Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 23/05/2022, a pag.8, con il titolo "Dzhaparova: 'Vi stiamo difendendo da Putin. L’Unione ci accolga subito' ", l'intervista di Brunella Giovara.
Emine Dzhaparova
È come quando «scoppia un incendio nel condominio vicino. Hai paura che il fuoco arrivi alla tua casa, ma se non fai niente, succederà». Così è l’Europa, con l’Ucraina che brucia per la guerra. Emine Dzhaparova è il primo viceministro degli Esteri, venerdì era a Torino alla riunione del Consiglio d’Europa, oggi a Roma, alla Luiss per una lectio magistralis: “Ucraina e Unione europea: insieme”.
Scholz ha detto no a procedure velocizzate, perché sarebbe ingiusto verso i Balcani occidentali… «Abbiamo sottoscritto l’accordo di associazione nel 2014, e completato decine di riforme. Nel 2014 la rivoluzione della Dignità è scoppiata proprio perché Yanukovich non voleva entrare in Europa, ma la gente scese in piazza. Oggi il 91 per cento degli ucraini vuole essere europeo, e l’Eurobarometro dice che il 77 per cento degli europei ci vuole con loro. A fine giugno ci sarà l’esame del Consiglio europeo: ricevere lo status di candidato significa impedire che qualcuno ci chiuda questa porta sul naso. E non cerchiamo di entrare dalla porta sul retro, non stiamo rubando niente. Ma per noi sarà come un combustibile: la guerra non si fa solo sul campo, ma anche nello spirito».
Cosa è cambiato dal 2014? «Ci stavamo staccando dal mondo russo, Putin ha provato a fermarcicon il suo burattino Yanukovich. E abbiamo urlato, ma nessuno ci ha ascoltato. È stato come nel 1938: con l’Anschluss di Austria e Sudeti, Francia e Inghilterra pensarono che Hitler si sarebbe calmato. Nel 2014, i Paesi occidentali credevano che Putin si sarebbe accontentato di Crimea e Donbass. Il mio appello è: non ripetete quegli errori».
Anche la vostra reazione è stata diversa, il 24 febbraio. «Nel 2014 non eravamo pronti, ma poi abbiamo costruito un nuovo esercito. E Zelensky ha resistito: gli hanno offerto asilo all’estero, ha risposto “non mi serve un taxi, ma aiuti”. È stato decisivo, ed eravamo attaccati dalla seconda potenza mondiale... È una questione di dignità: non vogliamo vivere come schiavi. A Snake Island i nostri soldati hanno risposto fuck offai russi, oggi il nostro esercito ripete quel fuck off».
Ma ad Azovstal si sono arresi. «Zelensky gli ha ordinato di uscire e di proteggere la loro vita. E la guerra è fatta di tante battaglie. Cinque giorni fa Sandra, sorella di uno dei comandanti di Azov, mi ha detto: “Sono pronti a resistere”. Ma erano circondati, erano ostaggi. Azovstal è un simbolo di resistenza dello spirito. Non sono usciti con le mani alzate. Una vittoria, quindi».
Il vostro spirito è un mix di ostinazione e di orgoglio, giusto? «E infatti per annientarlo i russi fanno una guerra di informazione. Questa è già una terza guerra mondiale mediatica, e la Russia l’ha persa. Gli stupri? Li fanno per distruggere lo spirito. Ma a Kherson occupata, la gente è uscita con le bandiere ucraine, indossando le camicie ricamate della tradizione, resistendo».
Quale sarà la strategia di Putin? «Prendere più territorio possibile. Dice che tutto sta andando come previsto, ma il progetto di vincere in pochi giorni è fallito».
E la vostra strategia? «Riprendere quei territori».
Qualcuno pensa che potreste rinunciarvi, e laguerra finirebbe. «Putin non minaccia solo noi, ma tutta Europa, e soprattutto Moldavia, Georgia e Paesi baltici. L’Europa deve unirsi a noi contro un nemico comune che al momento sta sul nostro territorio. Nel 2014 Putin ha visto che i politici continuavano a trattare con lui, e le sanzioni erano ridicole. Così gli hanno aperto le porte verso altri crimini, e noi stiamo pagando il prezzo più alto. Venerdì a Torino ho visto la gente seduta nei bar... eravamo così anche noi, poi tutto è cambiato. Noi siamo il muroche protegge l’Europa, vogliamo che l’Europa dia valore a questo. Se vincerà lui, tutto cambierà in un attimo. Quando la Crimea è stata occupata nel 2014, io ero sotto shock: a Kiev i cinema erano aperti, la vita continuava».
Lei è tatara, ma nata a Krasnodar, in Russia. «Sono nata lì perché ci era proibito vivere in Crimea. Siamo tornati nel 1987, senza niente. Putin vende il mito che la Crimea è sempre stata russa, ma esiste un popolo autoctono dei tatari. Nel 1783 Caterina II ha annesso la Crimea. Poi Stalin, il 20 maggio 1944 ha annunciato una “operazione speciale” di due giorni: metà popolo era già stato ucciso, il resto finì nei lager. Eppure molti uomini erano arruolati nell’Armata rossa, contro i nazisti. Quando sono tornati le loro famiglie erano sparite. Poi c’è stata Yalta, con Stalin, Roosevelt e Churchill, che sapevano, ma hanno chiuso gli occhi. Oggi, Putin».
Ora lei ha una carica importante. «È la nuova Ucraina europea, che ha un presidente ebreo e molti ministri tatari di Crimea. Stalin diceva che noi collaboravamo con i nazisti, e così Putin. Ma questo sciovinismo, questo loro nazismo si può fermare solo con la forza. Non con le parole, che per i russi sono una debolezza».
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/ 49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante