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La Stampa Rassegna Stampa
06.06.2022 Pramila Patten: 'Stupro come arma di guerra, l'Onu ha le prove contro Mosca'
La intervista Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 06 giugno 2022
Pagina: 11
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «'Stupro come arma di guerra, l'Onu ha le prove contro Mosca'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/06/2022 a pag.11 con il titolo 'Stupro come arma di guerra, l'Onu ha le prove contro Mosca' l'intervista di Francesco Semprini.

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Francesco Semprini

UN Secretary-General appoints Under-Secretary-General Pramila Patten as  officer-in-charge of UN Women | UN Women – Headquarters
Pramila Patten

«Lo stupro viene utilizzato come arma di guerra. Le vittime sono donne ma anche uomini ucraini, aguzzini tuttavia non sono solo da una parte". La denuncia è di Pramila Patten, Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres per la violenza sessuale nei conflitti.

Che ruolo ha la violenza sessuale nella guerra in Ucraina? «È una tragedia dalle modalità già viste in altri casi, solo che questa volta avviene nel cuore della civilissima Europa, il corpo delle donne usato sul terreno di battaglia. Dall'inizio dell'invasione, il 24 febbraio 2022, abbiamo registrato una pronunciata quantità di casi di violenza sessuale, i primi già alcuni giorni dopo quella data. Dobbiamo dire che questa volta a differenza di altre, i media hanno immediatamente acceso i riflettori su questo genere di crimini dandone ampio spazio nelle loro cronache. In questo modo tutto il mondo ha potuto assistere a questo genere di dramma ed ascoltare le testimonianze di chi ha subito o ha assistito a tali crimini, ovvero le donne ucraine. Questo mi ha spinto già quattro giorni dopo l'inizio della guerra a rivolgere un appello alle parti coinvolte affinché si adoperassero per garantire sicurezza maggiore nei confronti delle donne e proteggerle da tutte le forme di violenza sessuale e dai traffici di esseri umani».

Si tratta quindi di violenze sistematiche? «È chiaro ormai a tutti che la violenza sessuale in questo conflitto viene utilizzata come arma di guerra, le donne sono state travolte da questo conflitto con forme di violenza reiterata, sia ai danni di quelle che si trovano all'interno dell'Ucraina sia quelle che sono state costrette a scappare. Purtroppo, non basta scappare, si rimane vittime potenziali anche quando si va in un altro Paese dove si è esposti a forme di sopruso, sfruttamento e violenza da parte di persone senza scrupoli».

Qual è stata la sua impressione sul campo? «Sono stata a Kiev e Leopoli, non ho incontrato personalmente vittime di violenze sessuali ma ho incontrato Ong e funzionari governativi che hanno riportato ampia documentazione di casi di violenze sessuali su cui si sta investigando. Ci hanno raccontato casi di violenza sessuale compiuti davanti ai famigliari, magari con un fucile puntato alla testa della vittima o di chi era costretto ad assistere a questo orrore. Si tratta di famiglie che ora vengono seguite da personale specializzato, ci sono state violenze su ragazzine, ci sono stati stupri di gruppo avvenuti negli scantinati delle zone occupate che sono durati giorni. Le Nazioni Unite hanno dispiegato squadre di investigatori sul campo per capire quanti casi ci sono stati e per darne documentazione, ovviamente per fare le opportune verifiche occorre del tempo ma è un lavoro imprescindibile».

Alcune settimane fa è circolata la notizia di violenze ai danni anche di uomini, può confermarlo? «Assolutamente sì, mi è stata confermata dal Human rights monitoring team che si occupa delle verifiche sul campo. Ci sono stati molti casi di violenza, di nudità imposta a scopo di umiliazione, e abbiamo avuto financo informazioni di un caso in cui la vittima dello stupro è stato un ragazzino di undici anni violentato di fronte ai suoi genitori. Ed è questo il punto, lo stupro come arma di guerra avrà un impatto di lungo periodo su chi lo subisce ma anche sulle famiglie delle vittime e le comunità. Ed è per questo che stiamo cercando di fare il possibile per affrontare il problema con approccio preventivo».

Ha avuto modo di incontrare Lyudimila Deniosova, la ministra licenziata per aver gonfiato i dati sugli stupri? «Sì certo, ho avuto un incontro molto lungo, lei era la responsabile dei diritti umani e presto parlerò con il governo ucraino per avere spiegazioni su quanto accaduto, anche perché è necessario nel quadro della cooperazione tra le Nazioni Unite e Kiev».

Dove avete registrato i casi più frequenti? «Non abbiamo ancora una mappa dei casi precisa, per adesso gli ispettori sul campo hanno ragione di credere che si è registrato un elevato numero di casi a Kiev e Mariupol. Alcune zone sono inaccessibili».

Per quanto riguarda i territori occupati dai russi o dai filorussi avete rilevazioni? «L'accesso in quelle zone è difficile se non impossibile, quindi le informazioni che abbiamo sono aneddotiche si tratta di dati frammentati e discontinui che necessitano di verifiche, quando sarà possibile».

La Russia sta cooperando? «Ho un incontro questa settimana con il Rappresentante permanente russo presso le Nazioni Unite, l'ambasciatore Vasily Nebenzya, mentre ad aprile ne abbiamo avuto un altro prima che partissi per l'Ucraina di carattere più generale. Questo sarà più circostanziato. Il mio mandato è del resto quello di avere rapporti con ognuna delle le parti coinvolte nel conflitto secondo quanto stabilito dalla risoluzione 1888 del Consiglio di sicurezza Onu».

Avete registrato casi di violenza sessuale perpetrati da ucraini? «Sì, abbiamo ricevuto denunce di violenze sessuali avvenute tra le fila delle forze ucraine. Si tratta di casi che ho portato all'attenzione dei funzionari governativi di Kiev quando sono stata lì e devo dire che da parte loro non c'è stata un atteggiamento negazionista o ostruzionista. E loro stessi si sono impegnati a cooperare migliorando i meccanismi di controllo e lavorando a stretto contatto col personale Onu. In realtà si tratta di episodi che erano già avvenuti nella guerra del 2014 e di cui noi abbiamo dato ampia documentazione in un rapporto del 2018».

Quale è l'aspetto fondamentale per combattere questa piaga? «Denunciare, le vittime devono sempre denunciare, altrimenti il rischio è che ci troviamo davanti a una nuova Bosnia. Occorre fare giustizia, dimostrare che l'impunità non è la regola. Nessuna amnistia, nessuna giustificazione, nessuna tolleranza».

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