L’Ucrania non sta più vincendo Analisi di Paola Peduzzi
Testata: Il Foglio Data: 28 maggio 2022 Pagina: 1 Autore: Paola Peduzzi Titolo: «L’Ucrania non sta più vincendo»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 28/05/2022 a pag.1, con il titolo "L’Ucrania non sta più vincendo", l'analisi di Paola Peduzzi.
Paola Peduzzi
Milano. C’è un termine che ricorre spesso nelle conversazioni sulla guerra: è off ramp, l’uscita, lo svincolo, la strada per uscire dal conflitto. Quale off ramp potremmo offrire a Vladimir Putin perché si convinca a fermarsi? Ieri il Cremlino ha fatto sapere che i negoziati con l’Ucraina, qualsiasi essi siano, sono stati sospesi dall’Ucraina stessa: la versione russa non è mai cambiata, Kyiv è intransigente, la Nato ci accerchia e ci costringe a difendersi. Ma mentre noi ci scervelliamo per individuare l’off ramp risolutiva, Putin sta ribaltando il corso della guerra: se già non aveva preso in considerazione nessuna possibilità di tregua, quando forse gli conveniva visti i risultati militari miseri, perché dovrebbe farlo ora? L’esercito russo avanza lento ma avanza, la riorganizzazione è stata fatta, la distruzione continua non soltanto nel Donbas: ogni giorno cadono bombe lontane dall’est ucraino, la possibilità di rimettersi in piedi dell’Ucraina viene quotidianamente distrutta dalle bombe. Le cittadine dell’est piccole e irriconoscibili ai nostri occhi (il Donbas ci sembra tutto uguale, tutto già perduto) cadono senza la spettacolarità di Mariupol, ma cadono: è la cosiddetta guerra d’attrito, che coincide con l’idea di Putin della guerra lunga e che la Russia ha i mezzi e la determinazione per vincere, soprattutto se non arrivano in fretta le armi fornite dai paesi della Nato all’esercito ucraino. Per novantatré giorni di guerra – tanto sta durando – abbiamo ripetuto che i russi erano forti, che prima o poi gli errori strategico-ideologici di Putin sarebbero stati emendati e che la superiorità si sarebbe mostrata in tutta la sua brutale efficacia. Nessuno pensava che i russi ci avrebbero messo tanto ad arrivare a questo momento, e ora che è arrivato, ora che l’Ucraina non sta più vincendo la guerra, ci approcciamo alla guerra come se fosse già vinta. E Putin avanza non soltanto militarmente ma anche con le sue annessioni di fatto. Non perde nemmeno tempo con dei referendum, i cui esiti poi vanno magari falsificati e che tanto non sono riconosciuti da nessuno: occupa, indottrina, elimina il dissenso. Dove Putin arriva, si ferma: la strategia della guerra d’attrito o guerra lunga è proprio questa, distruggere e occupare, dovrete venire voi a levarmi da qui.
Gli obiettivi di Putin non sono mai stati chiari a nessuno, ma c’è qualcuno che dice: tutte queste perdite, tutta questa fatica, tutta questa pressione economica soltanto per il Donbas, una terra che poteva essere appetibile nel 2014 ma che è stata snaturata dal conflitto che si protrae da allora? Putin si ferma soltanto quando ha vinto, non se ne fa nulla delle nostre off ramp, e quindi l’unico modo per fermarlo è sconfiggerlo. Solo che sta avvenendo il contrario: sono finiti i giorni in cui guardavamo le mappe dell’avanzamento russo e pensavamo che l’esercito di Putin fosse proprio scarso, malguidato, malorganizzato, malgestito. La caduta di Mariupol è stata di certo decisiva, ma quel che avviene lì attorno con l’occupazione e più a nord con i combattimenti è ciò che sta ribaltando il corso della guerra, a favore di Putin. La discrepanza tra la percezione occidentale della guerra – s’è già un po’ vinto, ora negoziamo e mettiamo fine al conflitto, come se fosse nelle nostre possibilità farlo senza che siano i russi a esserne convinti – e quella di Putin paradossalmente non è mai stata tanto a suo favore: ci siamo chiesti come facesse a non accorgersi che non ne stava azzeccando una, e ora che le azzecca non ci chiediamo più nulla, se non quale sia la off ramp più adatta. E chi dice che l’unica via d’uscita è la sconfitta di Putin è un intransigente, un massimalista, un guerrafondaio, uno che non sa accontentarsi. Ma accontentarsi di cosa? Di avere un paese distrutto, sfinito, decurtato? In più c’è già il precedente: senza molto appoggio occidentale, nel 2014 l’Ucraina dovette accettare l’annessione della Crimea e le trincee nel Donbas, rinunciando a una parte del proprio territorio, dovendo difendere con le armi il resto mentre noi pensavamo che ci fosse un cessate il fuoco in vigore, che la guerra “a bassa intensità” non fosse una guerra. Se oggi si spinge per “negoziati prematuri”, scrive l’Economist, “quale sarebbe l’esito? Con tutta probabilità, la Russia consoliderebbe il suo vantaggio” e Putin potrebbe dire, senza mentire poi troppo, di aver vinto. Il magazine inglese ricorda la celebre frase che Margaret Thatcher disse a George Bush dopo che Saddam Hussein aveva invaso il Kuwait: “Questo non è il momento di vacillare”, o semicitando i Queen: “Don’t stop now”.
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