La fuga del rabbino di Mosca: 'Volevano il sostegno all’invasione' Analisi di Rosalba Castelletti
Testata: La Repubblica Data: 09 giugno 2022 Pagina: 10 Autore: Rosalba Castelletti Titolo: «'Volevano il sostegno all’invasione'. Il rabbino di Mosca esule a Gerusalemme»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 09/06/2022, a pag.10, l'analisi di Rosalba Castelletti dal titolo "'Volevano il sostegno all’invasione'. Il rabbino di Mosca esule a Gerusalemme".
Rosalba Castelletti
Pinchas Goldschmidt
Ora che è al sicuro, si può dire la verità. Pur di non cedere alle pressioni delle autorità russe e di non dare la sua benedizione alla cosiddetta “operazione militare speciale”, il rabbino capo di Mosca Pinchas Goldschmidt ha lasciato la Federazione insieme alla moglie Dara. È fuggito di soppiatto due settimane dopo l’inizio dell’offensiva russa in Ucraina e non è più tornato. E non tornerà, benché proprio ieri sia stato rieletto per un nuovo mandato di sette anni a capo della Sinagoga Corale della capitale russa. Guiderà i suoi fedeli dall’esilio. Da Israele, dove è arrivato dopo avere fatto tappa in vari Paesi dell’Est Europa, tra cui l’Ungheria, per raccogliere fondi per gli esuli ucraini. A rivelare la rocambolesca fuga della coppia ebrea è stata la nuora Avital Chizhik-Goldschmidt, giornalista che vive a New York. «Posso finalmente condividere che i miei suoceri sono stati sottoposti a pressioni dalle autorità perché sostenessero pubblicamente “l’operazione speciale” in Ucraina. E si sono rifiutati. Ora sono in esilio dalla comunità che amavano, che avevano costruito e in cui avevano fatto crescere i loro figli per 33 anni. Il dolore e la paura della nostra famiglia, negli ultimi mesi, è al di là delle parole», ha twittato. E dire che Goldschmidt, nato 58 anni fa a Zurigo, in Svizzera, non aveva detto una parola contro “l’operazione”. Alle pressioni aveva opposto un ostinato silenzio. Non è bastato. Qualcuno gli ha suggerito che fosse meglio andar via, per la sua sicurezza e quella dei suoi cari. Nei suoi 33 anni a Mosca, 29 anni da rabbino capo, aveva già avuto problemi con le autorità. Nel 2005 gli era stato negato l’ingresso nel Paese per imprecisati «problemi di sicurezza nazionale ». Un incidente mai chiarito, ma subito rientrato. A Goldschmidt nel frattempo era stata affidata anche la supervisione dell’Europa Centrale tanto che dal 2011 è a capo della Conferenza dei rabbini europei. Ora viaggia accompagnato da tre guardie del corpo. «Non mi definisco un rabbino in esilio. Sono un rabbino che non vive con la sua comunità», ha detto al quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth . «Ci sono tanti rabbini in esilio oggi. Mi rattrista ciò che sta accadendo. È una catastrofe». Goldschmidt,infatti, non è il solo ebreo ad aver lasciato la Russia da quando sono esplose le ostilità in Ucraina. «Una parte molto significativa» della comunità ebraica russa, che conta 155mila fedeli, è andata via e «un’altra pensa di andarsene», ha detto lo stesso rabbino. Un esodo che si somma a quello degli ebrei ucraini e che, insieme agli appelli del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ebreo anche lui, ha spinto il premier israeliano Naftali Bennett a proporsi come mediatore. Dall’Ucraina si fugge dalle bombe, dalla Russia da quello che il portavoce della Federazione delle comunità ebraiche in Russia, Baruch Gorin, ha definito «un clima politico e sociale molto preoccupante».
Vladimir Putin
L’intervento viene peraltro descritto dal Cremlino come un’opera di “denazificazione” di Kiev, benché la destra nazionalista ucraina sia così marginale da avere ottenuto solo il 2% dei voti alle ultime elezioni e il Paese sia guidato appunto da un ebreo, Zelensky. Davanti a queste obiezioni il ministro degli Esteri Sergej Lavrov aveva sostenuto, in una contestata intervista andata in onda suRete4 ,che anche Adolf Hitler aveva sangue ebreo. Affermazione che, dopo le proteste della comunità ebraica, aveva costretto il presidente russo Vladimir Putin a porgere le proprie scuse a Israele. C’è da dire che finora, negli oltre 100 giorni di conflitto, nessun rabbino è stato preso di mira. Cosa successa in passato: almeno otto, tutti stranieri, sono stati espulsi o si sono visti ritirare o non rinnovare il visto ecclesiale dal 2008 a oggi. Nella Chiesa cattolica, invece, si registrerebbero almeno due casi sospetti. Stando aNezavisimaja Gazeta , il polacco Dariusz Pelyak e il messicano Fernardo Vera Zorrilla avrebbero lasciato il Paese prima di Pasqua. «Espulsi», secondo i fedeli, perché avevano criticato l’offensiva nei loro sermoni. Ma mancano conferme ufficiali. Persino nella Chiesa russa ortodossa guidata dal patriarca Kirill, potente alleato di Putin, non ci sono più intoccabili: il metropolita Hilarion è stato rimosso come capo del dipartimento alle Relazioni estere, che ne faceva il numero due del patriarca Kirill, ed è stato rinominato a capo della diocesi di Budapest perché troppo “ambiguo”. Anche se la testata ultraconservatrice Tsargrad interpreta il trasferimento non come un declassamento, ma come un atto di riconoscenza nei confronti dell’ungherese Viktor Orbán che si è opposto alle sanzioni europee contro Kirill. Gli imam a capo delle comunità musulmane, che in totale ammontano a quasi il 10% della popolazione russa, hanno sostenuto l’operazione, a partire dal capo del Consiglio dei muftì di Russia Talgat Tajuddin. Il rabbino Goldschmidt, invece, ha scelto un’altra strada.
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