Il Foglio come il Manifesto? Il caso della giornalista di Al Jazeera uccisa a Jenin Commenti di Luca Gambardella, Adriano Sofri
Testata: Il Foglio Data: 13 maggio 2022 Pagina: 1 Autore: Luca Gamdardella - Adriano Sofri Titolo: «L’omicidio di una cronista di al Jazeera, nuovo guaio per Bennett - Le ultime parole di Shireen Abu Akleh, simbolo palestinese - Vecchi e nuovi demoni in Europa»
Riprendiamo dal FOGLIO di ieri, a pag.1, con il titolo "L’omicidio di una cronista di al Jazeera, nuovo guaio per Bennett" il commento di Luca Gambardella; con il titolo "Le ultime parole di Shireen Abu Akleh, simbolo palestinese", il commento di Adriano Sofri; dal quotidiano di oggi,
Introduce a pag. 3, l'editoriale "Vecchi e nuovi demoni in Europa".
"Vecchi e nuovi demoni in Europa"
In Germania come in Francia l’antisemitismo persiste e non è più appannaggio dell’estrema destra. Questa è la lezione principale di un sondaggio intitolato “Antisemitismo nell’opinione pubblica francese e tedesca”, condotto dall’American Jewish Committee e dall’Ifop, uno dei maggiori centri di ricerca e sondaggi di Parigi. Secondo Simone Rodan-Benzaquen, direttrice dell’American Jewish Committee in Francia, “le minoranze musulmane costituiscono in entrambi i paesi le fasce di popolazione più porose alle idee antisemite. L’antisemitismo è cambiato in Germania”. Allo stesso tempo, Nancy Faeser, ministro dell’Interno tedesco, si è detta “molto preoccupata per il massiccio aumento del numero di crimini antisemiti”. In Germania, quasi un quarto dei residenti di fede musulmana ammette di provare antipatia per gli ebrei, un livello addirittura superiore a quello registrato tra i musulmani residenti in Francia (15 per cento). Secondo lo studio, l’adesione al pregiudizio aumenta con la frequenza alla moschea, con livelli record tra i musulmani più osservanti. L’estrema destra è ancora una fascia di popolazione massicciamente imbevuta di pregiudizi antisemiti, in Francia come in Germania. Lo studio è stato condotto prima dello scoppio della guerra in Ucraina, durante la quale abbiamo visto numerose espressioni di antisemitismo, specie nelle accuse russe alla leadership ucraina di essere “come Hitler”. L’Europa dunque è dentro a una morsa antiebraica perfetta: l’atavica xenofobia uterina, la crescita dell’islamismo e il ricorso a vecchi e nuovi capri espiatori che riaffiorano durante le crisi geopolitiche.
Riprendiamo gli articoli di Luca Gambardella e Adriano Sofri usciti ieri, invitiamo i nostri lettori a leggerli, capiranno perché li pubblichiamo in questa pagina.
Ecco gli articoli:
Shireen Abu Akleh
Luca Gamdardella: "L’omicidio di una cronista di al Jazeera, nuovo guaio per Bennett"
Palestinese e americana dell’emittente panaraba al Jazeera, era probabilmente l’ultima notizia che ieri mattina il premier israeliano Naftali Bennett avrebbe voluto ricevere. Più tardi nella giornata lo attendeva alla Knesset il voto su una mozione presentata dall’opposizione guidata dall’ex premier Benjamin Netanyahu per andare a elezioni anticipate – un rischio poi rientrato, perché il Likud si è reso conto di non avere i voti necessari e ha ritirato la richiesta. Ma da mesi l’affidabilità di Bennett e la tenuta del suo governo sono messi alla prova quasi quotidianamente e l’omicidio della giornalista di al Jazeera rischia di dimostrare ancora di più la fragilità del premier. Abu Akleh, 51 anni di Gerusalemme, era una cronista impegnata sul campo da decenni, tanto da diventare una voce di riferimento per il mondo arabo sulle vicende arabo-israeliane. E’ stata uccisa mentre seguiva un’incursione delle forze di sicurezza israeliane al campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. L’operazione era una delle tante lanciate nella West Bank dopo l’ondata di attacchi in Israele, una nuova Intifada che finora ha ucciso 19 persone. La giornalista è stata colpita alla testa durante una raffica di colpi d’arma da fuoco, nonostante indossasse il giubbotto antiproiettile e la scritta “Press” fosse ben visibile. Insieme a lei è stato ferito il produttore dell’emittente qatariota, Ali Samodi: “I soldati israeliani ci hanno sparato senza provocazione – ha detto in un video – Un proiettile ha colpito me e un altro ha colpito Shireen. L’hanno uccisa a sangue freddo. Sono specializzati nell’ucciderci”. Bennett si è detto “addolorato” per l’accaduto, ma ha aggiunto che “probabilmente” i colpi sono partiti dai palestinesi. Il capo di stato maggiore, Aviv Kohavi, è stato più cauto e ha spiegato che “non è ancora possibile stabilire di chi fosse il proiettile che ha ucciso la giornalista, ma siamo molto dispiaciuti”. Dopo che l’ambasciatore americano in Israele, Tom Nides, ha chiesto un’indagine approfondita, il ministro degli Esteri, Yair Lapid, ha annunciato l’avvio di un’inchiesta congiunta israelo-palestinese. Invece, per il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen, non ci sono dubbi: “La responsabilità di questo crimine odioso ricade completamente sugli israeliani”. Abu Akleh è già diventata una martire nella propaganda dei gruppi terroristici islamici. Il corpo della giornalista è stato subito avvolto nella bandiera