Draghi-Macron: visioni diverse sull'Ucraina in Ue Commento di Tommaso Ciriaco
Testata: La Repubblica Data: 08 giugno 2022 Pagina: 10 Autore: Tommaso Ciriaco Titolo: «Draghi e Macron, visioni diverse sull’ Ucraina in Ue. Intesa sull’economia»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 08/06/2022, a pag. 10, con il titolo "Draghi e Macron, visioni diverse sull’ Ucraina in Ue. Intesa sull’economia", la cronaca di Tommaso Ciriaco.
Mario Draghi
Da qualche tempo, Mario Draghi si è convinto che la sponda giusta sia quella di Emmanuel Macron. O almeno, che possa esserlo per ottenere alcuni risultati politici: favorire un nuovo fondo Sure che garantisca finanziamenti a tassi agevolati, costruire una difesa comune e, in prospettiva, varare un nuovo Recovery. Se ne è convinto osservando anche alcune timidezze della nuova era di Scholz. Per queste ragioni, appena ricevuto dal presidente l’invito alla riunione dell’Ocse a Parigi, l’ex banchiere ha rilanciato: se avremo modo di trascorrere un paio d’ore assieme a discutere dei dossier più caldi, ci sarò. Ci sarà anche per ragionare di ciò che invece dovrebbe funzionare meglio. In particolare, la “concorrenza” dura sul fronte del mercato della Difesa. E la postura da tenere rispetto all’iter d’ingresso dell’Ucraina nell’Ue, che Roma vorrebbe più rapido di quanto prevede l’alleato. Si vedranno stasera, all’Eliseo. In vista del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno, che dovrà decidere sul dossier di Kiev. Draghi dirà che bisogna accelerare questo percorso di ingresso. Ha usato argomenti simili anche ieri, a Palazzo Chigi, ricevendo il presidente della Georgia, un altro dei Paesi che bussa alle porte di Bruxelles. È il momento storico a imporre di fare in fretta, è il suo ragionamento, anche se ovviamente senza forzare l’iter previsto dai trattati. Sul punto, insomma, Draghi non è del tutto allineato a Macron. Il francese ha in mente altro. Punta a cercare una sponda sulla proposta di creare una “comunità politica europea”, utile a suo avviso per agganciare Kiev all’Unione. Secondo l’Eliseo questa nuova entità permetterebbe un processo di adesione rapido, basato sulla condivisione di valori politici, arrivando così ad inglobare subito l’Ucraina – oltreché Moldavia e Georgia – senza dover aspettare “decenni”. Vuole presentare l’opzione al Consiglio di giugno e spera nel sostegno di Scholz. Zelensky, spalleggiato dai Paesi dell’Est, punta invece sul normale percorso di adesione. E d’altra parte, le differenze non si esauriscono qui: il premier usa sempre concetti ruvidi verso la voglia di pace di Putin, mentre Macron ha recentemente irritato Zelensky a causa dei ragionamenti sulla necessità di non umiliare Mosca. Su altre sfide, invece, la sintonia tra i due leader è forte. L’italiano crede nel sostegno di Parigi per rafforzare il progetto di Sure, già utilizzato durante la pandemia, in modo da finanziare con tassi agevolati le misure anti-crisi. E lo stesso vale per il dibattito su un nuovo Recovery: la prospettiva piace a Draghi e ha bisogno del via libera di Macron per affrontare l’opposizione di Berlino, ostile all’idea che siano i bilanci nazionali a garantire nuovi bond europei. Senza mai trascurare la battaglia per ilprice cap sull’energia. Serve il sostegno francese per non farla nascere già depotenziata. Il veropunto critico del rapporto tra le due capitali è però quello della difesa. Non si tratta della volontà – condivisa – di costruirne una comune europea. Semmai, della concorrenza sul mercato degli armamenti. Macron punta molto sui finanziamenti ai programmi di sviluppo per cercare di ottenere una leadership nel settore aeronautico-elettronico. L’Italia fa lo stesso. Parigi sta molto insistendo sul fatto che il nuovo fondo Ue per l’acquisto di armi sia solo riservato a tecnologie cento per cento europee, tagliando fuori chi – come Roma – ha programmi congiunti con Regno Unito e America. La resistenza italiana è stata decisa. E dovrebbe portare alla fine a tutelare comunque le società di Paesi membri partecipate da colossi americani. Di certo, la posizione di Macron tiene in allerta Draghi e il ministro Lorenzo Guerini. E spinge Roma a cercare un asse con Berlino. Anche il riarmo della Germania annunciato da Scholz passa infatti dagli Usa. Uno dei primi segnali è stata la scelta del Cancelliere di comprare fino a trentacinque caccia F35 dagli americani, mettendo un’ipoteca sul Fcas (Future combat air system) lanciato da Francia, Germania e Spagna. Sul tavolo del colloquio tra Draghi e Macron c’è infine anche l’offerta presentata la scorsa settimana da Rheinmetall per provare ad acquisire Oto Melara da Leonardo. Rheinmetall– che dice di avere il sostegno di Scholz – vuole allargare all’Italia il programma del tank franco-tedesco, che però tramite la sua quota di Oto Melara diventerebbe più tedesco che francese. Anche Knds – consorzio franco-tedesco guidato più da Parigi – a ottobre aveva presentato un’offerta per Oto. Ma la possibilità che l’Italia accetti l’eventuale vendita di Oto Melara dipende anche e soprattutto dall’eventuale ingresso di Roma nel progetto del super carro europeo. Su questo punto, l’esecutivo non è intenzionato a cedere.
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