di lavoro, come fecero i grandi mecenati dell’Ottocento». Tutto qui. Chi si aspettava piccoli spostamenti di prospettiva deve prendere atto di un discorso monolitico, che allontana ancora di più ogni flebile speranza di cambiamento a breve termine. Sarà ancora lunga. Ma su questo non c’erano dubbi. Washington Vladimir Putin sbaglia (almeno) due volte. Primo: immagina un mondo ancora diviso in sfere di influenza, come se fosse possibile una nuova Yalta. Secondo: l’Unione europea è un partner, non un fantoccio degli Usa.
Michael Walzer, 87 anni, è uno dei filosofi e politologi più importanti degli Stati Uniti. Ha scritto e riflettuto a lungo sul concetto di «guerra giusta» e sull’equità degli equilibri globali. Risponde al telefono dalla sua casa in New Jersey, dopo aver letto il discorso pronunciato dallo Zar al Forum economico di San Pietroburgo. Secondo Putin gli americani pensano di essere «i messaggeri di Dio sulla terra»... «(Risata) Non credo proprio. Putin propone un assetto del pianeta multipolare. E credo che sia una formula giusta, che riflette la nuova realtà. A condizione che si crei un equilibrio genuinamente pluralista. Ne consegue che dovrebbe essere rispettata la sovranità di tutti i Paesi. Mi sembra, invece, che Putin stia descrivendo un altro mondo, simile a quelli del passato, con i realisti americani e i sovietici pronti a una spartizione delle sfere di influenza su cui esercitare la propria egemonia».
Propaganda a parte, sta dicendo che Putin legge la realtà con parametri superati? «Penso di sì. Non è più accettabile e per quanto ci riguarda neanche immaginabile il modello del passato, quando gli Stati Uniti si muovevano da padroni nei Caraibi o nell’America centrale. E quindi non possiamo accettare che la Russia continui a comportarsi nell’Est Europa come se fossimo all’epoca dell’Unione sovietica o degli zar. Questo è ciò che è veramente cambiato. E noi americani abbiamo imparato le lezioni della storia. Voglio dire: in Cile hanno appena eletto un presidente (Gabriel Boric, ndr) che certamente non è un amico degli Stati Uniti. Ma qui nessuno si sogna di sostenere un colpo di stato per rovesciarlo, come avvenne con Salvador Allende nel 1973».
D’accordo. Ma sia pure su un piano completamente diverso, Joe Biden insiste in ogni occasione sulla leadership politica e morale degli Stati Uniti... «Biden è riuscito a tenere insieme la Nato, l’Unione europea, mettendo in campo una reazione unitaria contro l’aggressione di Putin. Dopodiché è evidente che gli Usa hanno un apparato militare in grado di fornire armi all’Ucraina in una misura che nessuno Paese europeo può fare. In questo campo Washington continua ad avere una leadership naturale. Ma altra cosa è la politica. A me pare che, in tutti questi mesi, Biden abbia negoziato con la Germania, la Francia e gli alleati europei come un partner, su basi paritarie».
E gli europei come si stanno muovendo? Putin sostiene che si sono indeboliti, obbedendo agli ordini dell’America. «I singoli Paesi e le istituzioni della Ue sono oggi più coesi di quanto fossero prima della guerra in Ucraina. E anche la Nato diventerà più forte con l’ingresso di Svezia e Finlandia. Mi pare di vedere un blocco che, chiaramente, mantiene il rapporto di alleanza con gli Stati Uniti. In grado di dire dei “sì”, ma anche dei “no” se occorre. E infatti ci sono state intense discussioni tra le due sponde dell’Atlantico. Disaccordi, compromessi. Insomma, l’esatto contrario di ciò che vuol far credere Putin».
L’Unione europea, quindi, è già parte attiva di un nuovo equilibrio mondiale? «Certo. Ci sono le condizioni perché prenda forma davvero un equilibrio multipolare, con Stati Uniti, Europa, Cina e Russia. E vorrei sottolineare che la cosa più difficile da capire è perché Mosca non abbracci questa prospettiva di coesistenza pacifica, anziché immaginare il ritorno a modelli superati».
Secondo Putin le sanzioni non stanno funzionando. E l’Unione europea si sta facendo del male in «modo folle». È così? «Non sono in grado di valutare l’impatto delle sanzioni sull'economia europea. Forse è vero che gli effetti sulla Russia si sentiranno con tempi più lunghi rispetto a quelli previsti dai governi occidentali. Però sono abbastanza vecchio per ricordare come vennero aggirate le sanzioni contro l’Italia, quando Mussolini decise di invadere l’Etiopia. Queste sono misure che richiedono un atteggiamento di fermezza nel lungo periodo. In ogni caso sono gli ucraini a chiederci di mantenerle e quindi dobbiamo continuare a farlo, se vogliamo essere coerenti con il nostro impegno ad aiutarli».
Che cosa pensa dell’uscita di Henry Kissinger e, dall’altro capo dello spettro politico-culturale, del filosofo Noam Chomsky? Entrambi chiedono all’Ucraina di negoziare con Mosca, rinunciando a parti del territorio. «Il governo di Kiev, però, rivendica la propria integrità territoriale. Naturalmente sia Kissinger che Chomsky ne sono consapevoli. Quindi, di fatto, stanno auspicando un negoziato che passi sopra la testa degli ucraini. Mi sembra un’idea moralmente e politicamente inaccettabile».
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