Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 20/05/2022, a pag. 3, la recensione di Alessandro Litta Modignani al libro "Israele, una storia in dieci quadri" (Laterza ed.).
Alessandro Litta Modignani
"Questo libro non è una storia dello Stato di Israele”, scrive l’autore alla prima riga. Claudio Vercelli, di storie di Israele, ne ha già scritte almeno un paio, più altri saggi su genocidio, negazionismo, neofascismo eccetera, tutti caratterizzati da grande spessore intellettuale e rigore storiografico. In questi “dieci quadri”, diversamente, Vercelli condensa l’insieme delle controversie – storiche, religiose, politiche, semantiche – che ruotano intorno al sionismo, con le tante sfaccettature relative all’origine, allo sviluppo e alla vita dello stato di Israele. Per cominciare: stato degli ebrei o stato ebraico? La nascita di Israele è il prodotto del “sionismo politico”, che differisce nettamente dall’antico sionismo religioso e messianico, al quale pure è intrecciato. Di conseguenza, il popolo israeliano non è il “Popolo d’Israele” della tradizione biblica: quest’ultimo mantiene le sue radici in un passato millenario, mentre il primo si riconosce nelle istituzioni politiche nate nel 1948, e guarda avanti, al futuro della nazione.
Claudio Vercelli
Nella visione di Herzl, lo stato degli ebrei potrà esistere solo se sarà moderno, laico, occidentale. Inoltre, “non esiste nessun eccezionalismo ebraico”, sottolinea l’autore. Per contro, esiste (eccome!) un eccezionalismo opposto: quello con cui cristiani e musulmani hanno sempre trattato la cosiddetta “questione ebraica” nel corso dei secoli; esiste cioè “il predominio e la persistenza di un tratto profondo, archetipico, ineludibile, in ragione del quale è lecito dubitare dell’appartenenza degli ebrei all’umanità”.
Secondo questa visione, gli ebrei sarebbero caratterizzati da “una diversa natura di fondo, che riguarda la loro essenza stessa, connotata da una perfidia e malvagità insuperabili”, concezioni che, nel corso della storia, hanno prodotto via via l’antigiudaismo cristiano, l’antisemitismo razziale dell’8-900, e oggi l’antisionismo denigratorio nei confronti di Israele. Proprio al nesso fra antisemitismo e antisionismo, “Il ramo storto dell’umanità”, è dedicata la parte finale del volume. Uno spazio particolare è riservato alla controversa figura di Vladimir Jabotinsky, autore del contestato e profetico saggio “Il muro di ferro” (1923) e leader carismatico della destra nazionalista. Questa componente, messa ai margini da Ben Gurion per quasi un trentennio, sale al potere nel ’77, segnando un cambio di paradigma che in seguito troverà un ulteriore sviluppo nella leadership di Bibi Netaniahu, destinato a guidare il governo di Israele per oltre quindici anni. Oggi Israele è una realtà in cui vivono 9,3 milioni di abitanti, circa metà dei quali “laici” (di questi, il 40 si professa non credente). Su 10.000 lavoratori, 140 sono ingegneri (negli Stati Uniti 70, in Unione europea 50, nei paesi arabi 5). Il suo governo investe in ricerca e sviluppo il 5 per cento del Pil, contro il 2,5 degli Stati Uniti e il misero 0,9 dell’Italia.
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