Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 07/06/2022, a pag. 6, con il titolo "Bloccò le news della tv di Putin: 'Ora mi credono una spia russa' ", l'analisi di Fabio Tonacci.
Fabio Tonacci
Marina Ovsjannikova
Non si trova un ucraino che creda alla buona fede di Marina Ovsjannikova. La reputano una spia dell’Fsb. Ritengono che ogni sua dichiarazione pubblica sia costruita ad arte sul tavolino della propaganda di Mosca. La producer 43 enne, diventata famosa il 14 marzo quando interruppe il telegiornale russo di Channel One mostrando in diretta un cartello contro la guerra, non la vogliono proprio. «Sono arrivata in Ucraina il 27 maggio volevo intervistare Zelensky, mostrare alla Russia gli orrori di Bucha e il male che sta facendo Putin al popolo ucraino... il 31 sono dovuta scappare perché la scorta era molto preoccupata per la mia incolumità».
Scappare, incolumità. Usa questi termine al telefono con Repubblica , poco prima di commuoversi. Ovsjannikova, nata ad Odessa, è per metà ucraina e per metà russa. Giornalisti e opinion leader ucraini la considerano, nella migliore delle ipotesi, la testa di ponte di una «operazione speciale informativa-psicologica pianificata dai servizi segreti russi». Il nodo della discordia è questo: pur dicendo tutto il male possibile di Putin e del suo governo, Ovsjannikova più volte ha separato le sorti del presidente della Federazione da quelle del popolo, sostenendo che le sanzioni dovrebbero colpire solo lui e gli oligarchi, risparmiando quindi l’economia della Russia. Lo ha detto a Fabio Fazio durante l’intervista su Rai Tre .«Esattamente la narrativa di cui ha bisogno il Cremlino per farsi togliere le sanzioni», scrive su Facebook Dima Replianchuk, giornalista investigativo che collabora con la procura generale di Kiev per identificare gli autori dei crimini di guerra. Il viaggio di Ovsjannikova tra Kiev e Odessa a fine maggio, poi, è diventato un caso nazionale, ne parlano tutti e tutti allo stesso modo: una raffinatissima missione di propaganda dell’Fsb camuffata da coraggiosa dissidenza. La sua stessa presenza in Ucraina e i suoi spostamenti sono stati messi in dubbio. «Ho video e foto della trasferta», ribatte la producer. Per dimostrarlo, ci ha inviato una foto e lo spezzone del suo reportage, non ancora uscito in Germania (lavora come freelance per Die Welt )in cui la si vede davanti a uno degli alberghi di Odessa distrutti da un bombardamento. «Devono venire fuori i nomi di chi le ha permesso di entrare in Ucraina», ha protestato Ayder Izzet-Oglu Muzhdabaev, influente vice direttore generale di Atm, Tv tatara basata in Crimea. Il tenore dei commenti, grosso modo, è stato questo.
«È tutto folle», si difende lei. «In Ucraina mi odiano e mi credono una spia dell’Fsb, in Russia pensano che sia una spia britannica... quelle frasi sulle sanzioni le ho dette prima di aver visto il massacro di Bucha, ora ho cambiato idea! Ora sono convinta che la guerra sia una responsabilità collettiva dei russi e che la comunità internazionale debba colpire laFederazione con più sanzioni di quante ne ha già approvate. Ero pronta a spiegarlo di persona, però non me ne è stata data la possibilità ». Il riferimento è a un episodio dai contorni poco limpidi. L’agenzia stampa Interfax-Ucraina annunciaper il 31 maggio a Kiev una conferenza stampa dal titolo: “Rivelazioni di Marina Ovsyannikova: come funziona la propaganda russa”. In pochissimi minuti la notizia fa il giro dei social e si alza il polverone dell’indignazione. La responsabile dell’osservatorio sulla trasparenza dei media, Natalia Lyhachova, invita a ignorare l’evento. Che, nel giro di poche ore, viene cancellato. «Era stata un’idea mia, in collaborazione con Die Welte due ong, una americana e una olandese», spiega la producer. «Sono stati i vertici diInterfax-Russia a chiamare e a ordinare di annullare la conferenza». Almeno ufficialmente, tuttavia, la filiale ucraina si è staccata dalla sede di Mosca dopo Euromaidan. «Ero disponibile a rispondere a ogni domanda, anche a ripetere per l’ennesima volta che sono uscita dalla Russia non perché sono una spia ma solo grazie all’aiuto della comunità internazionale, soprattutto Stati Uniti e Francia. Zelensky allora si era congratulato con me. Adesso vivo a Berlino, da sola. Ho perso tutto per sostenere gli ucraini: i miei figli sono come prigionieri in Russia e non li posso abbracciare, non ho più la mia casa, non ho più il mio lavoro. Eppure, in Ucraina, mi odiano».
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