Italia-Israele: un antico legame tra Paesi amici Commenti di Tommaso Ciriaco, Meir Ouziel, Laura Lucchini
Testata: La Repubblica Data: 13 giugno 2022 Pagina: 12 Autore: Tommaso Ciriaco - Meir Ouziel - Laura Lucchini Titolo: «Draghi vola da Bennett. Subito gas israeliano per il fabbisogno dell’Italia - Vi spiego perché il popolo ebraico ha un antico legame col vostro Paese - Quel ponte che passa dall’Egitto lungo il 'gasdotto della pace'. Poi il trasporto liquido sulle navi»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/06/2022, a pag. 12, con il titolo "Draghi vola da Bennett. Subito gas israeliano per il fabbisogno dell’Italia", la cronaca di Tommaso Ciriaco; con il titolo "Vi spiego perché il popolo ebraico ha un antico legame col vostro Paese", il commento di Meir Ouziel; con il titolo "Quel ponte che passa dall’Egitto lungo il 'gasdotto della pace'. Poi il trasporto liquido sulle navi", il commento di Laura Lucchini.
A destra: Naftali Bennett
Tommaso Ciriaco: "Draghi vola da Bennett. Subito gas israeliano per il fabbisogno dell’Italia"
Gas e futuro. Gas, perché Israele è capace di contribuire all’autonomia energetica di Roma attraverso nuove imponenti forniture, che potrebbe far transitare dall’Egitto e poi trasportare in Italia dopo un processo di liquefazione e successiva rigassificazione. E futuro, visto che l’obiettivo è collaborare sui dossier decisivi dei prossimi anni: tecnologie all’avanguardia, agroalimentare, sanità e biomedicina, farmaceutica, sicurezza cibernetica, aerospazio. Con questo spirito nasce la visita di Mario Draghi in Israele. Tra oggi e domani, il premier sarà ricevuto a Gerusalemme dalle massime cariche politiche e istituzionali del Paese. L’antefatto, innanzitutto. L’idea della visita nasce da un incontro fra Draghi e l’ambasciatore israeliano in Italia, Dror Eydar, meno di due mesi fa. «Ma visto che avete bisogno di così tanto gas – è stato il ragionamento di Eydar - perché non prendere anche quello israeliano?». «Guardo l’agenda – ha colto l’opportunità il premier - e decidiamo la data della mia visita». La tempistica, in questa storia, non è irrilevante: la missione apre infatti un tour internazionale che porterà Draghi prima al Consiglio europeo, poi al G7 e al vertice Nato, infine da Erdogan ad Ankara. Il gas, allora. Priorità di Roma, opportunità per ridurre la drammatica dipendenza dall’energia di Mosca. Esistono tre opzioni per trasportare quello israeliano nel nostro Paese. La prima scommette sul futuro gasdotto EastMed. La seconda prevede di utilizzare il flusso di gas che da Israele giunge fino in Egitto. La terza sfrutta lo snodo della Turchia per arrivare nel nostro Paese attraverso il Tap. Tra i tre potenziali schemi di approvvigionamento, uno soltanto è capace di dare frutti in tempi brevi: quello che coinvolge il “gasdotto della pace” che unisce Israele ad Egitto, alimentato dal mega giacimento off-shore Leviathan. La tratta è di cento chilometri che porta da Ashkelon al terminale egiziano di Al-Arish. Lì il gas verrebbe reso liquido e spedito in Italia per nave. Infine rigassificato. In questa fase appare l’opzione più veloce. Quella che eviterebbe di “sprecare” un’infrastruttura permanente come può essere un nuovo gasdotto, se l’obiettivo finale è comunque quello di lasciare spazio alle rinnovabili. Leviathan, tra l’altro, è il secondo giacimento off-shore più grande del Mediterraneo dopo Zohr, scoperto da Eni nel 2015 in Egitto. A differenza di questo scenario, l’opzione Tap sembra meno percorribile a causa delle complesse relazioni tra Israele e Ankara. Quanto al gasdotto EastMed, presenta vantaggi significativi e alcuni ostacoli non irrilevanti. La portata della fornitura sarebbe imponente, ma il completamento dell’impianto non avverrà prima del 2027. Dubbi che spingono oggi Israele - che in passato puntava su EastMed - a dire: «Scegliete voi lastrada che preferite, noi siamo pronti». La missione di Draghi non sarà soltanto impegno strategico per la diversificazione energetica. Lo si capisce scorrendo l’agenda del premier: l’incontro con il Presidente dello Stato di Israele, Isaac Herzog, la visita al Museo di arte ebraica e alla sinagoga italiana a Gerusalemme, l’appuntamento con i rappresentanti della Comunità italiana, il colloquio con il ministro degli Esteri israeliano, Yair Lapid, figura cruciale nello scacchiere politico israeliano. Domani, poi, visita allo Yad Vashem e al Museo dell’Olocausto, con la prospettiva di provare a coinvolgere Israele nelle celebrazioni del Giorno della Memoria, il 27 gennaio, come già fa la Germania. Ma il passaggio più importante è certamente il faccia a faccia con il primo ministro Naftali Bennett. Con lui si parlerà innanzitutto della crisi in Ucraina, visto che è stato tra i pochissimi leader a recarsi a Mosca da Putin dopo l’avvio del conflitto e Draghi ha voglia di ascoltare le sue previsioni sui prossimi sviluppi della guerra. I due leader ragioneranno anche della possibilità di lanciare per l’ottobre del 2022 un summit bilaterale fra esecutivi in Israele. Con l’esecutivo di Bennet sarà inoltre possibile stringere una più stretta integrazione con l’alta tecnologia israeliana, da sfruttare per l’attuazione del Pnrr italiano. Applicando ad esempio l’esperienza nel campo della digitalizzazione alla pubblica amministrazione italiana. E allargando l’esperienza israeliana nella ricerca sanitaria e della tecnologia agro-alimentare. Il primo ministro israeliano insisterà invece su altri capitoli sensibili. A partire dal nodo dell’Iran e del programma nucleare. A Draghi chiederà di non accelerare la ripresa dei rapporti economici con Teheran. Insisterà per rilanciare l’Accordo di Associazione Israele-Ue. Senza mancare di pungolare il premier anche rispetto a diversi voti dell’Italia su alcune mozioni a favore dei Paesi arabi, in seno alle Nazioni Unite. Infine, nel pomeriggio di martedì, il presidente del Consiglio sarà a Ramallah per un colloquio con il premier palestinese Mohammad Shtayyeh e per la firma di cinque intese bilaterali tra Italia e Palestina. In quella sede, Draghi ribadirà la classica posizione italiana, a favore di un negoziato per arrivare auna soluzione con due Stati.
Meir Ouziel: "Vi spiego perché il popolo ebraico ha un antico legame col vostro Paese"
Tra i dossier al centro della visita ufficiale del premier Mario Draghi in Israele vi è la questione dei rifornimenti di gas. La scoperta di giacimenti di gas naturale sulla costa mediterranea di Israele è stata per lo Stato ebraico un miracolo, in cui, curiosamente, vi è anche una connessione italiana: Itzhak Tshuva, l’imprenditore israeliano che ha condotto le esplorazioni e gli scavi, è un ebreo nato a Tripoli, la cui famiglia ha vissuto sotto la Libia italiana fino a quando non fu costretta, come la quasi totalità della comunità ebraica locale, a scappare in Israele. Il nonno stesso di Itzhak Tshuva fu assassinato durante i pogrom contro la comunità ebraica locale nel 1948. Ancora oggi, la numerosa comunità di cittadini israeliani di origine libica mantiene un certo legame con la lingua e la cultura italiane. Questo aneddoto è solo un piccolo promemoria della storia millenaria che unisce italiani ed ebrei attraverso il Mediterraneo. E anche l’Israele moderno è strettamente legato alla Roma di oggi. Basta ricordare che il simbolo dello Stato ebraico è la copia identica della Menorah, il candelabro a sette braccia, scolpita sull’Arco di Tito, una meta che suscita emozioni uniche nei turisti israeliani ed ebrei. In pochi ricordano il determinante contributo alla costituzione dello Stato d’Israele apportato dalla “Conferenza di Sanremo” nell’aprile 1920, uno dei consessi che ha definito gli assetti geopolitici del primo dopoguerra. Durante una cerimonia svoltasi a Sanremo quest’anno per celebrare i 102 anni da quell’avvenimento l’ambasciatore israeliano in Italia, Dror Eydar, ha ricordato che fu proprio nella città ligure che venne stabilita dalle potenze mandatarie la base del diritto internazionale che riconosce il legame del popolo ebraico con la Terra d’Israele. Non c’è da stupirsi quindi che a Netanya, città che fa parte della “Riviera israeliana” sulla costa mediterranea, l’anno scorso sia stata inaugurata la piazza “Conferenza di Sanremo”, dove è stato piantato un giardino tricolore in onore dell’Italia. Proprio per via della grande cooperazione in molteplici settori tra Italia e Israele, va anche menzionato che nel ministero degli Esteri israeliano, vi è un certo disagio per il fatto che l’Italia voti sempre contro Israele nell’ambito dei vari consessi Onu, o si astenga. Gli accordi bilaterali e la collaborazione tra i due Paesi sono molteplici e: tecnologia, agricoltura, medicina sono tra i rami più fiorenti di questa cooperazione. Solo il mese scorso si è tenuta a Napoli una grande convention “Agritech” a cui hanno partecipato oltre venti aziende israeliane che sviluppano le tecnologie più avanzate al mondo per affrontare le grandisfide della sicurezza alimentare e della desertificazione, insieme a più di 80 aziende italiane, alla presenza del ministro degli Esteri Luigi Di Maio e del ministro per le Politiche Agricole Stefano Patuanelli. Israele compra merci dall’Italia su larga scala, nel settore alimentare,arredamento, moda, prodotti high- tech, per non parlare della letteratura italiana moderna che è molto apprezzata dai lettori israeliani, dalle trame di Erri De Luca che richiamano temi ebraici alle ambientazioni napoletane di Elena Ferrante. I rapporti tra Italia e Israele sono stretti e amichevoli. Il progetto più ambizioso al momento è il gasdotto Eastmed ma potrebbero esservi anche altre strade - dall’Egitto alla Turchia - per portare in Italia il gas israeliano. In particolare alla luce della guerra in Ucraina, il deficit energetico in Europa e la necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento stanno portando a una seria discussione su questi progetti. Anche compagnie degli Emirati Arabi hanno recentemente investito nei giacimenti di gas israeliani, a seguito degli storici accordi di pace tra Israele e diversi Paesi arabi firmati negli ultimi anni: ciò rappresenta un potenziale di interscambio per il business italiano anche con gli Emirati. Se e quando l’accordo sul gas diventerà realtà, Israele - che per molti versi è già un’Europa extra europea - sarà ancora più legato al Vecchio Continente e all’Italia in particolare.
