Le sbandate di Biden
Analisi di Antonio Donno
Joe Biden
Gli Stati Uniti non invieranno in Ucraina, come in un primo momento era stato deciso dall’Amministrazione americana, missili che fanno parte del Multiple Launch Rocket System (Mirs), in grado di raggiungere la gittata fino a 300 chilometri. Questi missili erano giudicati dagli ucraini indispensabili per poter fronteggiare ed eventualmente ribaltare l’avanzata dei russi nel Donbass. La situazione militare nella regione è sempre più sfavorevole agli ucraini e si teme che i russi possano completare la conquista del Donbass entro la fine di luglio. Dopo di che nessuno può prevedere se Putin si fermerà o se riprenderà l’assedio di Kiev, come aveva inizialmente deciso.
Ma al di là di tali incerte previsioni, ciò che maggiormente preoccupa in questa fase della guerra è l’atteggiamento di Joe Biden. Il Presidente americano ha affermato che Zelensky non aveva dato retta agli ammonimenti americani sulla probabile invasione da parte russa. Ora, questo può anche essere vero, ma perché fare una dichiarazione di questo genere in un momento cruciale della guerra? Lo sconcerto di Zelensky è stato grande, anche perché i russi hanno interpretato l’affermazione di Biden come una sorta di presa di distanza di Washington dalla crisi ucraina. Anche se questo non fosse vero, è indubitabile che la dichiarazione di Biden, corretta subito dopo dai suoi collaboratori alla Casa Bianca, può essere un incentivo per Putin nel suo programma di conquista del Donbass.
Ma l’aspetto più inquietante della questione è il fatto che Biden si sia lasciato andare a una dichiarazione grave, come del resto in altre importanti circostanze. Le correzioni dello staff della Casa Bianca, pur indispensabili, alle affermazioni di Biden, non fanno altro che aggravare l’immagine di un Presidente non sempre lucido nei suoi discorsi. Da un punto di vista dell’impegno occidentale a favore dell’Ucraina, non c’è dubbio che le parole di Biden introducono elementi di incertezza nella coalizione dei Paesi che si sono impegnati a fornire armi agli ucraini e a sostenerne politicamente la resistenza. Occorre, dunque, che gli Stati Uniti riesaminino la loro posizione nella guerra russo-ucraina e, perciò, la cosa più saggia sarebbe quella di fornire a Kiev quei missili necessari per ribaltare la situazione nel Donbass. Il pericolo che tali missili a lunga gittata possano essere usati dagli ucraini per colpire il territorio russo è una preoccupazione fuori luogo, perché in questo caso la guerra assumerebbe connotati di una gravità eccezionale e tutto a danno della stessa Ucraina e, con ogni probabilità, dell’intero sistema politico internazionale.
Se il Donbass venisse conquistato dai russi – e tutto lo fa prevedere – Putin si troverebbe in una posizione di superiorità politica nei confronti dei suoi avversari. Se il dittatore russo non dovesse procedere alla conquista di tutta l’Ucraina, per evitare una crisi internazionale ancora più grave, si dovrebbe procedere a dare inizio a negoziati di assai difficile prospettiva. È indubbio che Putin si troverebbe in una posizione politica di grande vantaggio, sia nei confronti degli ucraini, sia dei Paesi occidentali che hanno aiutato la resistenza di Kiev. Una situazione tra le più complesse dopo la fine della guerra fredda.
Il ruolo degli Stati Uniti nella crisi russo-ucraina sembra essere a un punto di svolta, ma sbaglia Lucio Caracciolo ad affermare che “Washington cerca di uscire dalla trappola ucraina che Mosca le ha teso”. Fino a qualche settimana fa è stata la Russia a cadere nella “trappola ucraina” a causa delle ripetute sconfitte subite sul terreno da parte degli ucraini, sostenuti militarmente dalla coalizione occidentale. Tanto è vero che Putin ha dovuto rivedere i suoi piani e concentrarsi sul Donbass, dove gli ucraini filo-russi rappresentano un sostegno non indifferente per i militari russi. E se gli Stati Uniti decidessero di fornire i Mirs a Kiev, in quella regione potrebbe verificarsi un nuovo ribaltamento bellico. Ipotesi, però, da scartare. Per adesso.