Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 24/05/2022, a pag. 35, con il titolo "Anatomia di un tiranno" l'analisi di Masha Gessen.
Masha Gessen
Il 21 febbraio 2022 Putin ha tenuto in televisione un lungo, farneticante discorso in cui ha affermato che l’Ucraina non è un vero Stato – secondo la sua versione della storia, è un’invenzione creata da Lenin all’indomani della rivoluzione russa – e che il suo governo è costituito da una manica di nazionalisti radicali, burattini dell’Occidente, che opprimono le persone di etnia e lingua russa che vivono in Ucraina. Tre giorni dopo, la Russia ha dato il via a un’invasione su larga scala dell’Ucraina. Gli aeroplani russi hanno bombardato Kiev, Kharkiv, Odessa, Leopoli e altre città. Cherson, Mariupol’, ?ernihiv e la periferia di Kiev sono state prese d’assalto dai carri armati e occupate dai soldati russi. Quando, ad aprile del 2022, le forze armate russe sono state costrette a ritirarsi da Kiev, hanno lasciato dietro di sé fosse comuni e strade disseminate dei cadaveri di persone giustiziate sul posto, con le mani legate dietro la schiena. È divenuto allora chiaro che la recente dura repressione messa in atto in Russia non era stata che la preparazione di ciò che sta avvenendo adesso, durante la nuova guerra: a una settimana dall’inizio dell’invasione, tutti i media indipendenti sono stati chiusi o per lo meno bloccati in Russia; la Duma ha approvato una legge che prevede fino a quindici anni di carcere per chi diffonde informazioni «false» suquella che il governo definisce l’«operazione speciale» in Ucraina – chiamare la guerra con il suo nome oggi potrebbe costare la prigione.
La copertina (Sellerio ed.)
Migliaia di persone sono state arrestate per aver parlato apertamente contro la guerra, anche se «parlare» (e, in alcuni casi, «apertamente») può essere considerata un’esagerazione: sono state fermate solo per essersi raccolte di notte, in silenzio, a piazza Puškin, a Mosca; sono state arrestate per i picchetti individuali, una forma di protesta che, se isolata, soleva essere consentita. La maggior parte dei miei amici, insieme ad almeno altri 250mila russi, hanno lasciato il paese, inseguiti da un senso di vergogna e spinti dalla paura di non poter più partire se avessero aspettato ancora. Giornalisti, esponenti delle Ong, docenti universitari – se ne è andata la gente che aveva costituito la società civile russa, per come era in quel momento. Io ero stat? sia a Mosca sia a Kiev nelle settimane precedenti l’invasione. Nessuno, in nessuna delle due città, sembrava credere che potesse davvero accadere, non tanto perché si dubitasse dell’evidenza, ma perché la prospettiva della guerra era letteralmente incredibile. E ha continuato a essere inimmaginabile, impensabile anche dopo che la guerra è iniziata. I miei amici in Russia hanno cominciato a chiamare Putin «il pazzo». La domanda che ho sentito più spesso da parte dei colleghi occidentali è: «Putin è folle?». È una domanda fuorviante, comequella che lo ha seguito in Occidente nei primi dieci anni della sua presidenza: «Chi è il signor Putin?». Putin ci ha detto chi era fin dall’inizio. Gran parte de L’uomo senza volto riguarda proprio questo: che cosa possiamo e dovremmo capire ascoltando ciò che Putin ha scelto di dire di sé al mondo. Putin ha raccontato al mondo in che genere di universo vive. È un universo in cui la Russia ha subito continue umiliazioni dopo il collasso dell’Unione Sovietica, che lui ha definito «la più grande catastrofe geopolitica del nostro tempo». Quando nel 1994, durante una cerimonia dell’Unione europea ad Amburgo, l’allora presidente dell’Estonia Lennart Meri definì «occupanti» i sovietici, Putin, che all’epoca era un burocrate a San Pietroburgo, si alzò e lasciò la sala. Ventotto anni dopo, da presidente, ha iniziato una guerra per rioccupare l’Ucraina – e il suo governo ha criminalizzato l’uso di termini come «occupazione », «invasione» e perfino «guerra». Nel suo universo, Putin è perfettamente coerente.
