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La Repubblica Rassegna Stampa
06.06.2022 Biden: 'Nuove armi a Zelensky'
Cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata: La Repubblica
Data: 06 giugno 2022
Pagina: 3
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «La risposta di Biden: 'Nuove armi a Zelensky per aiutarlo a trattare'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/06/2022 a pag.3 con il titolo "La risposta di Biden: 'Nuove armi a Zelensky per aiutarlo a trattare' " la cronaca di Paolo Mastrolilli.

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Paolo Mastrolilli


Joe Biden

Il 15 giugno il capo del Pentagono Austin sarà a Bruxelles per il terzo incontro dell’Ukraine Defense Contact Group, cioè la coalizione di circa quaranta Paesi impegnati a fornire a Kiev le armi necessarie per difendersi dall’aggressione ordinata da Putin. Se l’obiettivo dei missili lanciati ieri dai russi sulla capitale era quello di intimidire gli occidentali, dopo la minaccia del capo del Cremlino di colpire nuovi obiettivi se le consegne continueranno, questa è la risposta più concreta che Washington potesse dare. Come ha scritto il presidente Biden sul New York Times , la guerra l’ha scatenata Mosca, che quindi ne avrà per sempre la colpa storica. Il suo obiettivo però non è rovesciare Putin o conquistare l’ex impero sovietico, ma piuttosto mettere Zelensky in condizione di sedersi al tavolo del negoziato per la soluzione del conflitto da una posizione di forza. «Il territorio — ha commentato — è loro, e non sarò io a dire agli ucraini cosa devono farne. Ma mi sembra che, ad un certo punto, dovrà esserci un accordo negoziato. Cosa ciò comporti, non lo so. Penso che nessuno lo sappia in questo momento. Ma nel frattempo, continueremo a mettere gli ucraini in una posizione in cui possano difendersi». Interpretare queste parole come l’anticamera della resa, o come una pressione su Zelensky affinché dia a Putin quanto esige, sarebbe un errore. Non solo perché Biden è stato esplicito sulla determinazione a proseguire il sostegno militare dell’Ucraina, ma anche perché ha spiegato chiaramente come la posta in gioco non sia solo il Donbass, Kiev, oppure i confini della Nato, ma il futuro stesso della democrazia e dell’ordine internazionale basato sulle regole. Se la posta è così alta, a un certo punto bisognerà trattare con Putin, ma non per accogliere le sue richieste, registrare la capitolazione incondizionata dell’Ucraina, e aprire la porta ad altre rivendicazioni per demolire l’architettura della sicurezza e della società occidentale. Perciò Austin andrà a Bruxelles con questa agenda: «Leader della Difesa letteralmente da tutto il mondo saranno là per discutere la crisi in corso. Tra le altre cose, discuteremo le domande per l’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato e continueremo il nostro dialogo sulla risposta all’invasione russa dell’Ucraina». La convinzione a Washington è che le forze armate russe stiano facendo il loro ultimo sforzo, per cercare di conquistare tutto il Donbass prima dell’arrivo delle nuovearmi occidentali, come i lanciarazzi di precisione Himars, i radar, i Javelins e gli elicotteri Mi-17. Nel giro di tre settimane saranno al fronte, e allora la controffensiva già iniziata a Severodonetsk potrà cambiare la dinamica del conflitto. Lo dimostra l’analisi pubblicata dall’intelligence britannica, secondo cui in questa città i russi stanno mandando riservisti poco armati e addestrati del Donetsk, per risparmiare le loro truppe esauste. Quindi se gli ucraini avranno la forza di resistere ancora un paio di settimane, si potranno quanto meno creare le condizioni di stallo che li favorirebbero al tavolo negoziale. Perciò Putin alza il tiro e torna a prendere di mira Kiev, per le difficoltà in cui si trova. Forse colpendo le infrastrutture di Darnytsia usate per esportare il grano, come ha denunciato il capo del sistema ferroviario Oleksandr Kamyshin. Questa settimana la Turchia ospiterà l’incontro a quattro con Onu, Russia e Ucraina, finalizzato proprio a definire il meccanismo per sbloccare i porti e riprendere l’export di cereali, e mercoledì riceverà il ministro degli Esteri Lavrov. Se in questo contesto Mosca bombarda il grano, vuol dire che si sente davvero con le spalle al muro. Nel frattempo l’intelligence americana, su sollecitazione del Congresso, ha iniziato a fare l’analisi dei propri errori, sotto la guida della direttrice nazionale Avril Haines. Perché da una parte è stata certamente molto abile a scoprire le mosse di Putin e denunciare l’invasione che stava preparando, ma dall’altra non ha valutato bene la capacità e la volontà di combattere degli ucraini, dando per scontato che Zelensky sarebbe caduto in pochi giorni. Perciò non ha fatto abbastanza per prepararlo a contrastare l’aggressione. «Se avessimo gestito meglio le nostre previsioni — ha sottolineato il senatore Angus King — avremmo potuto fare di più per assistere Kiev prima». Proprio per questo però l’errore non verrà ripetuto ora che lo zar in difficoltà cerca di intimidire l’Occidente.

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