Iran in crisi: malcontento, rivolta, repressione Analisi di Gabriella Colarusso
Testata: La Repubblica Data: 19 maggio 2022 Pagina: 18 Autore: Gabriella Colarusso Titolo: «Iran, tagliati i sussidi per il grano e scoppia la rivolta della pasta»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 19/05/2022, a pag.18, con il titolo "Iran, tagliati i sussidi per il grano e scoppia la rivolta della pasta", la cronaca di Gabriella Colarusso.
Gabriella Colarusso
Sotto l’iconica torre Azadi, a pochi metri dal terminal dei bus che ogni giorno portano migliaia di lavoratori iraniani a Teheran, alcune centinaia di autisti scandiscono slogan contro il governo. «Rivogliamo i nostri salari», urla un uomo ripreso dal cellulare in uno dei pochi video che sono riusciti a bucare il muro della censura nella primavera calda dell’Iran. Dal 6 maggio, il Paese è attraversato da una nuova ondata di proteste, le rivolte per la pasta, dopo quelle del 2019 dovute all’aumento del prezzo dei carburanti, e quelle del 2021 per la crisi idrica che hanno messo a dura prova la tenuta del sistema. Le manifestazioni sono iniziate nel sud e nel sud-ovest, nel Khuzestan petrolifero a maggioranza araba e nelle province di Lurstan, Kharmhal, Khatiar, ma sono arrivate fino al cuore conservatore dell’Iran, a Golpayegan, nella provincia di Isfahan e in misura più ridotta anche a Teheran. Tassisti, conducenti di autobus, pensionati, insegnanti, ma anche piccoli commercianti e artigiani colpiti dall’aumento vertiginoso dei prezzi dei beni alimentari come la farina, l’olio, le uova, il pollame, aumenti anche superiori al 100%. Le forze di sicurezza hanno represso le proteste usando manganelli e gas lacrimogeni, e secondo alcune testimonianze anche proiettili veri. Il numero delle vittime non è ancora chiaro, secondo il Center for Human Rights in Iran, che ha sede a New York, sarebbero almeno 5. Decine le persone arrestate, che i media di Stato iraniani hanno definito “provocatori” accusandoli di aver assaltato negozi e uffici pubblici. Per molti iraniani è un deja vù doloroso. Il ricordo del “bloody Aban”, il novembre di sangue del 2019, è un trauma collettivo. Allora, durante le proteste per il rincaro dei prezzi dei carburanti, furono uccise almeno 300 persone secondo Amnesty International. Come tre anni fa, Internet è stato bloccato in gran parte delle province rivoltose nel tentativo di sedare la protesta e impedire che contagi anche altre zone del Paese. «Ho una figlia di 3 anni, un affittoda pagare, sono disperato, non ci resta che andare a rubare», racconta un tassista alla tv locale. A scatenare il malcontento della popolazione è stata la decisione del governo conservatore di Ebrahim Raisi di abolire i sussidi a una serie di generi alimentari, a cominciare dalla farina, e il tasso di cambio agevolato per l’importazione di grano e medicinali – fissato a 42.000 rial per un dollaro contro gli attuali 250-300 mila rial per un dollaro sul libero mercato, un sistema creato dal precedente governo Rouhani per contenere l’aumento dei prezzi, ma che non è servito a tenere sotto controllo l’inflazione. Lo stesso Rouhani del resto provò a mettere mano al meccanismo dei sussidi che ha creato grosse distorsioni nell’economia iraniana, provando a tagliare quelli per la benzina, ma si ritrovò come il suo successore con le piazze in rivolta. L’economia dell’Iran paga il prezzo delle sanzioni internazionali, ma anche di anni di malgoverno e corruzione, ed è drogata dal meccanismo dei sussidi: la riforma del governo è stata accolta con favore da molti analisti, ma l’impatto sulla popolazione potrebbe essere lacerante. L’inflazione in Iran ha superatoil 40%, la moneta nazionale ha perso più del 70% del suo valore e il disavanzo di bilancio è di quasi 21 miliardi. Ad accelerare la decisione del governo è stata anche la guerra in Ucraina che ha fatto aumentare il prezzo globale del grano, rendendo il divario con il prezzo del grano sovvenzionato in Iran ancora più ampio e incentivando il contrabbando verso i Paesi vicini, ha denunciato il ministro dell’agricoltura Seyyed Javad Sadatinejad. Ora l’esecutivo sta cercando di correre ai ripari. Raisi ha promesso una sorta di compensazione di 13-15 dollari a persona per le fasce meno abbienti della popolazione nei prossimi due mesi. In estate queste indennità saranno sostituite da un sistema di “smart card”, tessere digitali distribuite ai cittadini più poveri per acquistare prodotti di base a prezzi scontati.
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