Non solo Putin ci aveva detto fin dall’inizio che il suo obiettivo era ripristinare la perduta gloria imperiale della Russia, ma era anche stato chiaro sui mezzi di cui si sarebbe servito. Questo libro descrive la sua ascesa al potere, poi alla ribalta, quindi a un potere ancora maggiore per mezzo di una nuova guerra in Cecenia nel 1999. Avendo seguito quella guerra, mi aspettavo di vedere esattamente il genere di fotografie che hanno scioccato il mondo quando sono arrivate da Bucha. Avevo visto i soldati russi prendere di mira i civili deliberatamente e sistematicamente; mi ero occupat? delle sparizioni, delle esecuzioni sommarie, degli stupri; avevo visto città e paesi ridotti a scheletri di cemento. Avevo visto soldati e ufficiali premiati per aver commesso crimini di guerra. Era così che la Russia faceva la guerra. Mentre Putin si preparava a invadere l’Ucraina, gli Stati Uniti hanno minacciato di imporre delle sanzioni. E quando sono arrivate, le sanzioni sono parse impressionanti. Nel volgere di pochi giorni, la Russia è stata tagliata fuori dal sistema finanziario occidentale e grosse compagnie (da McDonald’s e Coca-Cola ad Apple e Ikea, ad aziende produttrici di automobili, treni ed aeroplani) si sono ritirate dalla Russia. La disoccupazione è aumentata, il rublo è crollato e, malgrado il controllo del governo sui media, si sono verificati alcuni episodi di cosiddetti «acquisti di panico». La maggioranza dei russi (quelli che spendono gran parte delle loro entrate per acquistare generi alimentari) hanno avvertito immediatamente gli effetti devastanti delle sanzioni: il costo della vita è salito alle stelle e i farmaci salvavita sono scomparsi dalle farmacie. Ma poi il rublo è sembrato riprendersi, principalmente perché l’ancora di salvezza del regime sono le esportazioni di gas e petrolio, non il mercato delle multinazionali.
I capi di Stato dell’Europa occidentale hanno dichiarato inizialmente che rinunciare al gas russo sarebbe impossibile – intendendo che sarebbe molto dispendioso. Solo molto lentamente l’Europa occidentale e gli Stati Uniti hanno iniziato a cercare modi per tagliare gli acquisti di energia dalla Russia. Nel momento in cui scrivo, la prospettiva che ciò accada è incerta e distante. Se la Russia fosse costretta a cessare di vendere gas e petrolio all’Occidente, la sua economia subirebbe un colpo terribile… ma questo non fermerà Putin. Lui andrà avanti con la guerra, costi quel che costi in termini di denaro e vite umane. Naval’nyj si sbagliava: la brutalità, il dominio, il potere illimitato sono gli obiettivi finali di Putin; le ricchezze rappresentano solamente il bottino e lo strumento. La retorica pubblica sulle sanzioni occidentali contro la Russia favorisce un’altra supposizione errata: che la pressione economica possa affrettare la caduta del regime. Ma i russi non insorgeranno e non rovesceranno il governo, sia perché in uno Stato totalitario la protesta è una reazione improbabile al disagio economico, sia perché la protesta verrebbe soppressa brutalmente. Né è probabile che l’élite organizzi una congiura di palazzo, perché il regime di Putin somiglia a un clan mafioso, in cui i ricchi, quando vengono spremuti, sgomitano tra loro per essere sempre più vicini al «don» e non cospirano per rovesciarlo. Niente di tutto questo è una novità. Putin ci ha già detto e mostrato chi è e che genere di sistema ha costruito; la maggior parte dei capi di Stato e dei media occidentali non hanno voluto sentire e vedere. Ora Putin sta distruggendo l’Ucraina, demolendo l’ordine di sicurezza seguito alla seconda guerra mondiale e minacciando una guerra nucleare. Se ancora sembra incred ibile, è perché ci siamo rifiutati di vedere quello che era sotto i nostri occhi.
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