La grande fuga dei liberali da Mosca Commento di Rosalba Castelletti
Testata: La Repubblica Data: 06 giugno 2022 Pagina: 8 Autore: Rosalba Castelletti Titolo: «Dall’ex premier al candidato presidente. La grande fuga dei liberali da Mosca»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 06/06/2022, a pag.8, l'analisi di Rosalba Castelletti dal titolo "Dall’ex premier al candidato presidente. La grande fuga dei liberali da Mosca".
Rosalba Castelletti
Vladimir Putin
Pur di smentire i giornali che lo davano in fuga dalla Russia, l’oppositore settantenne Grigorij Javlinskij ha citato il leggendario cantautore sovietico Vladimir Vysotskij: «Non preoccuparti, non me ne sono andato. E non sperare, non me ne andrò!», ha scritto su Telegram. Il tre volte candidato — sconfitto — alle presidenziali e fondatore del partito liberale Jabloko (Mela), non rappresentato in Parlamento dal 2007, era stato visto imbarcarsi lo scorso giovedì su un volo per Londra via Dubai. Il video di lui in coda agli imbarchi in aeroporto ben presto era rimbalzato su vari siti web e canali Telegram finché non è intervenuto il portavoce del partito, Igor Jakovlev, a sostenere che Javlinskij fosse andato in vacanza per due settimane. Il dubbio resta. Da quando, il 24 febbraio, è cominciata l’offensiva russa in Ucraina, quasi tutti i politici liberali hanno lasciato il Paese. Compresi i leader delle ultime isole dell’opposizione liberale “sistemica”, ossia tollerata dalle autorità russe. Con l’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale”, la musica è cambiata anche per loro. Sono fuggiti dissidenti come l’ottantenne Lev Ponomariov, a capo del Fondo in difesa dei detenuti, promotore della petizione che ha raccolto il numero record di oltre un milione di firme per la pace: dopo la minaccia di un processo legale, è volato in Georgia. Hanno scelto l’esilio politici di lungo corso come Leonid Gozman, 71 anni, ex copresidente del partito Russia Giusta, oggi a capo del movimento “Unione delle forze di destra”, approdato a Berlino. E sono volati via dopo essersi dimessi Anatolij Chubajs e Valentin Jumashev. Nominalmente consiglieri di Putin, benché non contassero più nulla, erano tra gli ultimi reduci del “clan” Eltsin: architetto delle privatizzazioni il primo, avvistato giorni fa con un carrello vuoto in un supermercato di Limassol, a Cipro, genero dell’ex presidente il secondo.
L’ultimo transfuga è Mikhail Kasjanov, il copresidente di Parnas, il Partito della Libertà popolare, che nei giorni scorsi ha ammesso di trovarsi all’estero. «Ma spero non per lungo», ha scritto ad Afp . Kasjanov fu ministro delle Finanze sotto Boris Eltsin dal 1999 al 2000 e premier durante il primo mandato di Vladimir Putin al Cremlino dal 2000 fino all’allontanamento dal governo nel 2004. Tre anni dopo raccolse le firme necessarie a presentare la suacandidatura alle presidenziali del 2008, ma la Commissione elettorale centrale (Cec) la respinse con uno stratagemma consolidato: dichiarò nullo il 13 per cento delle firme. Da allora, Kasjanov è sempre statosull’altro fronte della barricata rispetto al Cremlino. Nell’inverno 2011-2012 fu tra i principali oratori della cosiddetta “Rivoluzione bianca” in piazza Bolotnaja che chiedeva elezioni più eque. Con tempismo sospetto e nel classico stile dell’uso di sovietica memoria del “kompromat”, Ntv diffuse filmati di Kasjanov in intimità con una collaboratrice. Dal 2015 il 64enne è co-presidente di Parnas, ultimo erede politico dell’era Eltsin nell’era Putin. La storia del partito risale ai primi Anni ’90 quando, sull’onda delle riforme democratiche, ex comunisti fondarono la Piattaforma Democratica prima e il Partito Repubblicano poi. Passati all’opposizione con l’ascesa al potere di Putin, i “repubblicani” diedero vita a una coalizione che poi confluì in Parnas, di fatto caduto nell’oblio dopo lo scandalo a sfondo sessuale che travolse Kasjanov. Tollerato sì, ma rappresentato solo a livello locale. Perlomeno fino a qualche giorno fa quando si è visto revocare fino a settembre la registrazione dal ministero della Giustizia dopo che Kasjanov aveva prospettato una fusione con Open Russia, l’organizzazione “non grata” legata all’ex oligarca inesilio Mikhail Khodorkovskij. «I precedenti accordi con le autorità sulle garanzie personali per ogni liberale sistemico sono stati annullati dalla metamorfosi del Sistema causata dall’operazione», ha commentato il canale Telegram Kaktovottak . La prossima vittima dell’operazione di pulizia del “campo non sistemico”, sostengono gli esperti, potrebbe essere proprio Jabloko, l’ultimo partito di spicco in Russia a non riconoscere il referendum in Crimea e ad aver condannato l’offensiva in Ucraina definendola «una guerra contro il corso oggettivo della storia ». Perciò il viaggio di Javlinskij fa pensare. Per Anatolij Nesmijan, commentatore nazionalista, Javlinskij e Kasjanov hanno colto i segnali: «Il prossimo passo saranno le rappresaglie dimostrative contro i “liberali”».
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