Traduzione di Sharon Nizza
Laura Lucchini: "Quel ponte che passa dall’Egitto lungo il 'gasdotto della pace'. Poi il trasporto liquido sulle navi"
Nel complesso rompicapo geopolitico necessario all’Europa per emanciparsi dalla dipendenza dal gas russo, il Mediterraneo giocherà un ruolo chiave. L’Italia, per la sua posizione strategica si propone come punto di riferimento su questa rotta. Ed è questo uno dei temi principali dell’incontro tra Draghi e Bennett oggi. La dipendenza dell’Europa dal gas russo si quantifica in 150 miliardi di metri cubi, mentre quella italiana è di circa 30 miliardi di metri cubi. Una sola fonte non può sopperire a questo fabbisogno, si impone la diversificazione. Israele è diventato in tempi recenti un Paese esportatore di gas, dopo la scoperta dei giacimenti di Tamar e Leviathan la cui dimensione è stimata rispettivamente intorno ai 300 miliardi e 620 miliardi di metri cubi. Attualmente il gas israeliano non arriva in Italia. Il modo più rapido per creare un corridoio da Leviathan verso l’Italia passa per lo sfruttamento dell’esistente “gasdotto della pace” che collega la città di Ashkelon con quella egiziana di Al-Arish sulla costa del Sinai e di cui il 25% è stato acquistato dall’italiana Snam nel 2021. Verrebbero qui usati gli impianti liquefattori già esistenti per poi far trasportare il gas sotto forma di Gnl (gas naturale liquefatto) via nave verso i porti italiani. È facilmente attuabile ma non risolutivo, perché permetterebbe di fare arrivare all’Europa soltanto tra i 2 e i 3 miliardi di metri cubi di gas.. «In Israele c’è un potenziale di export ad oggi di 20 miliardi di metri cubi. Il sistema egiziano può ad oggi assorbire solo una piccola parte. Sarebbe dunque una soluzione ponte, andrebbe abbinata ad altrerotte», spiega aRepubblica una fonte a conoscenza dei negoziati. «Inoltre è importante ricordare che il mercato di riferimento del Gnl è quello globale, ci sono già accordi esistenti, e quel gas può essere spostato dove i prezzi sono più alti». Solo attraverso la costruzione di gasdotti che permettono al gas di arrivare dai giacimenti israeliani direttamente all’Europa si potrebbero raggiungere volumi più significativi. I progetti già esistono: da una parte c’è EastMed, già incluso nel piano “Repower EU”. È il gasdotto progettato per portare le risorse di Leviathan a Cipro, successivamente inGrecia e di lì, attraverso Poseidon, in Italia. Si tratta di un gasdotto off-shore, subacqueo, per cui esistono già gli studi preliminari, ma sarebbe da costruire. Il costo è di 6 miliardi di Euro, per circa 2.000 km di infrastruttura, idealmente pronto nel 2027 e in grado di trasportare tra i 10 e i 20 miliardi di metri cubi. Le voci critiche sottolineano complessità di realizzazione, possibili ripercussioni sul fondale marino e costi maggiori a quelli di un gasdotto on-shore. I pregi hanno a che vedere con l’affidabilità dell’infrastruttura: «La differenza tra un tubo e il trasporto via nave dopo la liquefazione è che con un tubo si ha il controllo totale sul punto di arrivo del gas», prosegue la fonte. EastMed darebbe all’Europa accesso diretto al gas israeliano e controllo totale di Bruxelles sui rifornimenti. L’Italia, come punto d’arrivo ne trarrebbe vantaggio. In alternativa il gas israeliano potrebbe passare dalla Turchia, costruendo un gasdotto che da Israele si andrebbe ad allacciare all’esistente Tanap, che dall’Azerbaijan porta il gas fino in Italia passando per il Tap in Grecia. I tempi di realizzazione di questa struttura sarebbero più lunghi e a detta stessa di Tap ci vorrebbero tra i cinque e i sei anni per portare a termine l’opera. A pieno regime questa opzione arriverebbe a trasportare quantità simili a quelle di East Med, e avrebbe però il vantaggio di essere il raddoppio di una struttura già esistente e di non essere subacqueo. Gli svantaggi toccano la sfera geopolitica con il coinvolgimento di un Paese terzo: la Turchia, con maggiori rischi rispetto alla linea diretta Israele-Europa.
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