Libano, un paese distrutto da Hezbollah & Iran Il caos post elezioni
Testata: Il Foglio Data: 18 maggio 2022 Pagina: 3 Autore: la redazione del Foglio Titolo: «La proxy war è in Libano»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 18/05/2022 a pag.3, l'editoriale "La proxy war è in Libano".
Beirut
L’esito delle elezioni del 15 maggio per scegliere i membri del nuovo Parlamento ha disegnato uno scenario nuovo e inatteso in Libano: Hezbollah e la sua coalizione hanno perso la maggioranza. Dei 128 seggi che compongono l’unico organo direttamente eletto dai cittadini libanesi, solo 62 sono andati al Partito di Dio e ai suoi alleati, a differenza delle elezioni del 2018, quando erano 71 e Hezbollah controllava il Parlamento e la scena politica libanese. A fare male sono stati i partiti minori della coalizione sostenuta dall’Iran – soprattutto gli sciiti di Amal e i cristiani del Free Patriotic Movement – che hanno perso facendosi scalzare dagli indipendenti, che hanno conquistato 12 seggi perché hanno presentato una proposta di cambiamento dopo la crisi economica del 2019. Anche i cristiani delle Forze libanesi hanno ottenuto 19 seggi e hanno festeggiato nel quartiere di Beirut in cui sono più forti – Gemmayze, uno dei distretti devastati dall’esplosione al porto del 4 agosto 2020 – dalla tarda serata elettorale di domenica.
La vignetta di Dry Bones: il Libano sta subendo una delle crisi finanziarie peggiori dalla metà dell'Ottocento... molti libanesi non riescono più ad acquistare alimenti e le medicine sono finite... Nel frattempo, il Libano sta per rifiutare le nuove offerte di aiuto da parte di Israele... come ha sempre fatto in passato.
Questo partito, il cui principale obiettivo è quello di frenare lo strapotere di Hezbollah in Libano, è stato fortemente sostenuto dai sauditi durante la campagna elettorale, che hanno spinto affinché i voti dei sunniti orfani dell’ex primo ministro Saad Hariri non andassero dispersi ma confluissero tra i cristiani in chiave anti iraniana. Eppure nessuna delle forze politiche emerse da questa tornata elettorale ha una maggioranza e questo, se possibile, restituisce un quadro ancora più incerto sul futuro del Libano tra l’Iran e l’Arabia Saudita, in vista delle riforme chieste dal Fondo monetario internazionale prima di foraggiare le casse dello stato e delle nuove nomine delle più alte cariche del paese: dal portavoce del Parlamento, che per Costituzione deve essere sciita, al prossimo primo ministro, scelto tra i sunniti, e – a ottobre – al prossimo presidente della Repubblica, un cristiano.
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