Le voci dall’assedio di Severodonetsk Cronaca di Daniele Raineri
Testata: La Repubblica Data: 26 maggio 2022 Pagina: 6 Autore: Daniele Raineri Titolo: «Le voci dall’assedio di Severodonetsk: 'Raid continui non si scappa più'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 26/05/2022 a pag.6 con il titolo "Le voci dall’assedio di Severodonetsk: 'Raid continui non si scappa più' " la cronaca di Daniele Raineri.
Daniele Raineri
Dei centomila abitanti di Severodonetsk ne sono rimasti in città soltanto diecimila. Ma non se ne vanno. I soldati russi premono da tre lati, tagliano le strade che portano verso la salvezza, bombardano giorno e notte con l’artiglieria, rischiano da un giorno all’altro di chiudere tutti – civili e militari e soccorritori arrivati per aiutare – in trappola, ma l’ultimo gruppo di cittadini non abbandona. «Anche ieri abbiamo organizzato un’evacuazione, per scortare via i civili passando per stradine secondarie ancora libere. Sa in quanti si sono presentati? In tre», dice a Repubblica il capo della polizia della regione di Lugansk, Victor Levchenko, da un luogo «che non posso specificare per motivi di sicurezza». Ma perché non se ne vogliono andare? «Un po’ perché hanno paura di spostarsi, un po’ sono anziani che non saprebbero dove andare. Un po’ è la psicologia della gente e io non so che dire».
Ma lo sanno i civili di Severodonetsk cos’è successo a Bucha, vicino a Kiev, dove le truppe russe hanno commesso violenze sui civili per tutto il periodo dell’occupazione? Lo sanno cos’è successo a Mariupol, dove i soldati russi hanno usato l’artiglieria per una campagna di devastazione sistematica? «Lo sanno e non se ne vanno». Levchenko non lo dice, ma il sospetto – che altri si occupano di spiegare a patto di non essere citati per nome e cognome – è che una parte di questi civili in quella città del Donbass stia aspettando i russi: l’invasione precede l’annessione, l’annessione precede la fine della guerra. Com’è la campagna di bombardamenti dei russi? «Senza pause», dice Levchenko. «Arrivano centinaia di colpi ogni giorno e la città è piccola. Già adesso il novanta per cento degli edifici è stato colpito, diventerà come Mariupol. Non mirano nemmeno più a obiettivi militari, sparano a casaccio. Quando smettono per dieci minuti ci viene ancora più ansia e ci chiediamo: cosa stanno per farci?». I colpi hanno buttato giù anche le torri metalliche delle comunicazioni e il capo della polizia manda la foto di una parabola Starlink posata su una coperta in mezzo a un prato. «Grazie Elon Musk per la connessione!».
I civili di Severodonetsk passano tutto il giorno nei rifugi o nelle cantine, a volte escono soltanto per guardare il sole o cucinare in fretta – su fuochi di legna – e poi rientrano, ci dice Eugeny, un volontario rimasto in città, che parla di catastrofe umanitaria. Non c’è elettricità, non c’è acqua, non c’è gas, non ci sono medicinali. Si dice che ci sia il Covid nei rifugi, è vero? «Non è confermato, ma qualche problema c’è con tutta quella gente sempre ammassata, forse è tubercolosi». Quelli che vogliono scappare da Severodonetsk si arrangiano come possono. Arif Bagirof ha usato una bicicletta. Si è fermato per cinque volte a causa dei colpi di artiglieria, è stato costretto a trovare rifugi lungo la strada «perché in due occasioni erano bombardamentidavvero brutti», ci ha messo sei ore ma alla fine è arrivato a Bakhmut, che in questo momento è la prima città fuori dalla trappola russa in quell’angolo di Donbass. Bagirof dice di avere sempre avuto una passione per il turismo in bicicletta, di avere fatto il volontario in bicicletta in questi mesi di guerra – del resto c’è molta poca benzina in giro – e quindi la scelta di lasciare Severodonetsk in bicicletta gli sembra normale. Si stringe nelle spalle. Disicuro è stato inquadrato da qualche drone russo lungo la strada. «Può essere – risponde – ma quelli cercano le colonne militari per distruggerle e non hanno fatto caso a me per sessantacinque chilometri». Adesso il governo di Kiev è davanti a un dilemma. I russi dopo aver tentato accerchiamenti molto più larghi stanno infine avendo successo con un accerchiamento che è più piccolo ma è lo stesso pericoloso. Il problema è cosa fare e con quale scelta di tempo. Ritirare adesso i soldati da Severodonetsk oppure lasciarli al loro posto, a combattere i russi casa per casa con un attrito tremendo per gli invasori? E se poi i soldati ucraini restano in trappola come a Mariupol? Levchenko dice che la situazione è ancora differente, ci sono scappatoie e del resto «è lo stesso esercito russo che voleva prendere Kiev in tre giorni. Nella regione di Lugansk si resta e si combatte». Non ha l’ordine di abbandonare la città – ma se lo avesse lo direbbe? Andriy, un soldato delle forze speciali, massiccio e con i capelli rossi, assieme alla sua unità vive e aspetta nelle case vuote di Severodonetsk. Anche lui dice che si resta: «I russi devono fare la fine della loro nave».
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