La trincea della nuova Europa Editoriale di Maurizio Molinari
Testata: La Repubblica Data: 15 maggio 2022 Pagina: 1 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «La trincea della nuova Europa»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 15/05/2022, a pag. 1, con il titolo "La trincea della nuova Europa", l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Joe Biden con Mario Draghi
La fragilità del negoziato nasce dallo stallo sul campo di battaglia — dove la Russia non riesce ad avanzare e l’Ucraina non è in grado di recuperare Crimea e Donbass — dalla profonda ostilità fra i contendenti dovuta ad un conflitto fratricida ed all’entità dei crimini di guerra commessi, destinati ad essere investigati dal Tribunale penale internazionale. Sono tali elementi a spiegare perché l’unico canale capace di far sedere i co-belligeranti attorno ad un tavolo è il “telefono rosso” che, sin dalla Guerra Fredda, consente ai militari di Washington e Mosca di affrontare in maniera diretta e riservata le crisi più difficili e pericolose. I primi contatti fra i due ministri della Difesa hanno avuto per tema il “cessate il fuoco” e ora sta alle rispettive catene di comando gestire il seguito, nel tentativo di compiere dei progressi per raggiungere l’unico obiettivo possibile: congelare la situazione sul terreno così come è, facendo tacere le armi, in maniera analoga a quanto avvenne nella Penisola di Corea nel luglio del 1953 con un armistizio lungo il 38° parallelo che divise il Nord filo-cinese dal Sud filo-occidentale, pose fine al primo conflitto della Guerra Fredda e dura fino ad oggi. Quando Nikolai Patrushev, capo del consiglio per la sicurezza nazionale di Vladimir Putin, prevede in un’intervista allaRossiyskaya Gazeta che la guerra porterà alla «disintegrazione dell’Ucraina in più Stati» nella cornice di un «più vasto confronto» fra la Russia e l’Occidente, delinea proprio uno scenario coreanoovvero la trasformazione dell’Ucraina nella trincea congelata di un lungo conflitto destinato a contrapporre l’autarchia russa costruita attorno al putinismo alle «democrazie liberali avviate all’inevitabile declino». D’altra parte, sin dal discorso del 21 febbraio con cui teorizzò il conflitto, Putin si è dato per obiettivo la costruzione di una sfera d’influenza russa lungo i propri confini e la divisione dell’Ucraina rientra in questo schema, anche se forse con frontiere ben diverse da quelle che il Cremlino immaginava. Ciò che colpisce dell’impostazione di Patrushev sul «lungo conflitto» è quanto coincida con la lettura dell’Ucraina che sta maturando a Washington nell’amministrazione Biden. Non solo perché Avril Haines, direttore nazionale dell’intelligence, ha usato la stessa identica espressione — «lungo conflitto» — deponendo di fronte al Congresso di Washington ma anche perché Richard Haass, presidente del “Council on Foreign Relations” di New York e veterano della Guerra Fredda, sostiene che «bisogna staccare l’Ucraina dal complesso delle relazioni con la Russia», per arrivare ad una soluzione al conflitto che generi un nuovo equilibrio globale con Mosca.
Proprio come avveniva durante la Guerra Fredda in occasione dei conflitti regionali che opponevano l’Occidente a Russia e Cina. Come lo stesso Haass precisa: ciò significa rinunciare al cambio di regime a Mosca per definire un nuovo equilibrio con la Russia. Lo scambio di messaggi fra consiglieri strategici di Mosca e Washington su un possibile “plebiscito nel Donbass” conferma questa atmosfera. E ancora: è lo stesso scenario di un nuovo equilibrioeuropeo con Mosca che porta la Nato a vedere con favore l’adesione di Finlandia e Svezia, soprattutto perché Helsinki ha un confine di ben 1335 km con la Russia. Per non parlare della Karelia: una regione in gran parte etnicamente finlandese di oltre 172mila kmq e 650 mila abitanti che Mosca annesse al termine della Seconda Guerra Mondiale e rimane una ferita aperta fra i due Paesi. Ovvero, se Putin può ottenere un’Ucraina divisa per meglio insediarsi sul Mar Nero e guardare ai Mari del Sud, dovrà accettare come prezzo una Nato assai più presente nel Mar Baltico, quasi a ridosso della sua San Pietroburgo. Ma non è tutto perché nella partita ucraina si affaccia con determinazione anche la Cina di Xi Jinping, che telefona al presidente francese Macron esprimendo un sostegno di fatto ai suoi sforzi negoziali con il Cremlino, assieme all’auspicio che l’Europa «reciti un proprio ruolo» nella composizione della crisi. Una formula precisa, con cui Pechino prova a spingere l’Unione Europea ad avere un approccio alla soluzione ucraina indipendente da Washington. Finora molto attenta a tenersi in bilico fra il legame privilegiato con Mosca e il sostegno per la sovranità dell’Ucraina, Pechino vede all’orizzonte il possibile negoziato Mosca-Occidente sugli equilibri europei e prova a spingere su Parigi (e Berlino) per tentare di allontanare l’Ue dagli Usa. A conferma che la linea del premier italiano Mario Draghi sulla forte coesione euroatlantica, ribadita durante la visita alla Casa Bianca, resta la formula più efficace per consentire alla comunità delle democrazie di sostenere la sfida con le autocrazie che sta segnando il XXI secolo.