palestinese e portato in spalla in corteo da uomini armati e incappucciati, appartenenti alle milizie più radicali. Insieme a loro c’erano centinaia di persone che lanciavano cori contro Israele. Hamas ha subito pubblicato sui suoi canali social un’immagine commemorativa della giornalista e ha accusato gli israeliani della sua morte. Stessa cosa ha fatto il Movimento per il Jihad islamico in Palestina, che ha diffuso un video che mostrerebbe un momento della sparatoria che – secondo loro – sarebbe la prova della colpevolezza degli israeliani. Di contro, anche le forze di sicurezza ne hanno pubblicato uno, girato con “body cam” da un militare che partecipava all’operazione al campo di Jenin. Una corsa a dimostrare mediaticamente la rispettiva innocenza. Nei giorni precedenti all’omicidio di Abu Akleh, molti altri giornalisti di al Jazeera avevano postato su Twitter commenti molto duri nei confronti di Israele e delle operazioni militari lanciate come risposta agli attentati palestinesi. In alcuni casi, i cronisti avevano anche legittimato gli attacchi terroristici degli ultimi mesi. I giornalisti Tamer al Misshal e Ahmar Mansour avevano celebrato i due assalitori palestinesi che a Elad, a est di Tel Aviv, avevano ucciso tre israeliani lo scorso 5 maggio. “Nell’èra della sottomissione araba (a Israele, ndr), siamo orgogliosi della Palestina e della sua resistenza, che si arrende solo ad Allah”, aveva scritto al Misshal due giorni dopo l’attacco. Per Mansour, le forze di sicurezza israeliane erano riuscite a catturare i due palestinesi responsabili dell’attacco di Elad solo grazie “al tradimento di alcuni complici, rivelando la fragilità del suo apparato di sicurezza”. Un altro giornalista di al Jazeera, Ahmed Sobhy, aveva scritto che è “il diritto internazionale a consentire ai fida’i (i fedayeen palestinesi, ndr) di compiere operazioni contro chi occupa la terra di altri”. Il 6 maggio, la corrispondente da Washington di al Jazeera, Wajd Waqfi, aveva scritto che “mai nella storia un occupante aveva goduto di tanta stabilità e sicurezza”. Infine l’ex direttore dell’emittente, Yasser Abu Hilalah, aveva scritto sempre su Twitter che “i sionisti reputano che il popolo palestinese sia una pecora da macellare”. Schivata la minaccia dello scioglimento del governo, Bennett è atteso a dare un segnale sul fronte della sicurezza. Da una parte, Hamas continua a mettere il cappello sugli attacchi terroristici – ma secondo gli esperti si tratta piuttosto di lupi solitari –, dall’altra la rabbia e la paura per una nuova Intifada sono sempre più forti fra gli israeliani, che alimentano dubbi sulla reale capacità del governo di garantire sicurezza. Forse, il voto per le elezioni anticipate è solo rimandato.
Adriano Sofri: "Le ultime parole di Shireen Abu Akleh, simbolo palestinese"
Adriano Sofri
Shireen Abu Akleh, 51 anni, da 25 corrispondente di al Jazeera dalla Palestina, è morta ieri, colpita da un proiettile alla nuca mentre con tre colleghi giornalisti assisteva a un raid israeliano nel campo profughi, che ospita 15 mila persone, della cittadina di Jenin, nella Cisgiordania settentrionale. Un altro giornalista di al Jazeera, Ali al Samoudi, è stato colpito alla schiena. Hanno tutti riferito, come del resto documentano fotografie e video, di essersi trovati sul luogo con l’elmetto protettivo, il giubbotto e la pettorina con la scritta “Press”; che i colpi venivano dai militari israeliani, e in particolare da un cecchino, e che il tiro è durato anche dopo che Shereen era stata colpita. Le autorità militari israeliane, al contrario dei giornalisti, hanno sostenuto che l’episodio sia avvenuto mentre i loro soldati erano attaccati a colpi di armi da fuoco ed esplosivi. Ha scritto Haaretz che Shereen “era più di una giornalista: era il simbolo della Palestina”. Era diventata la voce più popolare fra i palestinesi della Cisgiordania, specialmente per la sua copertura della seconda Intifada. Aveva la doppia nazionalità, palestinese e statunitense. L’ambasciatore americano ha chiesto che si faccia piena luce sulla sua morte, e il governo israeliano ha proposto una commissione mista di indagine. Il ministro degli Esteri, Yair Lapid, ne ha commentato la “triste morte” e ricordato la necessità di proteggere i giornalisti nelle zone di conflitto. Jenin è la città simbolo della resistenza palestinese dopo gli scontri violenti che nel 2002 avevano portato alla morte di almeno 52 palestinesi, comprese donne e bambini, e 23 soldati israeliani. Lo scorso 2 aprile le forze israeliane vi avevano ucciso tre palestinesi, identificati come militanti del Jihad islamico. Da Jenin venivano alcuni dei palestinesi autori degli attacchi omicidi a cittadini israeliani dell’ultimo periodo. Le ultime parole trasmesse da Shireen Abu Akleh sono state così normalmente professionali da esser destinate a lasciare un segno ancora più profondo. Sono delle 6 e 13 della mattina, all’Ufficio di Ramallah. Dicono: “Le forze di occupazione stanno assaltando Jenin e assediano una casa nel quartiere di Jabriyat. Ci sto andando, vi darò notizie non appena il quadro sarà chiaro”.
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