L'Iran sfida l'Onu sul nucleare Cronaca di Gabriella Colarusso
Testata: La Repubblica Data: 10 giugno 2022 Pagina: 14 Autore: Gabriella Colarusso Titolo: «Aiea al buio sul nucleare. L’Iran spegne le telecamere»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/06/2022, a pag.14, con il titolo "Aiea al buio sul nucleare. L’Iran spegne le telecamere", la cronaca di Gabriella Colarusso.
Gabriella Colarusso
Rafael Grossi ha un compito delicato: è il direttore dell’agenzia che tiene sotto controllo lo sviluppo e la gestione del nucleare nel mondo per conto delle Nazioni Unite ed è al centro di un complicato negoziato politico con l’Iran. Ieri quando ha dovuto riferire ai giornalisti della crisi nucleare con Teheran non ha nascosto la delicatezza del momento. La decisione del governo iraniano di limitare il lavoro di verifica dell’Agenzia potrebbe dare un «colpo fatale» al Jcpoa, ha detto, l’intesa firmata nel 2015 con le potenze mondiali che concedeva a Teheran un po’ di respiro sui mercati internazionali. Il governo iraniano ha annunciato che spegnerà 27 telecamere negli impianti nucleari di Teheran, nel sito sotterraneo e super protetto di Natanz, nell’impianto di Isfahan e nel reattore ad acqua pesante diArak, dopo aver già negato all’Aiea l’accesso a una parte delle registrazioni. Resteranno attive una quarantina di telecamere che sono quelle legate agli accordi di Salvaguardia, ma il risultato non cambia: senza svolte, tra tre, massimo quattro settimane, ha avvertito Grossi, l’Aiea non sarà più in grado di relazionare correttamente sullo sviluppo nucleare del Paese, che secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia è più vicino che mai alla capacità di sviluppo di un’arma atomica. La mossa di Teheran è la risposta a una mozione di censura votata dal consiglio direttivo dell’Aiea e sottoscritta da 30 Paesi che chiedeva all’Iran di fornire spiegazioni “credibili” sulle tracce di uranio trovate in tre siti non dichiarati. Contrari la Russia e la Cina, astenuti India, Pakistan e Libia. Una mozione «politica e non costruttiva, basata su informazioni false, risponderemo», aveva avvisato Teheran. «Se qualcuno pensa che arretreremo per una mozione sappia che l’Iran non farà un solo passo indietro », ha ribadito ieri il presidente conservatore Ebrahim Raisi durante un comizio a Shahr-e Kord.
Una posizione che rischia di «approfondire la crisi nucleare» e accentuare «l’isolamento» di Teheran, ha risposto il capo della diplomazia americana Antony Blinken. Nel 2015 l’Iran aveva firmato con Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania e Unione Europea un accordo che prevedeva la rimozione delle sanzioni in cambio di uno stretto monitoraggio e limitazioni sul suo programma nucleare. Nel 2018, Trump ha stracciato l’intesa, e Teheran ha ripreso ad arricchire l’uranio, a installare centrifughe avanzate, a produrre uranio metallico — che secondo Francia, Germania e Gran Bretagna non si giustifica con nessuna ragione di ricerca civile – e si è avvicinata di molto al punto in cui avrebbe la possibilità di costruire una bomba, intenzione che ha sempre negato. Una strada per fermare l’escalation e riportare il programma nucleare iraniano sotto il controllo internazionale si era riaperta con i colloqui indiretti di Vienna, ma il negoziato si è arenato: non va avanti e non viene nemmeno dichiarato morto perché questo aprirebbe uno scontro diretto con l’Iran e una crisi nucleare che rischia di coinvolgeretutto il Medio Oriente.
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